Quali sono le tutele che hanno gli operatori
delle Forze di Polizia qualora gli venga intentata
una causa, civile o penale, per fatti avvenuti
durante lo svolgimento delle loro funzioni? Una disamina
delle principali norme che regolano la questione
e che sembrano indicare una sostanziale distanza tra il datore di lavoro e il lavoratore
Gli appartenenti alla Polizia di Stato sono definiti (giustamente) un concentrato di figure professionali, infatti sono in primis pubblici ufficiali (art. 357 c.p.), con tutte le responsabilità conseguenti a ciò, per poi divenire appartenenti alla polizia giudiziaria (art. 57 c.p.p.), nonché, agenti, ufficiali o addirittura autorità di P.S. (Legge n. 121/81, Nuovo Ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza) con le particolari problematiche di una figura prevista nel lontano 1931, costretta, oggi, a dibattersi tra mille difficoltà di una società giunta al secondo millennio e un Testo Unico di Pubblica Sicurezza ante conflitto mondiale (R.D. 18 giugno 1931, n. 773).
Comunque si muova, questa figura professionale (Poliziotti, Carabinieri, o altri appartenenti alle forze dell’ordine), si trova a dover tener conto di stringenti obblighi-doveri, con le conseguenti ripercussioni penali, amministrative, civili, disciplinari e addirittura, da ultimo, contabili verso la “temutissima” Corte dei Conti.
Quante giurisdizioni da cui doversi guardare. Direi troppe. Sempre più spesso anche un semplice incidente stradale alla guida di un veicolo di servizio (tra le tante, Messaggero Veneto del 18 febbraio 2009, “Una Gazzella dei Carabinieri investe un anziano…”) magari durante una chiamata d’emergenza, in mezzo al traffico sempre più caotico dei nostri centri urbani, può portare a conseguenze penali (lesioni colpose), a poter essere chiamati a rispondere di un risarcimento civile nei confronti di terzi, per poi dover aggiungerci anche inchiesta disciplinare e magari anche una Corte dei Conti che viene a “battere cassa” con un macchinoso e particolare procedimento amministrativo-giudiziario-contabile (che richiede anch’esso l’intervento di un professionista del diritto).
Sicuramente, così pensano tutti, questo povero operatore di polizia, al servizio della collettività, sarà adeguatamente tutelato verso tutto questo. Ma pochi sanno che invece non è affatto così.
Le responsabilità del pubblico impiegato hanno origini lontane nel tempo e non sono mai state definite in maniera precisa. Sono sempre state le varie giurisdizioni a decidere sui singoli casi, senza che questo portasse a definire opportune iniziative legislative. In particolar modo, per tutto quello che riguarda le attività delle forze dell’ordine, ci si è fatti forti del fatto che queste hanno sempre “goduto” di una sorta di guarentigia storica. Fino a pochi anni fa nessuno si sarebbe mai posto il problema di mettere in discussione l’operato dello Stato e mai quello del suo braccio, le forze dell’ordine o armate che siano. Chi avrebbe preteso un risarcimento da una volante della Polizia intervenuta a sedare una rissa o da un maresciallo dei Carabinieri che nel tentativo di acquietare gli animi dei paesani avesse semplicemente agito come un “buon padre di famiglia”? Ed anche se vi fosse stata qualche recriminazione formale questa sarebbe rimasta, il più delle volte, “burocraticamente persa” negli uffici ministeriali o giudiziari competenti. Ora tutto è cambiato. Lo Stato cerca la trasparenza, il rapporto e il consenso dei suoi consociati, la giustizia non “guarda in faccia a nessuno” e lo stesso cittadino è consapevole dei suoi diritti, aiutato in questo da decine di giovani “principi del foro”. Solo una cosa non è mutata nel tempo: la coscienza degli operatori di polizia (che fatica a rendersi conto del problema fino a quando non ne è colpita) e la legislazione a tutela di questa categoria professionalmente “a rischio” (non è così, ad esempio, in campo medico).
