Gli elicotteri volteggiano sul marmoreo edificio dell’Onu vicino al Circo Massimo a Roma. L’occhio esperto intravede sui tetti delle case intorno le sagome scure delle Squadre speciali. Le vie d’accesso sono controllate da pattuglie di uomini in armi.
Verosimile pensare a una guerra o un attentato. Dalle auto blindate che s’arrestano con stridore di gomme scendono uomini in completi grigi, tuniche o vestiti orientali, protetti da giganti di scorta. Sono i delegati dell’assemblea della Fao venuti a parlare di “crisi alimentare nel mondo”. Nel paradosso delle misure da scenario atomico, c’è davvero la “bomba” che tutti conoscono, temono ma nessuno riesce o vuole disinnescare: la fame nel mondo.
Ne parlano 44 capi di Stato, delegati di 181 Paesi, 5.559 partecipanti, tra 1.298 giornalisti. “Il mondo ha bisogno di 30 miliardi di dollari l’anno per permettere agli 862 milioni di affamati di godere del diritto umano alla nutrizione, dunque alla vita” esordisce lo scuro Jacques Diouf, direttore generale.
I discorsi dei leader si succedono per giorni tra appassionate disquisizioni e divergenze, sottili distinguo sul riscaldamento globale del pianeta, se inserire il problema “fame” nel protocollo di Kyoto, se e come contrastare la produzione di biocarburanti, su politiche liberali o protezionistiche.
Le decisioni si impantanano nelle schermaglie procedurali e diplomatiche giungendo a frasi che dicono senza dire. Rischiare di giungere ad un nulla di fatto? No, occorre giustificare alla fine viaggi e coscienza. Ecco l’applauso liberatorio del Comitato che evita in extremis la votazione ad appello nominale dell’Assemblea. Che importa se il problema non è stato realmente affrontato.
Diversi Stati pongono riserve a verbale. “Tante parole, nessuna soluzione” boccia il Vaticano. “Il documento è assai deludente rispetto alle ambizioni iniziali” ammette il nostro ministro Frattini. Restano le cifre dello stesso Diuof: “Il mondo ha speso 1.200 miliardi di dollari in armi; negli ultimi venti anni gli aiuti all’agricoltura sono dimezzati e da essa dipende la sopravvivenza del 70% dei poveri che vivono in aree rurali. Vengono sempre più utilizzati miliardi per sottrarre al consumo umano tonnellate di cereali destinati alla produzione di carburante”.
Le organizzazioni non governative del forum “Terra Preta” denunciano: “I vertici economici e politici si stanno arricchendo con la crisi alimentare... I piani di aggiustamento strutturale della banca mondiale e del fondo monetario internazionale hanno creato le condizioni per ricorrenti crisi alimentari. E’ necessario resistere al controllo dell’alimentazione e dell’agricoltura da parte delle multinazionali, combattere le speculazioni finanziarie, evitare la produzione e l’esportazione di biocarburanti, favorire un modello di sviluppo che metta al centro la sovranità alimentare”. Hanno torto? Il meeting è finito. Nessuna decisione, ma sono stati annunciati circa otto miliardi di dollari... La coscienza è salva.
Chissà quanti torneranno nelle casse dei ricchi Stati “aiutanti”, quanti nelle casse delle multinazionali, quanti si perderanno nelle forti o fluide ganasce della democrazia, delle oligarchie dei poveri Paesi “aiutanti”.
Riflettiamo. Diceva don Primo Mazzolari: “Qualcuno che ha grossi interessi soffia sulle nostre ingenuità e fa diventare ateo e materialista chi alza solo un po’ la voce nel dire ‘Signore dacci oggi il nostro pane quotidiano’”.
Gli elicotteri si allontanano, le auto blu sfrecciano. I delegati tornano a casa, Mugabe in Zimbabwe, altri in India, Cina, Uganda... qualcuno con cravatte nuove e qualche valigia in più. Ma quanto sarà costata quest’Assemblea e nel frattempo quanti affamati, specie bambini, sono morti? Si fa presto a dire fame.
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