Uno Stato moderno, per un esercizio effettivo dei suoi poteri e per la propria difesa utilizza generalmente due braccia e queste sono: le Forze armate, principalmente con compiti di protezione da aggressioni esterne e le Forze dell’ordine o di Polizia, con la funzione di controllo della sicurezza pubblica interna e del rispetto delle leggi emanate dallo Stato stesso. Nel proprio agire, entrambe queste strutture, hanno a disposizione i mezzi, gli uomini e i protocolli operativi o condizioni d’ingaggio che il datore di lavoro - Stato - ritiene opportuno fornire.
Si aggiunge che, proprio una delle problematiche, da sempre sollevate dagli appartenenti a queste Amministrazioni, è la mancanza di strumenti, personale e adeguati percorsi d’aggiornamento per poter svolgere i compiti affidati. Se poi vogliamo parlare di formazione di Forze dell’ordine efficienti e in grado di intervenire realmente e concretamente per difendere gli interessi-diritti della collettività, nonché per proteggere la propria incolumità, questa si dovrebbe forzatamente basare su tre pilastri: uno psicologico-motivazionale, il secondo sulla conoscenza delle norme di diritto da applicarsi e su metodologie d’intervento certificate e standardizzate ed infine uno basato sulla “fisicità” e potenzialità d’intervento diretto di questi guardiani della sicurezza comune.
E’ quindi complesso parlare di formazione dei poliziotti, ma, mentre per quanto riguarda la psicologia comportamentale dell’uomo vi sono corsi di laurea che se ne occupano e altrettanto si può dire dello studio del complesso sistema giuridico italiano, proprio l’ultimo elemento sembra essere quello che rimane un tabù. In Italia, ahimè, si discute da anni sui massimi problemi ma si nasconde o si evita realtà scontate. Non può esistere intervento di Polizia in situazione d’emergenza senza che vi sia un agire fisico degli operatori, talvolta anche violento e di “sopraffazione” verso terzi. Come si può pensare a un arresto, a un intervento su rissa, alla composizione di liti, o anche a un semplice controllo di persone e/o documenti, eseguito seriamente e con la necessaria autorevolezza, senza pensare anche alla “fisicità” necessaria degli operatori? Ognuno di noi ricorda i “vecchi” tutori dell’ordine, erano tutti “grandi e grossi”.
Certo i tempi sono cambiati ma il problema di questi professionisti rimane: come intervenire in situazioni di violenza? Qualsiasi persona capisce che questo modo di operare si può lasciare alle opportune sedi scolastiche. Di recente un Ministro del governo ha definito i poliziotti “panzoni”. Decine di voci di protesta si sono levate, ma anche in quest’occasione nessuno ha voluto affrontare il problema. Il Ministro forse aveva ragione, ma non ha spiegato come mai nulla è previsto in tal senso per questi professionisti. Se andassimo a controllare gli orari di lavoro risulterebbe che a nessun poliziotto o carabiniere è data la possibilità di allenarsi per poter svolgere i propri compiti, a nessuno di loro sono rimborsate le spese per la frequenza di palestre o quant’altro del caso. Invece, proprio in una moderna democrazia come la nostra, si dovrebbe pensare anche a formare questi lavoratori in maniera tale che possano proteggerci e proteggersi in una società ricca di contrasti sociali come quella in cui viviamo, in cui vi è una violenza strisciante e sempre più presente.
Pensiamo alla triste realtà di una gioventù sempre più “sofferente” e ragazzi delle periferie urbane, che trascorrono ore ad allenarsi in palestre con maestri che spesso vantano un curriculum di violenze di tutto rispetto o, ancor peggio, provenienti da Paesi nei quali ci si prepara per sopravvivere fisicamente ad aggressioni di ogni genere. Sfido chiunque ad andare in un commissariato di Polizia o stazione dei Carabinieri e cercare luoghi analoghi di addestramento. Anche i “vecchi” istruttori di difesa personale sembrano appartenere a un passato molto remoto. La realtà, quindi, richiede cambiamenti concreti. Per pretendere è ora di dare.
