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Novembre-Dicembre/2011 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Impariamo a studiare
di Carlotta Rodorigo

Ogni mattina un esercito di giovani va a scuola, ritrova gli amici, gli insegnanti e un lavoro sempre crescente che occuperà la loro mente per molte ore.
Sembra non ci siano problemi anche se bisogna attingere alla volontà per seguire le lezioni, a volte distrattamente a volte con interesse, legato all’argomento.
Ma quando arriva il momento di tornare a casa annunciato dalla campanella e tutti i giovani escono, zaini in spalla, ma carichi di sogni oltre che di preoccupazioni per i compiti che dovrà svolgere, lo scenario cambia creando un po’ di paura pensando che dovranno riprendere in mano i libri.
Tornando a casa alcuni trovano una mamma o i nonni che accolgono con un sorriso, con una merenda pronta e uno sguardo incoraggiante che li aiuterà ad affrontare i compiti e il tempo libero.
La casa che ti accoglie così è la casa che tutti i giovani desiderano, ma la maggior parte degli adolescenti si ritrovano soli ad affrontare il peso dei compiti senza la presenza di un adulto. Anche se una persona in casa può non favorire lo svolgimento dei compiti quando, presa da un ansia inconcludente, si sostituisce al ragazzo.
E’ allora che il problema passa dai giovani ai familiari, quasi sempre rappresentati dai genitori. In tempi non lontani i “compiti” non rappresentavano un problema perché era normale che i genitori se ne facessero carico. Oggi che la preoccupazione nei confronti dei figli è aumentata, l’adulto sente di avere una maggiore responsabilità nel seguire la loro vita scolastica.
Il fatto che i genitori spesso non sono presenti nella quotidianità dei figli per ragioni di lavoro, accusano un senso di colpa per la loro assenza. E si giunge così alla necessità di insegnare ai ragazzi come studiare. Mancando un corretto atteggiamento, verso il lavoro scolastico si dovrà applicare un metodo di studio che spinga il giovane oltre che seguire con serietà le lezioni, in classe, esegua i compiti correttamente e studi in maniera proficua.
Lo studio coinvolge la famiglia anche se i genitori non devono intervenire direttamente nello studio dei figli.
Questa la cura che si deve limitare per non mutarsi in un intervento assistenziale. Il compito del genitore deve considerarsi come quello di un allenatore seguendo fin da piccolo il bambino, mutandosi in consulente quando il figlio diventa più grande.
Senza remore, spegnere la televisione per favorire la concentrazione, scegliere il momento migliore per fare i compiti.
E’ importante stabilire il tempo per lo studio tra le mansioni quotidiane. Prima su tutto la consapevolezza che è bene non sostituirsi ma essere disponibile per dare aiuto che diminuirà nel tempo. La presenza fissa a fianco dei ragazzi quando fanno i compiti potrebbe deresponsabilizzarli davanti ai compiti da eseguire e convincerli che non siano capaci a fare da soli.
Il giovani sa che fare i compiti è un dovere perché è solo ed esclusivamente un suo problema, ma devono sapere che possono consultarci se necessitano d’aiuto.
Con questo metodo quando i figli saranno più grandi, il genitore diventerà per loro un consulente con il quale discutere ed affrontare argomenti per trovare la migliore soluzione a qualsiasi problema.

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