Dal 25 febbraio al 10 giugno 2012
alle Scuderie del Quirinale
A cura di Vittorio Sgarbi e sotto l’alto Patronato del Presidente della Repubblica, la mostra –Tintoretto – è la prima vera grande esibizione monografica su Jacopo Robusti dal 1937, ed è frutto della caparbia determinazione degli organizzatori che, per l’occasione, sono riusciti a mettere insieme oltre 50 capolavori del Maestro veneto ed alcuni importanti artisti contemporanei, grazie ad una serie di prestiti eccezionali.
Uno dei più grandi artisti della pittura del Cinquecento, è quindi finalmente presentato con gli onori che si devono al “più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura” come scrisse di lui il Vasari.
Il percorso espositivo si apre e si conclude rispettivamente con la giovinezza e la maturità di Jacopo Robusti, attraverso due famosi autoritratti, quello giovanile del Victoria & Albert Museum –Londra – e quello senile del Louvre –Parigi-. Tra questi, le opere dell’autore sono esposte secondo i tre principali generi della sua pittura: il tema religioso, il tema mitologico e il ritratto.
In più, un’accurata sezione straordinaria ci racconta il mondo artistico contemporaneo al Tintoretto, con il quale dovette confrontarsi, interagire e a volte scontrarsi. Ecco quindi esposte alcune opere di autori significativi come Tiziano, Bonifacio Veronese, Giovanni Demio, Lambert Sustris, il Parmigianino, El Greco, lo Schiavone e Paolo Veronese.
I testi della scrittrice e studiosa Melania Mazzucco, esperta del Tintoretto ed autrice di diversi romanzi alla sua storia ispirati, accompagnano i visitatori nello scorrere della visita.
Jacopo Robusti Comin nacque a Venezia nel 1519 e morì nella stessa città nel 1594. Il padre, Battista Comin, proveniente dalla città di Brescia, si trasferì a Venezia dopo aver combattuto a Padova nel 1509 per respingere gli imperiali che la assediavano, motivo per cui venne chiamato il Robusti. L’appellativo venne poi utilizzato come nuovo cognome della famiglia.
Il soprannome di Jacopo, tintoretto, gli derivò dal mestiere paterno, tintore di stoffe, e col nome Jacopo Tentor firmò le sue opere fino al 1562.
Il Tintoretto crebbe nella contrada di San Polo, in teoria destinato a rilevare l’attività del padre, si dilettò invece a disegnare ovunque sulle pareti della tintoria. Intuito il talento del figlio, Battista lo inviò presso lo studio di Tiziano. Ma l’apprendistato non durò molto. Tiziano dopo pochissimo tempo lo fece cacciare: il ragazzino disegnava troppo bene per la sua età, era veloce e troppo libero da schematismi vincolanti.
Lasciato Tiziano, Tintoretto non avrà più dei veri maestri. In un certo senso se li sceglierà da solo e in base al suo gusto: si eserciterà a copiare i capolavori dei suoi preferiti, come Michelangelo e Sansovino.
Per quanto fondamentalmente autodidatta, è stato uno dei più grandi esponenti della scuola veneziana e probabilmente il pittore con cui si chiude e supera la fase del Rinascimento italiano, guardando anche oltre il Manierismo ed il Colorismo veneto. Secondo Sgarbi, Tintoretto sperimenta composizioni con più fantasia ed energia intellettuale di qualunque altro manierista.
All’interno dell’esposizione, il primo grande telere che precipita lo spettatore nel mondo teatrale, dinamico ed imprevedibile del Tintoretto è il Miracolo dello schiavo, del 1548 dipinto per la Scuola Grande di San Marco e conservato all’Accademia di Venezia. Una scena quasi sovrannaturale nell’immagine di San Marco che scende in carne ed ossa a liberare lo schiavo che per la sua devozione stava subendo il martirio.
Quasi cinque metri per cinque, il grande telere presenta una luce irreale che inonda la scena e illumina i personaggi, in uno scorcio prospettico che già introduce l’arte di Caravaggio. Ma mentre Caravaggio ci preannuncia la fotografia, nel Tintoretto “è il teatro a dominare la sua mente, e le mille e varie soluzioni scenografiche lo spingono, come nessun pittore, neppure Caravaggio, verso un linguaggio cinematografico” (Sgarbi - Tintoretto regista -).
A seguire nella mostra molti altri capolavori, frutto soprattutto di committenze ecclesiastiche, come il Trafugamento del corpo di San Marco, Gesù tra i dottori, la Madonna dei tesorieri, la Santa Maria Egiziaca e la Santa Maria Maddalena, quest’ultime due restaurate proprio in occasione della mostra, così come pure l’Ultima cena della chiesa di San Polo, anche quest’opera restaurata per l’esibizione romana.
Al secondo piano delle Scuderie si presentano le opere di soggetto storico e mitologico, come Apollo e Dafne e Decaulione e Pirra, della Galleria Estense di Modena. E poi ancora alcuni capolavori della pittura profana, come Venere, Vulcano e Marte e della ritrattistica tintorettesca
Bisogna ricordare che una delle maggiori fonti di entrate per la bottega di Tintoretto era costituita dai ritratti, nonostante la grande concorrenza che doveva affrontare a Venezia, in particolare quella con Tiziano. La ritrattistica era anche un viatico per farsi conoscere ed ottenere così incarichi importanti. Tintoretto aveva dalla sua una velocità esecutiva incredibile, che lo portava a realizzare molte richieste. La velocità era indubbiamente una delle caratteristiche metodiche di Tintoretto, ma anche una delle principali critiche a lui mosse.
