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Novembre-Dicembre/2011 - Articoli e Inchieste
Sicurezza
Parole e sparatorie
di Gastone Scarpa

Roma sembra essere tornata quella
degli anni settanta, gli interventi non sembrano
sufficienti ad arginare la criminalità piccola
e grande. Anche i politici sembrano spiazzati, le loro azioni
appaiono prive di efficacia e le loro dichiarazioni buone solo per la stampa



Roma vive un periodo caratterizzato dal colore rosso del sangue. Dall’inizio dell’anno fino a settembre ci sono stati 28 delitti, il triplo di Napoli. Esecuzioni, sparatorie, incendi e violenza, le Forze dell’ordine sembrano impotenti, i politici invece adottano soluzioni più mediatiche che reali. «Noi – ha affermato il sindaco Alemanno – stiamo sollecitando una forte risposta da parte dello Stato. I reati che ci preoccupano di più sono sette omicidi irrisolti che hanno il sapore di un regolamento di conti: situazioni in cui si è sparato, si è accoltellato, e sono omicidi di cui non si è trovata la causa». «Noi chiediamo con forza agli inquirenti – ha proseguito il sindaco – di individuare la spiegazione di questi omicidi: è un arrivo della criminalità organizzata su Roma? Sono bande territoriali che si armano per andare ad affrontare le loro questioni non più con risse ma con armi, pistole e coltelli? Dobbiamo avere queste risposte, e spetta allo Stato darcele».
Mentre la Capitale diventa terreno di scontro tra realtà criminali diversificate, il recente piano sicurezza del sindaco prevede più agenti e meno scorte, far diventare reato la prostituzione e regolamentare i cortei. Questo il cuore dell’incontro, avvenuto in Campidoglio, tra il sindaco Gianni Alemanno e l’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni. «Il primo punto ha riguardato la presenza di organico sul territorio, che complessivamente tra Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Municipale. Ha una carenza di circa 2-3 mila persone» ha dichiarato Alemanno. «Oltre ai 160 che staranno arrivando, abbiamo chiesto la rivalutazione delle piante organiche, fatte probabilmente in altri tempi, con altre situazioni economiche - ha proseguito - il ministro ha indicato il suo impegno in questo senso che prevederà anche un piano per risolvere il problema delle scorte, con una riduzione dell’utilizzo di personale». Il Patto, quasi a prevedere un autunno caldo, passava anche per una nuova regolamentazione dei cortei. «Non c’è nessuna interferenza tra manifestazioni e criminalità - ha detto Alemanno - ma le manifestazioni assorbono tantissime Forze dell’ordine che vengono sottratte al territorio. Bisogna trovare un equilibrio e fare in modo che le manifestazioni abbiano un impatto sostenibile sulla città».
Frasi che sembrano comunque diverse da quelle di quest’estate, come se “l’emergenza criminalità” fosse stata risolta. Sembra il classico gioco dello “scarica barile”, ora che la “movida violenta” degli anni passati sembra un ricordo piacevole e la “vera” criminalità comincia a far sentire il suo peso, le parole di giugno del sindaco sembrano buone solo per i media meno attenti. Il 27 giugno, infatti, durante la firma del Protocollo d’intesa contro le infiltrazioni della malavita nel commercio e nelle aziende, Alemanno aveva dichiarato: «Roma non è a rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata in modo stabile ma di infiltrazioni nel tessuto economico, attraverso il riciclaggio e l’acquisizione di attività commerciali». Anche il prefetto Giuseppe Pecoraro ha affermato che «non c’è nessun controllo da parte della criminalità organizzata ma tentativi di infiltrazione, di riciclaggio di denaro sporco, tentativi di interferenza nelle vendite immobiliari». Come abbiamo visto l’estate di sangue ha cambiato drasticamente le dichiarazioni. «Nell’incontro in Campidoglio con l’ex Ministro Maroni, il sindaco aveva elencato un’altra lista di buoni intendimenti per assicurare a Roma meno omicidi e violenze. Dopo oltre tre anni i romani si aspettano i fatti e non le parole. Alemanno ormai ha fallito anche sul tema della sicurezza e non è più credibile». Lo dichiarava in una nota Enzo Foschi, consigliere del Pd alla Regione Lazio.
