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Novembre-Dicembre/2011 - Interviste
L’intervista
La manovra finanziaria: «Iniqua, depressiva, sbagliata, ideologica»
di a cura di Lorenzo Baldarelli

Serena Sorrentino, da quest'anno
segue per la Confederazione di Corso d'Italia
le politiche di pari opportunità in qualità di Responsabile
Nazionale. «Si definisce antirazzista da sempre, impegnata
nei processi di stabilizzazione dei precari e di politiche attive
del lavoro, esperta di pianificazione sociale
e politiche di inclusione». Per noi ha risposto a domande
sul lavoro, la finanziaria e la legalità



In un mondo del lavoro globalizzato competitivo e in costante crisi, visto anche il grande numero di disoccupati, come si può affermare che le regole e la tutela dei “soggetti più deboli” e il mantenimento (magari anche l'ampliamento) dei diritti sia una scelta vincente per il mercato?
Oggi più che mai il tema delle “Regole” e della “Regolazione” diventa un nodo cruciale perché nell'incertezza generale determinata dalla crisi finanziaria e speculativa con pesanti conseguenze economiche e sociali tutti i soggetti sia quelli sociali, le persone, sia quelli economici avrebbero bisogno di “Sicurezza e certezza” dei diritti e delle regole della competizione.
Il fatto che ci sia un alto tasso di disoccupazione o di inattività, che cali quello dell'occupazione in particolare per i giovani, non vuol dire che bisogna rinnovare le garanzie ed il sistema dei diritti per chi oggi è occupato. Questo è un approccio ideologico con il quale il governo ha messo in campo una serie di misure che mirano a destrutturare il Diritto del Lavoro nel nostro Paese (dal collegato lavoro, alla sostituzione dello Statuto dei Lavoratori, all'attacco alla contrattazione ed alla rappresentanza, come nei settori pubblici, sino al recente art. 8 della Manovra Finanziaria).
Il vero problema è quello di rilanciare politiche industriali e investimenti nei settori produttivi puntando sull'innovazione per determinare sviluppo e far crescere l'occupazione. Quando ci sono norme chiare, investimenti pubblici e privati certi, quando i fattori di infrastrutturazione e servizi sono garantiti, avere regole chiare nel mercato aiuta la competizione, perché tutti sono messi nelle medesime condizioni e la certezza dei diritti aiuta alla responsabilità generale. Il nostro è un Paese che può e deve puntare sulla qualità ed il lavoro è parte fondamentale del processo produttivo e quindi la sua stabilità, professionalizzazione e garanzia sono fattori che influiscono sulla qualità della stessa produzione. Chi pensa di precarizzare il lavoro, di ridurre le coperture sociali ha in mente un modello di sviluppo che punta su altri fattori di vantaggio tra cui lo sfruttamento della forza lavoro, la competizione al ribasso sui salari, la cancellazione dei diritti. Noi non condividiamo questa impostazione. Per questo nella nostra mobilitazione e nelle nostre campagne il tema della legalità, del contrasto agli abusi, al sommerso, all'evasione ed allo sfruttamento sono centrali perché danno un'altra visione possibile della prospettiva che ci attende.