La criminalità studia gli uomini deputati a proteggere la sicurezza prima di agire. Ma cosa scopre in Italia…? Fortunatamente, in attesa di una sensibilità che ancora manca da parte delle strutture centrali, qualcosa si sta muovendo su iniziative private e oltre alle decine di scuole-corsi per l’autodifesa, vi sono dei centri specializzati anche per la formazione di coloro che, oltre che difendersi, hanno il difficile compito di difendere o comunque lavorare anche con l’uso della forza e/o mezzi di coercizione fisica. Oggi parole come judo, karate o ancor meglio, kali filippino o il famoso maltese’s close combat, non sono più patrimonio di pochi eletti e, a esempio, si stanno formando delle strutture, anche con il patrocinio di alcune sigle sindacali del Comparto, per farsi carico del problema, per sopperire alle mancanze istituzionali. Si cita adesempio la Fisam diretta dal famoso professor Maltese con i suoi progetti speciali Un.C.Le. e De.Co.S.S. o la sua derivazione specifica la Police Combat Academy Asd una delle più attive del settore e formata da professionisti della sicurezza con capo scuola il Maestro Loris Noro che proprio in tale ottica già da tempo organizza stage, seminari, corsi di base per sensibilizzare/formare gli operatori della sicurezza su queste tematiche, nonché corsi altamente specialistici per apprendere le più moderne tecniche di bloccaggio, messa in sicurezza delle persone, ammanettamento, uso degli sfollagente, tonfa e difesa da quella che è una delle armi più pericolose in assoluto: il coltello.
La peculiarità di questi percorsi formativi è che, all’interno, sono inserite anche lezioni teoriche sugli argomenti trattati in concreto, con l’intervento di professionisti in psicologia d’emergenza, giurisprudenza e medicina legale. Gli iNstructor, tutti diplomati, sono anche dei professionisti. Il principio è che per operare in sicurezza e con professionalità non necessita essere dei campioni d’arti marziali, ma è sufficiente un allenamento graduale e costante su alcune tecniche di base sia di “pensiero operativo”, sia fisiche, unite a una pratica nel maneggio degli strumenti in dotazione che troppo spesso vengono utilizzati solo in occasione di criticità. Ma pensiamoci, ed è anche logico, per utilizzare le manette fornite è necessario allenarsi per non fare e/o farsi male.
Per avere Forze dell’ordine efficaci ed efficienti, in questa società sempre più complessa, alla fine si dovrà affrontare la realtà e cioè che queste devono essere realmente costituite da professionisti e quindi in grado di garantire e garantirci la sicurezza e che una parte della loro formazione deve essere anche un’adeguata formazione-preparazione psico-fisica-addestrativa al passo con i tempi. Una soluzione potrebbe essere, semplicemente, e non sembrerebbe così assurdo in un sistema razionale, chiedere maggiori requisiti fisici iniziali e un addestramento-allenamento obbligatorio costante e facente parte del curriculum professionale dell’operatore del Comparto Sicurezza, di ogni grado e qualifica – senza dimenticare che già oggi, gli appartenenti alle Forze armate, devono dedicare alcune ore alla settimana ad allenamenti fisici individuali. Ma i poliziotti?
Altra importante realtà da affrontare e che tutto questo, però, ha un costo che il sistema sicurezza deve finalmente avere il coraggio d’affrontare per poter così veramente chiedere servizi adeguati a uomini di fiducia e preparati, allontanandosi dal classico retaggio italiano dell’arrangiarsi anche in un settore, quale quello della sicurezza pubblica, che non può più permettersi ciò.
Da ultimo necessita sollevare un dubbio in diritto: quale responsabilità (penale e civile) deve essere imputata al datore di lavoro, anche se del Comparto Sicurezza, che non forma adeguatamente il proprio personale e non fornisce gli idonei strumenti (più recenti) per operare in così delicati settori, ai sensi e nel rispetto delle recentissime novelle nel campo della sicurezza del lavoro? Ci si augura di non dover attendere, come spesso accade, unicamente risposta dalla giurisprudenza penalgiuslavoristica come la (oramai) notissima sentenza che ha visto soccombente il Ministero dell’Interno, citato in giudizio dal proprio personale impiegato in ordine pubblico senza l’adeguata preparazione e i mezzi.
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