Resoconto estivo
Ripercorrendo i fatti di cronaca nera della Capitale, scopriamo come oltre ai fatti di sangue legati alla criminalità organizzata sono avvenuti anche omicidi e crimini “comuni”. Il “problema sicurezza” sembra non essere più di moda, le campagne elettorali sono lontane, e i tagli alle Forze dell’ordine forse si cominciano a far sentire.
Facciamo un po’ di ordine, partendo dall’esecuzione del fattorino diciottenne che ha colpito l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori.
«Gli hanno sparato quattro colpi con una pistola semiautomatica calibro 765» nell’irruzione in una pizzeria in via Frascineto, a Morena, Roma Sud, fra un supermercato e un piccolo centro commerciale. Il ragazzo, 18 anni, Edoardo Sforna detto «Dodo», incensurato, è morto nel Policlinico di Tor Vergata nella notte tra martedì 23 e mercoledì 24 agosto. I due sicari sono fuggiti a bordo di uno scooter scuro. «Al momento dell'agguato - riporta il Corriere della Sera - c'erano due o tre persone che hanno assistito alla scena». Molti di loro hanno denunciato il ritardo nei soccorsi. «Abbiamo aspettato circa 40 minuti l’ambulanza - afferma il titolare della pizzeria Magdy Jonues -, l’abbiamo chiamata almeno dieci volte. Edoardo poteva salvarsi se fosse stato soccorso in tempo». La Direzione di Ares 118 risponde che «la chiamata per il soccorso in questione è arrivata alla Centrale Operativa 118 di Roma alle ore 21.57 per concludersi un minuto dopo: il richiedente riferiva in stato di shock di un paziente a cui avevano sparato. L’ambulanza, inviata dalla postazione territoriale di Cinecittà, è giunta sul luogo dell’evento alle ore 22.12 ed ha caricato il paziente sul mezzo di soccorso alle ore 22.14. Il ragazzo è giunto presso il pronto soccorso dell’ospedale Policlinico Tor Vergata alle ore 22.17. Dalla chiamata del richiedente all’arrivo in ospedale del paziente sono quindi trascorsi 20 minuti».
Accantonate le polemiche, le indagini si svolgono a tutto campo alla ricerca di un movente: «tra le prime ipotesi - spiega il Corriere -, ancora molto sommarie, c'è quella che Sforna potrebbe essere stato ucciso a seguito di un contrasto personale, ma si scava nella vita del ragazzo - che era incensurato - alla ricerca di qualsiasi elemento che possa aprire altre piste. Il giovane, infatti, è definito da tutti “un bravo ragazzo”: aveva compiuto 18 anni ad aprile, fidanzato, studente in un istituto superiore di Ciampino, bagnino nella piscina comunale, per l'estate aveva iniziato a lavorare nella pizzeria, come fattorino». Inoltre il ragazzo era anche un volontario della Croce Rossa Italiana. «Dodo» faceva parte del Gruppo Pionieri di Ciampino, sezione giovanile dell'associazione alla quale possono partecipare ragazzi tra gli 8 ed i 25 anni al termine di un corso di 13 incontri. Edoardo partecipava attivamente alle iniziative della Croce Rossa, compresi i campus estivi insieme con gli amici. L'ultimo era stato organizzato a luglio, a Ciampino. Ed ora ci si chiede il perché di un omicidio che sembra un’esecuzione in stile mafioso. Quali dinamiche hanno portato ad un gesto così sconsiderato come la morte di un ragazzo. Due giorni dopo l’omicidio viene ritrovato, a pochi chilometri dalla pizzeria, uno scooter bruciato. Negli ambienti investigativi si ipotizza che il mezzo sia quello usato dal killer e dal suo complice per raggiungere la pizzeria di Morena dove è avvenuto l’agguato. I Carabinieri sono impegnati nei rilievi per cercare di risalire al numero di telaio. «La carcassa e i due caschi - scrive il Corriere - sono stati trovati vicino l'Anagnina, verso Tor Vergata, recuperati e portati nel laboratorio di analisi, per cercare qualche traccia e risalire al numero del telaio. Ma sia lo scooter che i caschi risultano malridotti. Intanto i Carabinieri del nucleo operativo di Frascati continuano ad ascoltare parenti e amici del ragazzo».