Come giudicate l’ultima Finanziaria?
Iniqua, depressiva, sbagliata, ideologica. È una manovra fatta di tagli e privatizzazioni che penalizza i cittadini, lavoratori e pensionati, con l’aumento delle tariffe, il taglio di servizi e prestazioni, dalla salute, al welfare, alla scuola, ai servizi pubblici locali (rifiuti, trasporti, ecc.) e gli Enti Locali che vedono diminuirne le risorse necessarie per garantire i servizi fondamentali e addirittura, in alcune amministrazioni, saranno a rischio gli stipendi dei lavoratori.
È una manovra depressiva perché c’è un aumento diretto ed indiretto della pressione fiscale, non ci sono misure per la crescita né di sostegno ai consumi né per aumentare produzione e occupazione.
È sbagliata ed iniqua perché colpisce i soggetti più deboli, i lavoratori, i pensionati, i giovani ed il Sud.
C’è un problema di giustizia sociale per questo continuiamo a proporre una tassa sulle grandi ricchezze e di rimodulare il prelievo fiscale: paghi chi ha di più e si tutelino i redditi più esposti.
Inoltre questa manovra è infarcita di misure che nulla hanno a che vedere con i saldi di contabilità pubblica ma danno il segno di quanto il precedente governo abbia utilizzato ogni occasione per attaccare il lavoro: dall’art. 8, alle festività, alle misure che riguardano i lavoratori disabili, all’accanimento verso i pubblici dipendenti.
Eppure la situazione è di tale gravità che ciò che ci si aspetterebbe da un governo è: affidabilità, serietà di una strategia che guardi all’interesse generale del Paese e non alla tutela di pochi. Come per la supertassa che è rimasta solo per i dirigenti pubblici o la riduzione dei costi della politica che si è limitata a qualche spot. L’Italia ha bisogno di ben altro.

Un commento sulla notizia dello stanziamento dei Fondi Fas per il Mezzogiorno (notizia uscita i primi giorni di agosto, oggi non se ne parla più).
Quali? I Fondi Fas compaiono e scompaiono, erano 100 miliardi poi tra emergenze e crisi siamo arrivati ad una dotazione di neanche 40 miliardi. Poi abbiamo parlato di poco più di 15, di cui per la parte nazione disponeva il Ministero dell’Economia, nel mentre l’ex Ministro Fitto imponendo la riprogrammazione dei fondi comunitari alle Regioni ha ulteriormente complicato e direzionato gli investimenti con una reazione timida delle Regioni sotto la minaccia del disimpegno (cioè la perdita dei Fondi).
Ogni 6 mesi si parla dello sblocco di una quota di Fas, c’è una delibera del Cipe e ogni anno un annunciato “Piano Sud”. Puntualmente assistiamo alla revisione delle decisioni precedenti. Il Sud, intanto, arretra drammaticamente di più, quando potrebbe risollevare il Paese. Se è vero che il Sud cresce dello 0,2% e il Nord-Centro oltre il 2% (con una differenziazione per macro aree), vuol dire che bisogna investire nella crescita del Mezzogiorno per fare aumentare il Pil complessivo. Certo c’è sempre l’idea di Tremonti di annettere il Nord all’Europa e il resto lasciarlo in agonia, ma non credo sia una strategia efficace.

Oltre le infrastrutture, quale politiche bisognerebbe attuare per il Sud?
Occorrerebbe investire su risorse e beni naturali, culturali che potrebbero produrre economie virtuose, aumentando notevolmente la produzione di ricchezza nazionale, energie e infrastrutture sostenibili, sistema della portualità e dell’intermodalità, senza fare un elenco indifferenziato, ma assumendo il Mezzogiorno in una prospettiva di crescita nazionale ed europea, come un’opportunità per agganciare la ripresa, mantenendo e sostenendo la ricchezza prodotta nel resto del Paese e facendo ripartire il Sud, generando un effetto moltiplicatore della crescita nazionale. Al Mezzogiorno sono state sottratte in questi anni risorse ordinarie e straordinarie. Le scelte rigoriste della finanza pubblica hanno aggravato la situazione soprattutto sul capitolo investimenti, i vincoli del patto di stabilità hanno ingessato i bilanci degli enti locali, impedendo di cofinanziare la spesa dei fondi comunitari che è definendo i settori strategici su cui concentrare investimenti per sostenere l’apparato industriale e rilanciare sull’innovazione per aprire nuovi mercati, in un’ottica euromediterranea.
Anziché il Ponte sullo Stretto, opera faraonica la cui utilità è tutta da dimostrare, si potrebbe investire nella qualificazione e nella ristrutturazione dell’edilizia scolastica meridionale, oltre che sostenere con un programma di dotazioni straordinarie i supporti per migliorare la qualità della didattica, con un importante investimento sull’istruzione dei giovani. In più, ci sarebbero le risorse per velocizzare delle tratte infrastrutturali regionali, sia su ferro che su gomma, attualmente non presenti nelle priorità individuate dal governo, ma che potrebbero modificare la qualità della vita delle persone e rappresentare un’agevolazione notevole per stimolare investimenti privati, anche nelle aree interne delle singole regioni. Ciò produrrebbe effetti immediati e non pluridecennali, più occupazione, servizi, beni durevoli e fattori di contesto utili alla competitività di sistema.