Il Vasari riconobbe la sua prolificità : “ ha fatto e fa la maggior parte delle pitture che si hanno in Vinezia”, ma lo sottopose per questo a dure critiche che hanno resistito nel tempo, fino al secolo scorso: anche lo storico dell’Arte Roberto Longhi giudicò il Tintoretto fondamentalmente troppo veloce ed approssimativo.
Per una vera rivalutazione dell’artista e del suo operato, bisognerà attendere Jean Paul Sartre, che nell’opera Tintoretto o il sequestrato di Venezia affermò: "C'è nelle sue opere, una forma di pesantezza, che fa sì che lo spazio del Tintoretto non sia quello del pittore, ma quello dello scultore: egli è un pittore che dipinge i rapporti spaziali che si hanno quando si scolpisce - egli stesso era particolarmente colpito da ciò. Partendo da qui comprendiamo che per il Tintoretto un quadro è un problema di pittura, ed è questo che ne rivela l'inquietudine. Con lui le dimensioni non sono più assolute, diventano relative alla loro posizione rispetto ad un testimone. Tintoretto ha inventato lo spettatore del quadro. Perciò è moderno: è una rivoluzione rispetto alla pittura precedente, e annuncia gli impressionisti”. Dello stesso avviso di Sartre il contemporaneo Rodolfo Pallucchini, lo studioso che più di tutti ha rivalutato l’artista, soprattutto attraverso l’opera Giovinezza di Tintoretto (1950).
In effetti il Tintoretto va compreso: il suo estro si libera in invenzioni narrative assolutamente originali, senza modelli o schemi precostituiti, soprattutto quando i teleri hanno contenuti narrativi (Sgarbi, op.cit.)
La tensione drammatica, l’attenzione agli aspetti scenografici, la capacità di assimilazione delle novità, questo era il Tintoretto, che impose una linea di forte realismo che fece scuola per diverse generazioni.
Tintoretto realizzò dei veri e propri palcoscenici, lì riusciva a porre in profondità figure tormentate e dinamiche, assemblate in composizioni ricche di prospettive, messe in evidenza da un uso sapiente e nuovo della luce.
Ridolfi racconta che l'artista era solito allestire dei piccoli “teatrini” per visualizzare le opere e l'effetto delle luci: metteva delle vesti su modellini di cera, che poi disponeva in “stanze” costruite con cartoni, illuminate da candele. Quando le composizioni lo richiedevano, appendeva manichini al soffitto dello studio. Dal confronto di due dipinti, il Miracolo di san Marco che libera lo schiavo e il San Rocco in carcere confortato da un angelo, si può pensare in effetti alla presenza di un modello unico utilizzato per lo studio delle figure sospese.
Nel 1548 Paolo Pino scrisse che il pittore che fosse riuscito a coniugare il disegno di Michelangelo con il colore di Tiziano sarebbe divenuto il “ dio della pittura”. Sempre secondo il Ridolfi, Tintoretto avrebbe voluto far suo questo ideale: convertendolo in un motto che appese ad una parete del suo studio.
Sul suo conto molte fonti antiche e documentali si contraddicono, rendendo difficile ricostruire con certezza alcuni momenti della sua biografia ed alcuni aspetti della sua personalità. Melania Mazzucco ci avverte: “ ogni biografia di Tintoretto deve considerarsi un’ipotesi interpretativa aperta”.
La scrittrice Melania Mazzucco che, ricordiamo, ha condotto lunghe ed approfondite ricerche sul Tintoretto per realizzare alcuni dei suoi noti romanzi, lo definisce il pittore più chiacchierato del suo tempo, per la capacità di sperimentare nella sua pittura e per il suo carattere aggressivo e competitivo. Certo doveva essere effettivamente così se pensiamo all’episodio del 1564, quando la Scuola Grande di San Rocco bandì un concorso per affidare una committenza, chiedendo un bozzetto a quattro maestri: Paolo Veronese, Federico Zuccari, Giuseppe Salviati e il Tintoretto. Quest’ultimo però invece del bozzetto presentò il quadro già finito regalandolo alla scuola, che ovviamente lo accettò. Così Tintoretto oltre ad ottenere più di un incarico, venne accolto come confratello della Scuola Grande di San Rocco.
Alla metà del ‘500, morti Tiziano e Bonifacio de' Pitati, i due nomi predominanti nel panorama artistico veneziano saranno quelli di Tintoretto e di Paolo Veronese: nonostante la Repubblica di Venezia stesse subendo la riduzione della sua importanza nelle rotte commerciali, a causa dalla scoperta delle Americhe, delle sconfitte contro i Turchi e contro la Lega di Cambrai, le richieste di opere d'arte proseguirono, grazie anche alle esigenze degli edifici religiosi nel periodo della Controriforma.
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Orari: da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30 L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura
Informazioni e prenotazioni: singoli, gruppi e laboratori d’arte tel: 06.39967500 – scuole: 06.39967200
Sono previsti dei laboratori d’arte per bambini e ragazzi, rivolti sia a famiglie che scuole.
Inoltre sempre in occasione della mostra -Tintoretto – torna Spot, l’appuntamento all’ora dell’aperitivo per la lettura guidata di un’opera d’arte. Un percorso in quattro tappe a cura di Paola Vassalli e condotto dalla storica dell’Arte Anna Maria Panzera. A partire da venerdì 9 marzo tutti i venerdì fino al 18 maggio, alle ore 19.00 (è necessario arrivare 15 minuti prima).
Per informazioni:
www.scuderiequirinale.it didattica.sdq@palaexpo.it
Responsabile Paola Vassalli, comunicazione Antonella Veracchi: a.veracchi@palaexpo.it
FOTO: Jacopo Robusti, detto il Tintoretto
San Marco libera lo schiavo dal supplizio della tortura- (detto anche Miracolo dello schiavo)
1547-1548 olio su tela, 415x541 cm Venezia, Gallerie dell'Accademia
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