A luglio c’era stata un’altra sparatoria, questa volta a Ostia e per motivi apparentemente molto diversi. Il giornalista Umberto Faraglia racconta l’accaduto: «Due filippini sono stati feriti da alcuni colpi d'arma da fuoco sparati all'alba sulla spiaggia di Ostia, in prossimità del lungomare Duca degli Abruzzi all'altezza di piazza Gasparri. I due filippini, di 35 e 46 anni, sono stati colpiti ad una gamba ed una mano. Medicati all'ospedale San Camillo hanno prognosi inferiori ai 40 giorni e non sono in pericolo di vita. Incerta, a quanto si apprende dalla Polizia, la dinamica del ferimento avvenuto intorno alle 5 da parte di un uomo a bordo di un motorino scuro che indossava un casco». Il movente sembra essere scaturito per una lite scoppiata tra un gruppo di filippini, i quali solitamente vendono mercanzia in dei banchetti collocati sul lungomare e la notte dormono sulla spiaggia, e tra alcuni romeni, uno dei quali è stato visto tornare armato sulla spiaggia a bordo di un motorino.
Sempre nel quartiere di Ostia, nella notte tra martedì e mercoledì 27 luglio, è scoppiato un grave incendio doloso. «Un ristorante della cittadina balneare è stato semidistrutto. Intervenuti per domare le fiamme, i vigili del fuoco hanno dovuto evacuare numerosi abitanti degli edifici circostanti».
E per chiudere il cerchio dei fatti che non possono essere direttamente collegati alla criminalità organizzata, c’è il pestaggio avvenuto a maggio a Montesacro. «Sei persone a volto coperto avrebbero circondato e picchiato Luca Blasi, un attivista del centro sociale “Horus” in un agguato sotto la sua abitazione. L'episodio a meno di due settimane da un altro pestaggio ai danni di tre giovani di sinistra, nel quartiere Talenti, per il quale erano stati inizialmente accusati giovani di “CasaPound”. Secondo Maria Gemma Azuni e Michela Pace, rispettivamente consigliere comunale e municipale di Sinistra Ecologia e Libertà (Sel) si tratta di un episodio di violenza politica, l'ennesimo nel IV Municipio, contro chi è impegnato nel sociale e nella valorizzazione e nel recupero del territorio». Il giovane ha subito denunciato l’accaduto alla Polizia: «in sei a volto coperto lo hanno aspettato sotto casa e hanno tentato di sfregiarlo con una bottiglia rotta - racconta Emiliano, un altro attivista dell'Horus - se non si fosse difeso sarebbe stato un omicidio. Luca negli ultimi tempi è stato fatto oggetto di una campagna d’odio su “YouTube” organizzata da CasaPound».
Meno di un mese dopo avviene il pestaggio, nel rione Monti, che ha portato al coma del musicista di 29 anni Albero Bonanni, aggredito a calci e pugni. Linciaggio quest’ultimo per il quale sono stati arrestati un quarto e un quinto aggressore. Andando a ritroso, il 20 giugno a Quarto Miglio, in un campo, un pastore di 78 anni, Sabatino Onofri, viene trovato morto, ucciso a bastonate. Il 14 giugno, Marco Calamanti, 47 anni, viene aggredito in strada a San Basilio e ucciso con un colpo in testa con un crick per questioni di debiti. Lo stesso giorno a Tor Sapienza Paolo Mistretta, 24 anni, in preda a un raptus ha ucciso a coltellate la nonna e ferito la sorella.