Come ha reagito la Cgil al fatto che i governo ha riunito le parti sociali solo dopo l’approvazione della Finanziaria?
Il governo ha approvato una Manovra largamente non condivisa. Le parti nella loro autonomia si sono riunite ed hanno convenuto un documento presentato al governo ed all’opposizione.
Noi come Cgil non condividiamo la richiesta che altri hanno prodotto sul tema della liberalizzazione e delle privatizzazioni ma sulla richiesta di cambiare la Manovra, rilanciare la crescita e lasciare le materie contrattuali all’autonomia delle parti sì. Il governo si è visto costretto a convocare le parti sociali, ma visti gli esiti ed i contenuti della Manovra, abbiamo agito nella nostra autonomia convocando lo Sciopero Generale per chiedere di cambiare radicalmente impostazione contenuti della Manovra stessa.

Le accuse che Tremonti ha lanciato contro la Guardia di Finanza, il fatto che la sua stessa reputazione si stata messa in discussione e il continuo decadimento della legalità nel nostro Paese sono fattori che possono influenzare negativamente il mercato finanziario e di conseguenza l’economia reale?
Tremonti avrebbe dovuto prima di tutto valutare l’impatto di dichiarazioni autorevoli nei confronti degli apparati dello Stato, così si rischia di minare la credibilità e la fiducia nello Stato. Forse avrebbe dovuto utilizzare altri modi e soprattutto verificati degli abusi agire conseguentemente. La Magistratura farà il suo corso nel mentre Tremonti dovrebbe ricordare che un Ministro della Repubblica quando fa delle dichiarazioni le dovrebbe fare consapevole della funzione istituzionale e questo vale in ogni circostanza, come quando ebbe a dire, alludendo ai Diritti del lavoro, che vi sono troppi “lacci e lacciuoli” per le imprese. Il maggior collaboratore dell’ex Ministro è sotto inchiesta, il governo di cui fa parte ha dato mostra di particolare opacità nell’esercizio di legalità. Se passa l’idea che diventa tutto un condono, che eludere ed evadere conviene, che anche se si dà una stretta sul sommerso non bisogna produrre uno Stato di Polizia, accertatore e punitore, come ha dichiarato Paolo Romani, scudi fiscali e diminuzione dei controlli e delle ispezione hanno di certo un impatto sui comportamenti generali ed anche su quelli economici.
Le politiche di deregolamentazione, derogatorie, in definitiva, favoriscono una generale caduta di Legalità perché se non ci sono più regole che sovrintendono i comportamenti collettivi ed individuali, non c’è più alcun contratto sociale, non c’è più la condizione di ciò che è conforme alle leggi, alle norme e chi soccombe sono i soggetti più deboli che non hanno più garanzie di uguaglianza a prescindere dai propri mezzi.
Per questo crediamo che occorra rilanciare e riaffermare una grande stagione di contrattazione che assuma la Legalità in campo economico come un presupposto allo sviluppo e fondamento della coesione sociale.
Se è lecito premiare i furbi perché gli attori finanziari ed economici dovrebbero adeguarsi al controllo di legalità rinunciando ai profitti? Eppure la risposta alla domanda è nelle pagine di storia degli ultimi tre anni senza una governance dell’economia la speculazione finanziaria produce effetti sui mercati che impattano l’economia reale.
Alla fine della giostra il rischio è che la crisi la paghino i soggetti più deboli, i lavoratori e i pensionati, che nessuno si occupi più di ripristinare il primato della politica cioè della governance dei processi finanziari ed economici, e che passata la bufera quello che rimane è una grande ipoteca sul futuro delle nuove generazioni.


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