Ma entrando nel vivo del problema e come esempio: quali sono le forme di sostegno a un poliziotto che deve difendersi in giudizio per tutelare i suoi diritti in un sistema che non prevede neppure il rimborso spese-danni subite in un banale procedimento disciplinare e che si basa completamente sul volontariato o sul “passa parola” di chi ha già vissuto situazioni simili?
Il problema nasce già nel 1948. Infatti, l’art. 28 della Costituzione repubblicana, recita che: “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di tali diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”. Come si nota l’intervento della Costituente fu già al tempo sibillino: direttamente responsabili è la prima pietra posta, si estende, la seconda. Con quest’ultima parola, quindi e comunque, lo Stato non si sostituisce mai completamente ai suoi dipendenti, ai quali può essere chiesto quanto sofferto a causa dell’avvenuta sostituzione. Ma vi è ancora peggio; dopo anni di interventi sindacali (il cui numero ne impedisce la citazione) finalmente, nel 2004, ci fu un epocale cambiamento di rotta; i Lloyd’s di Londra riuscirono a stipulare, direttamente con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza un’assicurazione a tutela della responsabilità civile dei poliziotti con fondi già stanziati. Ma un successivo quanto mai singolare intervento della Corte dei Conti bloccò l’iniziativa. Risultato, nessun’assicurazione d’ufficio per i poliziotti. Invece, proprio la via delle assicurazioni private specializzate sembrerebbe l’unica soluzione auspicabile e preferibilmente stipulate dal singolo dipendente (non contratti di massa) e rimborsate in una qualche maniera. A dire il vero, qualche iniziativa inerente il problema c’è, ad esempio si cita l’innovativa (quanto ammirevole) idea, nata a Ferrara, di costituire una libera (con adesione aperta a tutti gli interessati) associazione apartitica, a nome “IL LAMPEGGIANTE”, (www.illampeggiante.it) con scopi di mutualità e di sostegno-tutela psicologica e giuridica ai componenti delle forze dell’Ordine ed Armate in difficoltà, oppure l’analoga struttura chiamata prima difesa (www.primadifesa.it), con sede in Fiumicino (Roma).
Ma a dispetto dell’interessamento di pochi, a oggi, e premesso che gli operatori della Polizia di Stato, di tutti i ruoli o qualifiche, durante la loro attività al servizio della collettività, possono essere esposti a rischi per i quali debbono assumersi specifiche responsabilità, la normativa vigente e gli accordi sindacali, consentono, in forma limitata e burocratica, ai dipendenti, in forza del vincolo che li lega all’Amministrazione d’appartenenza, qualora convenuti, di esercitare il diritto alla difesa sollevandoli dall’onere economico unicamente attraverso i mezzi ufficiali messi a disposizione, dall’amministrazione di appartenenza e purtroppo spesso insoddisfacenti nella pratica legal-quotidiana. Quindi, in sintesi, cronologicamente elencate, s’indicano le disposizioni che regolano la materia de quo.
La prima normativa di riferimento deve sempre intendersi l’art. 32 Lg. 22.5.1975 nr. 152 che sancisce: “nei procedimenti a carico di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o dei militari in servizio di pubblica sicurezza per fatti compiuti in servizio e relativi all’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica la difesa può essere assunta, a richiesta dell’Avvocatura dello Stato o da libero professionista di fiducia dell’interessato medesimo. In questo secondo caso le spese di difesa sono a carico del Ministero dell’Interno salvo rivalsa se vi è responsabilità dell’imputato per fatto doloso. Le disposizioni dei comuni precedenti si applicano a favore di qualsiasi persona che, legalmente dall’appartenente alle forze di polizia gli presta assistenza”.