Le mafie a Roma e la loro (in)-visibilità
All’inizio sembrava un agguato mirato a gambizzare, poi gli inquirenti hanno appurato che gli uomini mandati in via Pietro Bembo, nella zona periferica di Primavalle-Torrevecchia, hanno sparato per uccidere Simone Colanesi. «La sparatoria - scrive il Corriere - è avvenuta all'altezza del civico 39: la vittima, un giovane di 30 anni, pregiudicato, è stata raggiunta a bordo di uno scooter da alcuni colpi di arma da fuoco che lo hanno ferito all'addome, alla schiena e all'inguine». La Squadra mobile di Roma sta indagando per capire se i retroscena dell'agguato siano legati o meno a «tessuti criminosi». Una cosa è certa,: tre settimane prima c’era stato l’assassinio in Prati di Flavio Simmi, ucciso da due killer in moto con nove colpi di pistola. Nello stesso quartiere, questa volta l’otto aprile, era stato freddato anche Roberto Ceccarelli, «un altro agguato con gambizzazione della vittima» era stato messo a segno il 10 luglio scorso al Tiburtino.
Tra le prime reazioni c’è quella dell'esponente del Pd Walter Veltroni, già sindaco della Capitale. «Ormai la situazione a Roma è drammatica come dimostra il quarto omicidio in pieno giorno in mezzo alla strada. È un gravissimo errore sottovalutare il clima di violenza che si respira e la velocissima penetrazione delle organizzazioni criminali nell'economia e nel territorio della città. Tutte le forze politiche e soprattutto le Istituzioni non possono rinunciare a capire le dimensioni di questo fenomeno e a combatterlo con mezzi adeguati. È una sfida che riguarda Roma e l'intero Paese».
L’omicidio che più ha preoccupato gli esperti ed i giornalisti è stato quello avvenuto in via Riccardo Grazioli Lante nel XVII municipio. Sembrerebbe un passaggio di consegne tra criminali locali e criminalità organizzata proveniente dal Sud. «Il padre della vittima - riporta Paese Sera - fu coinvolto, nel 1993, nell'ambito dell'operazione "Colosseo" contro la potente organizzazione criminale romana» della “Banda della Magliana”. L’uomo era già stato gambizzato in piazza del Monte di Pietà, nel febbraio scorso, al tempo si parlò di movente passionale, nonostante lo scetticismo degli inquirenti. «Flavio Simmi, 33 anni, si trovava al volante della propria auto, una Ford Ka grigia, fermo al semaforo. Con lui una donna. La vettura poi sarebbe stata avvicinata dal killer che avrebbe esploso più colpi di pistola mentre l'uomo cercava di uscire fuori dalla macchina senza riuscirvi e restare con i piedi incastrati nell'abitacolo e il corpo riverso sull'asfalto. Ancora da chiarire la dinamica dell'omicidio. Sette sarebbero i colpi esplosi dal killer contro la vittima». Gli inquirenti stanno cercando testimonianze per stringere il cerchio sugli autori dell'omicidio. Movente, numero dei killer, tra i principali nodi da sciogliere. Per il Silp-Cgil non ci sarebbero dubbi, «le modalità di esecuzione del delitto sembrerebbero tipiche del codice mafioso. I casi di malavita che vanno dall'usura allo spaccio di droga - denuncia il segretario del Silp-Cgil Roma, Gianni Ciotti -, sebbene siano isolati, dimostrano che a Roma c'è un vero e proprio controllo del territorio, non si tratta di un semplice regolamento di conti, c'è una guerra in atto tra bande di criminalità organizzata che vogliono conquistarsi l'egemonia sulla Capitale». Anche il Pdl romano sembra d’accordo. «L’assassinio avvenuto nel cuore del quartiere Prati-Della Vittoria dimostra - scrive in una nota Samuele Piccolo (Pdl), vicepresidente dell’Assemblea capitolina - che la zona è ormai terra di esecuzioni malavitose. Un omicidio efferato, violento, avvenuto in pieno giorno e a pochi metri dal Vaticano e che fa seguito all’analogo regolamento di conti avvenuto lo scorso aprile in piazza Mazzini quando venne ucciso davanti a decine di persone un imprenditore. Mi auguro fortemente che gli investigatori facciano immediatamente luce su questo nuovo agghiacciante episodio che rischia di trasformare Prati in una nuova Scampia». Filiberto Zaratti (Sel), Presidente della Commissione lotta alla criminalità del Consiglio regionale del Lazio, aggiunge particolari inquietanti. «L’omicidio in Prati e il maxi sequestro di beni immobili appartenenti alla ‘ndrangheta del clan Gallico di Palmi, sono due episodi di una lunga serie di gravissimi fatti criminosi che si susseguono a Roma e nella sua provincia. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a una vera e propria escalation criminale: omicidi, tentati omicidi, gambizzazioni, regolamenti di conti, incendi dolosi, sequestri di beni ai clan di ‘ndrangheta e camorra. Questo scenario impone una reazione delle istituzioni, lasciando da parte i tentativi di minimizzazione del fenomeno e le sterili polemiche. Per questo motivo ho scritto una lettera al Presidente della Commissione parlamentare antimafia, Senatore Giuseppe Pisanu, chiedendo l’apertura immediata di un’inchiesta sulle mafie a Roma e nel Lazio, visto che l’ultima è del 1994».

