Etica, politica dittatura e democrazia
Signor Direttore,
ho visto su Raitre la trasmissione la “ Grande Storia “ imperniata su Mussolini, soldi, sesso, segreti. Un inedito ritratto del Ventennio del regime dittatoriale fascista che si snodava concentrandosi su aspetti riguardanti il duce che da protagonista principale ha incarnato quel periodo storico. E’ stata una trasmissione interessante e chiarificatrice ma dai contenuti forti e sconcertanti. Ancora una volta, pur partendo da presupposti particolari - avvalorati da documenti, filmati, testimonianze - si è capito quanto deleterio, marcio e mafioso, era il collante che legava le alte sfere e la maggior parte dei quadri dirigenti nazionali del PNF a livello politico ed economico. La corruzione tra i massimi gerarchi era dilagante. L’opportunismo imperava. La rincorsa alla occupazione di posti di comando e potere ossessiva. Frodi, ricatti, inganni, orchestrati con abilità. Arricchimenti speculativi, compresi tre milioni di dollari personali che Mussolini prima della disfatta totale trasferisce all’estero. Minacce e false accuse per far cadere in disgrazia caporioni rivali o non in linea erano tra le tecniche preferite. Delazioni pilotate e interessate contro dirigenti e segretari politici scomodi, gay, ebrei, supposti avversari politici, portavano al carcere o al confine o al manicomio. Tutti erano spiati, schedati e controllati dall’Ovra. E ogni fascicolo o informazione di peso arrivava sul tavolo di Mussolini, che quasi sempre lasciava fare o marcire, orchestrando con malevola astuzia, sapendo che in ogni momento così poteva ricattare qualsiasi dei suoi grandi e potenti collaboratori a ogni livello. Altro che regime fascista pulito, tutto ordine, lavoro, giustizia! In realtà il fascismo era una grande piovra del malaffare a danno del popolo che nulla sapeva della verità. Perché l’informazione era tutta sotto l’assoluto controllo del regime e la sua propaganda forsennata e continua. I lavoratori avevano l’apporto del sindacato unico fascista con paghe misere e nessun diritto al dissenso organizzato. I padroni e i poteri forti, servili e ipocriti (banchieri - agrari - industriali), erano dalla parte del regime avallandone le scelte, finanziandolo, avendolo già aiutato a prendere il potere con la sopraffazione e la violenza. In cambio ebbero dal regime considerazione, leggi a favore e ad personam, aiuti economici e corpose commesse sia in tempo di guerra che di pace. Inoltre sono state evidenziate le vicende sentimentali e sessuali del duce tra bordelli, alcove segrete, amanti e decine di figli messi al mondo, alcuni riconosciuti e altri fatti morire, in una lunga e penosa telenovela tra il ridicolo e il drammatico in un percorso di vita scellerato. Le cose da dire e sottolineare circa quella illuminante trasmissione televisiva sarebbero ancora molte ma mi fermo qui. Senza esimermi dal considerare che seppure in un altro contesto storico le odierne analogie con quel dittatoriale periodo non sono poche. Ciò ci fa preoccupare e capire che la lotta di ognuno di noi nel proprio ambito sociale per migliorare lo stato di cose presenti è importante. E l’impegno per vivificare il sistema democratico sui fronti di trasparenza, partecipazione, pluralismo e sviluppo sostenibile, rimane fondamentale e di estrema attualità.
Grazie.
Aldo Fappani
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Sono d’accordo che è indispensabile controllare sempre e attentamente le possibili derive etiche che anche in regime democratico possono non mancare e che non riguardano solo lo Stato italiano. La differenza forse sta nel fatto che mentre in altri Paesi si viene sollevati dall’incarico o si danno addirittura prima le dimissioni per aver copiato parte della propria tesi di laurea, in Italia c’è un sistema prima sociale e poi legale che non considera sufficientemente i reati di questo genere. Occorrerebbe pertanto oltre a reintrodurre l’educazione civica nelle scuole e sperare che anche nelle famiglie facciano la loro parte attiva.