Dopo di che vi è l’art. 18 del D.L. 25.3.1997 nr. 67 convertito in legge 23.5.1997 nr. 135 che recita: “le spese relative a giudizi per responsabilità civile, penale ed amministrativa, promossi nei confronti dei dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o con provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l’Avvocatura dello Stato possono concedere anticipazioni del rimborso, salva ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità”: Questa disposizione si applica in favore del personale delle Forze di Polizia nelle ipotesi di procedimenti connessi con l’attività di servizio residuali rispetto alle fattispecie disciplinate dalle altre disposizioni sopra citate. Per poi giungere al più recente art. 17 D.P.R. 11.9.2007 nr. 170 che aggiunge: “Le disposizioni di cui all’art. 32 della legge 22 maggio 1975, n. 152 e dell’art. 18 del decreto legge 25 marzo 1997 n. 67, convertito in legge 23 maggio 1997 n. 135, si applicano anche a favore del coniuge e dei figli del dipendente deceduto. In mancanza del coniuge e dei figli del dipendente deceduto, si applicano le vigenti disposizioni in materia di successione. Alla relativa spesa si provvede nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio. Ferme restando le disposizioni di cui al comma 1, agli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria indagati o imputati per fatti inerenti il servizio, che intendono avvalersi di un libero professionista di fiducia, può essere anticipata, a richiesta dell’interessato, la somma di euro 2.500,00 per le spese legali, salvo rivalsa se al termine del procedimento viene accertata la responsabilità del dolo”.
A queste fonti primarie bisogna aggiungere che, il Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, sulla problematica e nel tempo, ha emanato varie circolari esplicative che riepilogano ed ordinano i criteri di concessione del rimborso delle spese di difesa: la nr. 333.A/9801-A.3 del 22/06/1996, che stabilisce criteri per la concessione del rimborso delle spese di difesa; la nr. 333.A/9807.B.6 del 13/06/2003, che riepiloga e riassume la documentazione istruttoria e da ultimo la nr. 333.A/9807.B.7 del 26/5/2008, che prevede una procedura semplificata per l’attribuzione dell’assistenza legale ex art.17 del D.P.R. n. 170 dell’11.9.2007.
È necessario precisare che, dal dettato normativo, e fatto salvo il caso di richiesta d’anticipo (la cui concessione è facoltativa) che avviene nelle more del procedimento, unica eccezione all’applicabilità della tutela legale (per fatti/reati penali) appare quella in cui vi è “convergenza d’interessi e di posizioni tra il dipendente e l’amministrazione” come ad esempio (ovviamente) se i reati sono a danno dell’amministrazione o se questa si è costituita parte civile.
Bisogna altresì sempre ricordarsi che nulla è dovuto se viene dimostrata una responsabilità dolosa del dipendente ed in questo caso è doverosa la restituzione dell’anticipo. Inoltre una sentenza interessante ha stabilito che: “ il diritto del dipendente […] spetta solo nel caso di procedimenti avviati nei suoi confronti e conclusosi con l’esclusione della responsabilità, non anche quando si tratti di azione esperita dall’interesse proprio” (cassazione Sez. Civile n.2, 3 gennaio 2008).
Ad ogni buon fine si deve segnalare che, sempre per la Polizia di Stato, la competenza alla trattazione delle pratiche di tutela legale, ad eccezione delle fattispecie relative alla conduzione di mezzi dell’Amministrazione, è attribuita all’Ufficio II – Contenzioso e Affari Legali della Direzione Centrale per le Risorse Umane, il quale per informazioni di carattere urgente mette a disposizione un numero telefonico 06.46525835 (Settore Tutela Legale), nelle giornate di lunedì e mercoledì dalle ore 11.00 alle ore 12.30 (fonte portale web Doppiavela, Polizia di Stato).
Cosa dire infine? La riflessione che si deve (sfortunatamente) fare, vista la complessità e, si ritiene, importanza dell’argomento, e che quest’ultimo meriterebbe un’attenzione particolare di tutte le parti interessate (si pensi al danno economico che può subire un poliziotto, anche a dimostrata ragione, per una parcella legale - altro che anni di straordinario eccedente o indennità per orari notturni…- ), con una complessa opera di regolarizzazione della materia, ma non solo fredde circolari o norme positive di difficile attuazione, ma considerando il reale contesto economico-giuridico italiano e questo per ottenere sia la massima utilità per l’amministrazione della pubblica sicurezza, sia la piena tutela per il dipendente interessato.
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