Una mappa
Ma è possibile fare una mappa delle mafie presenti a Roma? Carlo Tarallo, per Dagospia, lo ha chiesto a un colonnello dei Carabinieri che lavora nella Capitale, «uno che quando stava a Why Not City ha arrestato decine e decine di boss». «La più numerosa organizzazione criminale straniera a Roma è la Mafia Cinese, dedita alla falsificazione di prodotti di qualsiasi genere nel settore dell'abbigliamento. La Mafia Nigeriana si dedica all'importazione stabile di droga da Castel Volturno nel Viterbese. In termini numerici le altre comunità più importanti sono, nell'ordine, quella Polacca, Ucraina, Albanese, dello Sri Lanka e delle Filippine. In linea generale le cosiddette mafie etniche si radicano dove non esistono organizzazioni mafiose autoctone. La criminalità organizzata in genere “tollera” la presenza di consistenti comunità straniere e, in particolare, orientali ma non certo per ragioni "umanitarie". La criminalità straniera è infatti funzionale ai loro interessi illeciti, nei diversi settori: stupefacenti, ricettazione di merci rubate e, in particolare, traffico di documenti contraffatti, valuta falsa e contraffazione». Secondo il colonnello dei Carabinieri le organizzazioni criminali del Sud tenterebbero di inserire, «mediante prestanome», loro uomini in contesti locali dove ancora sono sconosciuti. Il Lazio, infatti, «costituisce una forte attrattiva per gli appetiti criminali. Dai recenti sequestri di beni e dalle numerose operazioni di Polizia giudiziaria di contrasto alla criminalità organizzata che vedono coinvolti sempre più soggetti attivi nella Regione Lazio si ritiene che ormai da tempo sia presente una testa di ponte della criminalità organizzata dedita al riciclaggio dei capitali. Sostanzialmente, negli ultimi anni, sono sempre di più i soggetti affiliati ad organizzazioni criminali del Sud che si trasferiscono nel Lazio per avviare attività commerciali, imprenditoriali e finanziarie in grado di riciclare capitali».
Ci sarebbe anche un vero e proprio patto per spartirsi la città. La Direzione Investigativa Antimafia di Roma, teorizza che «tra 'ndrangheta e casalesi sarebbe stato stipulato un patto sulla Capitale: ai boss calabresi i locali del centro storico, alla camorra il controllo degli ipermercati nelle periferie. In tal modo gli introiti puliti di hotel, ristoranti e negozi possono essere reinvestiti, in una catena infinita che non manca di infiltrarsi negli appalti per le opere pubbliche».
Nel basso Lazio sarebbe presente il Clan Moccia; i suoi esponenti avrebbero scelto la Capitale per l'attribuzione fittizia di beni, come rifugio di latitanti di spicco e come testa di ponte di soggetti dimoranti nella capitale per il traffico di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente destinati alla piazza di spaccio di Caivano, una delle più fiorenti della Campania dopo quella di Scampia. Il clan Anastasio, invece, sarebbe attivo ad Anzio, dove avrebbe costituito «una importante “base” per il riciclaggio di denaro proveniente dal traffico di sostanze stupefacenti con l'appoggio di gruppi criminali calabresi, sudamericani e albanesi-macedoni». Il clan reinvestirebbe parte dei proventi del traffico internazionale di droga «in società per la distribuzione all'ingrosso e al dettaglio di prodotti alimentari, specie nel Lazio, assicurandosi anche il riciclaggio del denaro sporco».