P. Poz.
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Dopo il capitalismo
Egregio Direttore,
sono passati 35 anni dal 1965 al 2000, intercalati da “crisi” ripetute.
Siamo ora nell’era post-industriale. Non è chiaro cosa significhi ma si capirebbe meglio se la chiamassimo ultima rivoluzione industriale, in ordine di tempo.
L’uomo si è sempre industriato; anche all’età della pietra si valse di arnesi, per esempio di pietre per scheggiare altre pietre. Via via ha inventato attrezzi più efficienti come leva, ruota, piano inclinato, corda ecc., che in fisica vengono chiamati “macchine semplici”.
Poi “macchine composte”, macchine operatrici che hanno permesso l’esecuzione automatica di operazioni ripetitive, per esempio l’odometro di Vitruvio di 2 mila anni fa o i mulini ad acqua o a vento ecc.
La prima rivoluzione nell’industria è stata associare un motore alle macchine operatrici.
Il motore a vapore, appena inventato, fu collegato ai telai dell’industria tessile.
Questo ha permesso di produrre teoricamente senza interruzioni e in quantità “industriali”, perché i motori non si stancano come gli uomini o gli animali; al massimo si rompono, ma si possono sostituire senza fare loro il funerale.
Fu la prima rivoluzione industriale.
Ne vennero altre con la produzione dell’acciaio per mezzo degli altoforni e poi con il motore elettrico, inventato da Pacinotti, un italiano.
Con il motore elettrico l’industria si è democratizzata, ovvero per diventare capitano d’industria non era più necessario essere padrone del “vapore”. Mi spiego meglio: il motore a vapore, ingombrante e energetivamente poco redditizio, per essere economico doveva mettere in azione decine di macchine operatrici, decine, o ancora meglio, centinaia di telai meccanici.
Costruire una fabbrica di centinaia di telai richiedeva risorse finanziarie di tutto rispetto, quindi il “padrone del vapore” poteva essere soltanto una persona già ricca: un nobile o un commerciante o un proprietario terriero, che si convertiva all’industria manifatturiera.
Con il motore elettrico chiunque, anche senza “capitale”, poteva diventare “industriale”. Ed è ciò che è successo in tempi recenti.
Inoltre nuove formule creditizie, banche, titoli, società per azioni ecc. fornivano il “capitale” agli “imprenditori”, attingendo al risparmio dei piccoli “risparmiatori”.
I risparmiatori non sono mai stati correttamente informati.
L’informazione invece, di volta in volta, ha terrorizzato i non addetti ai lavori, criminalizzando le prime società per azioni, per definizione, anonime, poi criminalizzando le multinazionali e infine la globalizzazione e senza mettere in luce gli aspetti positivi.
Questo è il “capitalismo”.
Il capitalismo è frutto dell’età moderna. Ha portato progresso, ma, per sua natura, non può estendere la ricchezza alla massa.
L’inizio dell’età moderna si fissa nel 1492.
Prima di allora siamo nel Medioevo.
Nel Medioevo l’economia era fondata sull’agricoltura e sullo scambio dei prodotti agricoli.
Alla fine del Medioevo si affermano le città sulla campagna, ovvero la concentrazione di individui in poco spazio, con la conseguente necessità di regole di convivenza: i Comuni.
L’agricoltura comincia a dipendere dall’artigianato urbanizzato.
Ci fu concentrazione degli artigiani, ma non ancora concentrazione della produzione: è il pre-capitalismo.
Il pre-capitalismo fu l’economia di passaggio dal feudalesimo all’età moderna.
Oggi il capitalismo, il modo di produzione che si regge sull’incremento del “saggio di profitto”, è in crisi e gli industriali tentano la via dell’asservimento dei lavoratori, con l’appoggio di governi reazionari.Invece ho speranza che l’umanità, come è passata dal feudalesimo al capitalismo, possa instaurare un nuovo “modo di produzione”.
Franco Tadiotto
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