Nella mostra in corso a Genova fino al 15 aprile
oltre a importantissimi capolavori dei due artisti, la pittura
americana e quella europea: la prima intesa come
esplorazione di territori sconosciuti, la seconda che indaga il percorso delle menti
DIl tema del viaggio in tutte le sue declinazioni: dalle esplorazioni geografiche, agli itinerari negli spazi e nelle culture. E poi un focus nell’universo del viaggio dentro di sé. A proporlo è la mostra “Van Gogh e il viaggio di Gauguin”, a cura di Marco Goldin, in corso a Genova al Palazzo Ducale fino al 15 aprile 2012. Una delle opere più importanti e significative della mostra è sicuramente “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” di Gauguin, realizzata ad Haiti nel 1897, alla vigilia della notizia della morte di sua figlia e prima di un suo tentato suicidio. In Italia l’opera non si è mai vista, e in Europa una sola volta, a Parigi, una decina di anni fa. Il Museum of Fine Arts di Boston, che l’ha eletta a suo simbolo e dove è custodita, fa un’autentica eccezione, concedendola solo per la quarta volta in un secolo.
Altro grande protagonista della mostra è Van Gogh, grazie ai prestiti del Van Gogh Museum di Amsterdam e del Kroller-Muller Museum di Otterlo, dove si trovano oltre 40 opere attraverso cui assistiamo al racconto di una vita che è un viaggio nel colore e nell’abisso, verso la luce del Sud e nel buio del proprio male di vivere. Sue sono 40 opere tra cui anche il celeberrimo “Autoritratto al cavalletto” dipinto nel 1888, prestito del Van Gogh Museum. Intorno ai due protagonisti della mostra si sviluppano due sezioni, l’una dedicata alla pittura americana e l’altra alla pittura europea. La pittura americana del XIX secolo, pittura che è anche vera e propria esplorazione di territori sconosciuti, enunciazione di uno spazio che si identifica con una nazione nuova. Due pittori soltanto a rappresentare questo anelito, Edwin Church, il pittore dell’Est e Albert Bierstadt, il pittore dell’Ovest, della scoperta di Yellowstone e di Yosemite. Oltre a loro anche opere di Winslow Homer, con il suo viaggio sulle rive dell’Oceano Atlantico e Andrew Wyeth che racconteranno la costa del Maine. Anche Hopper fa parte del percorso espositivo e come pochi altri pittori americani ci racconta la provincia americana. Infine Mark Rothko con i suoi viaggi nella propria interiorità.
La sezione dedicata alla pittura europea partirà dal viaggio della mente davanti all’infinito di Caspar David Friedrich, una piccola barca che va nella nebbia. Mentre William Turner si confonde nel gorgo di un viaggio che sposa la potenza degli elementi. Poi il viaggio di Claude Monet sarà nel recinto protetto del giardino di Giverny, nella fioritura delle ninfee come ghirlande. Poi ancora il viaggio mentale di Wassily Kandinsky, quel viaggio che ha a che fare quotidianamente con la visione accidentata, talvolta persino malata, che si costruisce nella forma che genera sogni e incanti, tremori e memorie. Viaggio che è cosa prettamente legata alla cultura europea della prima metà del XX secolo, e che a metà di quel secolo, in una sorta di epico, e anche tragico, parallelo con Rothko, vede sulla scena il percorso straziato di Nicolas de Staël, dai muri calcinati di Agrigento, alle figure davanti al mare fino agli strapiombi di Antibes, alti sul cielo violato dai gabbiani.
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