A Civitavecchia sarebbero presenti cellule del clan Gionta e del clan Gallo, provenienti dal Comune di Torre Annunziata. Le loro attività principali sono il riciclaggio e l'immissione di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente provenienti dalla Spagna.
Il senatore (Udc) Achille Serra, ex poliziotto, ex prefetto, in una recente intervista rilasciata ad Ernesto Menicucci, afferma che Roma oggi è «più violenta e cruenta di qualche anno fa: la presenza della camorra e della 'ndrangheta si è fatta più pesante, ci sono stati già moltissimi beni della criminalità sequestrati in pieno centro. È il segno che queste organizzazioni stanno cercando di mettere le mani su Roma».
Inoltre, per il senatore la sicurezza negli ultimi tre anni di governo di centrodestra non è affatto migliorata. «Nel 2008, quella che poi sarebbe diventata la maggioranza di governo sfruttò e utilizzò la morte della signora Reggiani, il sindaco Veltroni fu fatto oggetto di ogni tipo di critica, Berlusconi e Alemanno dissero che non ci sarebbero più stati omicidi, che sarebbero stati espulsi 20 mila clandestini, che sarebbero finite le violenze sessuali».
E poi? Chiede Menicucci. «Berlusconi, appena arrivato al governo, ha progressivamente tagliato il bilancio delle Forze dell'ordine per un totale di oltre 2 miliardi».
I numeri sembrano dare ragione a Serra, i dati del sindacato Silp Cgil sono chiari. «Ventotto i delitti dall'inizio dell'anno, per un trend che, se confermato, porterà a fine anno la cifra a 40 delitti. Il segretario provinciale del sindacato, Gianni Giotti, ricorda come nel 2010 gli omicidi a Roma sono stati 23 in tutto. A Bucarest lo scorso anno sono stati 23 e quest’anno 12, lo stesso numero di omicidi si è registrato, in questa prima parte dell’anno, a Madrid. A Londra dal luglio 2010 al luglio 2011 sono stati 125 in tutto i delitti. Ma se consideriamo che la capitale britannica conta 7 milioni e mezzo di abitanti e Roma 2 milioni e 765 mila, continuando così, in proporzione, alla fine dell’anno rischiamo di superare anche Londra». Anche i dati dell’Istat ci dicono che nel «Lazio la percezione di rischio - ovvero la percezione che le famiglie hanno del rischio di criminalità nella zona in cui abitano - condiziona la loro qualità della vita complessiva e costituisce, insieme ad altri aspetti, un importante indicatore di degrado. A livello regionale i valori più elevati sono raggiunti in Campania (40,2%), nel Lazio (37,7%) e in Lombardia (33,4%).

Iniziative sulle politiche per la sicurezza
«Dopo l'espletamento dei concorsi in atto, tra agosto e settembre, sono arrivati a Roma 300 carabinieri e 60 poliziotti in più. Nei mesi successivi, tra la fine dell'anno e la primavera, ci sarà un'ulteriore integrazione». Questo l’annuncio dato dall’ex sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, al termine del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, presenti il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, il questore Francesco Tagliente e il sindaco Gianni Alemanno.
«Nel nuovo Patto per Roma sicura bisognerà definire chi fa cosa, chi è il capofila nei diversi settori tra Guardia di finanza, Carabinieri, Polizia, Polizia municipale e provinciale - ha detto il sindaco Alemanno - La divisione dei compiti tra le diverse Forze dell'ordine non vuol dire che gli altri se ne possano lavare le mani; vuol dire che c'è un capofila che indirizza».
La riunione arriva dopo altri incontri sul tema e preannuncia un terzo Patto per Roma sicura «che dovrebbe essere firmato a settembre - ha continuato Alemanno - e che deve partire da un attento monitoraggio del secondo Patto». In pratica, si daranno per acquisite le cose già fatte come per esempio l'apertura della Sala Sistema Roma ma «ci sarà da fronteggiare anche la nascita di nuove emergenze come le infiltrazioni della criminalità organizzata e realizzare una nuova mappatura dei presidi».
