Il nuovo Ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza fu adottato con la Legge n. 121 del 1 aprile 1981, ed entrò in vigore il 25 aprile successivo. Più che una riforma dell’ Amministrazione della P.S., si trattò di un vero e proprio cambiamento radicale dell’ apparato statale preposto a garantire l’ordine e la sicurezza pubblica. La legge 121, approvata a larga maggioranza dal Parlamento, mirava ad istituire una forza di Polizia intimamente legata al tessuto sociale, figlia della legalità democratica e repubblicana, superando la vecchia concezione che la voleva separata dal resto della Nazione.
Gli obiettivi della riforma erano sostanzialmente tre: unità, efficienza, democraticità. L’unità era perseguita con la ricomposizione dei tre ruoli già dipendenti dal Ministero dell’Interno; l’efficienza con la riorganizzazione delle strutture e la revisione dei sistemi di reclutamento e di qualificazione del personale; la democraticità col riconoscimento ai poliziotti di una serie di diritti propri delle altre categorie di lavoratori.
L’iter formativo della Legge di riforma fu lungo e tormentato, essendo durato oltre dieci anni, tuttavia, il ricambio generazionale contribuì nel tempo a ridurre la resistenza al cambiamento.
Il rinnovamento formativo ebbe come obiettivo la realizzazione di un sistema di formazione permanente, passando attraverso una migliore gestione delle risorse umane. L’impatto della riforma del 1981, produsse effetti rilevanti anche sull’attività di reclutamento dei giovani, che intravidero nella carriera in Polizia, non un comodo ripiego occupazionale, bensì una possibilità di autorealizzazione in un lavoro dinamico e di grande utilità sociale e di acquisizione di un sapere pluridisciplinare, inoltre la certezza della crescita professionale nonché una buona remunerazione.
Verso la fine degli anni ’80 ci fu, inoltre, un allargamento delle esperienze formative, dai campi propri della lotta alla criminalità e al terrorismo a problematiche di alto profilo sociale come quelle, ad esempio, della prevenzione della violenza sulle donne e bambini, assistenza agli anziani, che favoriranno l’affermazione della cultura della legalità e della polizia di prossimità. Si è venuto affermando in tal modo il diritto del poliziotto ad avere una formazione deontologica e tecnica coerente con i valori della sua professionalità.
Le trasformazioni poi, sono proseguite ulteriormente per adeguare l’Amministrazione della P.S. al nuovo contesto storico, seguendo due connotazioni principali: l’apertura verso la società europea multietnica e l’internazionalizzazione della lotta al crimine organizzato. Merito del Prefetto Parisi è stato quello di aver indicato in che modo la Polizia avrebbe dovuto porsi al servizio del cittadino ovvero tra la gente e insieme tra la gente, facendosi anticipatore delle future strategie della Polizia di prossimità.
Uno dei leitmotiv della riforma fu che in una realtà democratica, l’ordine pubblico gestito e diretto da una Polizia civile offrisse più garanzie ai cittadini, e l’affidamento della sua gestione poteva essere considerato un riconoscimento positivo, oltre che una scelta logica quasi obbligata. Dal 1981, gli appartenenti ai Ruoli del Personale Civile della carriera direttiva della P.S., gli appartenenti ai Ruoli dei disciolti corpi delle Guardie di P.S. e di Polizia Femminile, entrano a far parte dei Ruoli dell’ Amministrazione della P.S.
La Polizia di Stato diventa un organismo civile ad ordinamento speciale, inserito in una struttura di gestione coordinata al vertice della quale vi è il Dipartimento della P.S., cui è preposto il Capo della Polizia – Direttore Generale di P.S.
Il riconoscimento ai poliziotti dei diritti sindacali quali strumenti di rivendicazione economico – normativa, alla pari della altre categorie di lavoratori, evidenzia il carattere di democraticità della riforma del 1981. Inoltre la riforma dedica un particolare risalto all’istruzione e formazione professionale, L’apertura al mondo accademico conferma l’intenzione dei vertici della Polizia di rendersi disponibile al confronto e all’interscambio di idee per migliorare ed arricchire le competenze di polizia. La vera trasformazione in ambito formativo, verrà perseguita attraverso la riscoperta e la valorizzazione del fattore umano. In tal modo la formazione del terzo millennio è pensata per riunire tre elementi: aggiornamento tecnico, formazione psico-sociologica, crescita culturale.
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