Il problema, apparso evidente durante l’estate, è che forse questo patto per la sicurezza si è concentrato troppo sulla movida, addirittura creando un “modello stadio”, con la città divisa in nove aree. Da piazza Navona a Campo dei Fiori, dal Pigneto a Ponte Milvio. Una cosa che però il sindaco ha dimenticato di dire è che i Carabinieri che si sono trasferiti a Roma sono tutti stati assegnati alle stazioni e non sulle strade. Da un carabiniere, che vuole rimanere anonimo, ci arrivano anche delle dichiarazioni che suonano come una beffa per i cittadini e per gli operatori. «Quando sono stato trasferito a Roma, io vengo dalla realtà di Napoli e ho lavorato per anni sulle strade, mi aspettavo di andare al Nucleo Operativo, e invece sono finito in Stazione. Alle mie domande, ho subito cercato di essere spostato, mi hanno risposto che le decisioni erano “politiche” e che tutti gli uomini erano destinati alle Stazioni. In seguito ho scoperto che dove sono stato trasferito io, una zona centrale della Capitale, gli uomini destinati erano 10, a San Basilio, quartiere problematico, solo due».
Certo questo aumento degli uomini qualche traguardo lo ha raggiunto, il questore Francesco Tagliente ha rilasciato dei dati. «Sono aumentati arresti e denunce per furti del 17,36%, come anche quelli per rapina (+19,65%), con l’incidenza di stranieri passata dal 65,72% al 71,40% per i furti e dal 48,23% al 54,73% per le rapine. Il numero degli esercizi pubblici controllati è salito del 55,91%, mentre è raddoppiato quello dei provvedimenti di sospensione della licenza. E se sale il numero di arresti e denunce per ricettazione (+6,29%), c’è stato un abbassamento negli ultimi 12 mesi dei tempi di risposta del 113: da una media di 40,57 secondi a una media di 15,70 secondi».
Quindi che cosa è successo questa estate a Roma? «Assistiamo paradossalmente a una riduzione dell'organico in una città che dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato», scrivono il una nota Claudio Di Berardino, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Cosmo Bianchini, segretario generale del Silp-Cgil del Lazio e Gianni Ciotti, segretario generale del Silp Cgil di Roma. I fatti di sangue che hanno caratterizzato la città non fanno che avvalorare «le tesi da noi da tempo sostenute circa il problema della sicurezza e della legalità nella Capitale, acuendo ulteriormente il divario esistente fra sicurezza reale e quella mediatica. Non si può continuare ad andare avanti a colpi di spot. Mentre aumenta la presenza di clan criminali e si registra una escalation della delinquenza e della violenza - proseguono - assistiamo paradossalmente ad una riduzione dell'organico in una città che dovrebbe avere un numero di poliziotti adeguato. Occorre - concludono - mettere in atto politiche vere per la sicurezza che consentano anche di arrivare a una riorganizzazione e a una razionalizzazione dell'utilizzo delle Forze dell'ordine e torniamo a chiedere alla Regione Lazio su questi temi l'apertura di un tavolo interistituzionale permanente». Oltre al mancato coordinamento, da tempo denunciato, ci sono anche chiare scelte politiche atte a «penalizzare le Forze dell'ordine». L'accusa arriva da Claudio Giardullo, segretario generale del sindacato di polizia Silp-Cgil. «Il governo - lamenta Giardullo - con accanimento degno di miglior causa, smentisce se stesso e reintroduce con la nuova manovra finanziaria il mancato pagamento delle indennità accessorie, per i primi dieci giorni di malattia, agli operatori di polizia che si ammalano, anche per causa di servizio, quando non sono impiegati in attività che la norma definisce genericamente “operative”. Insomma - conclude - questo governo non riesce proprio a uscire dalla logica degli annunci non seguiti dai fatti e riconoscere agli operatori delle forze di polizia ciò che tutto il Paese, sul piano della professionalità e dell'impegno, riconosce da tempo».

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