Nella seconda pagina del “libretto” che contiene
i testi, divisi per titolo, delle nostre analisi
e delle nostre proposte operative ,con le quali diamo
corpo alla campagna della Cgil “Per la Legalità Economica”, abbiamo
voluto inserire una frase di Giuseppe Di Vittorio che, seppure
pronunciata in un tempo dove il tema delle mafie, della corruzione, della legalità
non aveva i contenuti e i significati che hanno assunto
nel nostro tempo, rende chiaro il rapporto forte che esiste
fra dignità e libertà. La frase dice: “le parole ti insegnano la dignità
e se tieni la dignità tieni la libertà”
In una fase politica dove quotidianamente siamo impegnati a difendere, a tutelare, a ricordare a molti smemorati il significato e il valore che, in una società civile, ha la dignità del lavoro, non potevamo che partire da qui, per lanciare una tema così impegnativo, dove la prima vittima della illegalità è proprio la dignità delle persone e quindi, come ci ricorda la frase di Di Vittorio, la libertà.
L’aspetto che infatti a me preme più di altri sottolineare, e che in qualche modo considero la chiave di lettura della nostra proposta, è rappresentato dall’idea, dalla convinzione, che il nostro contributo per conquistare un Paese “normalmente legale”, passa necessariamente dall’esercizio contrattuale che sapremo dispiegare sui temi che abbiamo proposto.
D’altra parte sappiamo perfettamente di vivere in un Paese che, schiacciato dal peso di fenomeni di illegalità, diffusi e trasversali, non solo lo rendono economicamente debole, ma ne riducono anche, e soprattutto, i margini di contrattazione e di mediazione sociale.
A pagina nove del nostro “libretto”, nel capitolo “L’economia criminale: il prezzo del disonore”, è riportata una frase, tratta da un saggio di Carlo Trigilia, che rende bene l’idea del nesso che esiste fra dignità, libertà e contrattazione. La frase dice: «Una schiera crescente di imprenditori si muove alla ricerca di forme di adattamento attraverso accordi e accomodamenti di tipo collusivo con il potere politico e, nelle zone di mafia, con il potere mafioso. Può trattarsi di una disponibilità più o meno attiva, a volte anche inconsapevole, a volte invece fonte di sollecitazioni sempre più esplicite. Si realizza così quell’adattamento verso il basso in favore dell’economia illegale e dell’economia sommersa attraverso un sistema di alleanze e di complicità con la criminalità organizzata».
Vorrei tuttavia sostenere questo concetto, contenuto nella affermazione di Trigilia, con uno dei tanti esempi che si possono mutuare dalle esperienze nelle quali le diverse strutture di categoria o confederali si sono sicuramente imbattute.
Un giorno di qualche anno fa, il 26 giugno del 2008, un lavoratore che operava in una discarica, manovrando una macchina operatrice, muore per una esplosione causata da un accumulo di bombolette spray che contengono gas e che non sono completamente vuote. Il suo compagno di lavoro rimane gravemente ustionato. Scattano le indagini dei carabinieri del Noe (Nucleo Operativo Ecologico) per accertare le cause dell’incidente e si scopre che in quella discarica venivano confluiti rifiuti classificati “normali”, che in realtà erano di natura “tossica o nocivi”. L’indagine si allarga e si scopre che le aziende, dalle quali provengono quei rifiuti appartengono a due noti gruppi industriali del Nord, i quali riutilizzano quegli stessi rifiuti ricomposti dall’impianto di smaltimento, attraverso un’altra impresa, appartenente allo stesso gruppo, che, operando in un altro settore, li colloca sotto le strade o le piazze d’Italia. Il giro di affari è enorme: svariati milioni di euro di lucro, danno all’erario per l’evasione dell’eco-tassa.
Questa vicenda parla da sola e rende evidente il ciclo di connivenze che l’ha resa possibile: l’impresa che produceva i rifiuti e che opera per innescare il sistema illegale, i dirigenti della Asl che hanno certificato il falso, i responsabili della azienda di smaltimento che non potevano non sapere.
Tutto questo ciclo, fatto di illegalità, di tangenti, di corruzione, alla fine dove approda? Approda alla morte di un lavoratore, ignaro o forse addirittura ricattato. Approda anche a piccoli o grandi disastri ambientali, là dove quei rifiuti tossici e nocivi, fatti passare per normali, vengono depositati e riutilizzati.
Questa vicenda ci racconta molte cose, ma ci dice innanzitutto quanto sia importante il nostro ruolo di agenti contrattuali per realizzare il cambiamento di una situazione di illegalità che strangola il lavoro e impedisce lo sviluppo.
La scelta che facciamo è una scelta difficile, impegnativa, ma è una scelta fatta nella consapevolezza che un sindacato non può fermarsi, cosa importante che dobbiamo continuare a fare, a denunciare, a dire agli altri, alla politica, alle istituzioni, agli organi preposti al controllo e alla azione di contrasto alla criminalità, che cosa è necessario fare. Proprio perché siamo un sindacato dobbiamo assumerci la responsabilità di agire in prima persona attraverso lo strumento che ci è più naturale: la contrattazione.
In questo nostro agire, io vedo tre aspetti che prioritariamente dobbiamo considerare.
Primo. Il cambiamento si realizza con il concorso di tanti. Perciò dobbiamo avere l’accortezza di costruire un forte consenso sociale e una rete diffusa di alleanze.
Secondo. Il cambiamento si realizza se la nostra azione contrattuale e la nostra iniziativa politica saranno capaci di durare nel tempo.
Terzo. Il cambiamento si realizza se partiamo dal cambiamento di noi stessi, dei nostri modi di operare, delle priorità politiche che, su questo tema, sapremo portare nell’agire contrattuale.
Una campagna dunque che per l’appunto non vuole essere né una raccolta di firme, né un semplice slogan pubblicitario.
Non partiamo da zero. Le categorie, le diverse strutture territoriali confederali hanno maturato, seppure in maniera disarticolata, talvolta lacunosa e non omogenea, esperienze importanti che rappresentano un patrimonio non indifferente. Penso ai protocolli di legalità, alla definizione di linee guida negli appalti di grandi opere, per tutti quello di Cannitiello e più recentemente ad Expo 2015 a Milano e in Lombardia, alle leggi regionali sugli appalti frutto della nostra iniziativa, spesso congiunta, fra confederazione e categorie, ad alcune importanti esperienze di contrattazione sociale sui temi del welfar e della sicurezza dei cittadini. Si tratta di imprimere adesso un cambio di passo; di dare organicità e sistematicità alla nostra azione, di sperimentare una confederalità costruita dall’incrocio fra categorie e strutture confederali territoriali. La macchina è già in moto. Penso alle numerose e importanti iniziative che le categorie e le strutture territoriali hanno già in organizzato con l’obbiettivo di costruire un quadro di riferimento contrattuale ed operativo sui temi della legalità.
Dentro a questo quadro e a questa prospettiva, l’obbiettivo di realizzare un progetto formativo rivolto a 100 delegati e quadri sindacali, che, individuati insieme alle categorie e alle strutture territoriali confederali, saranno a loro volta i protagonisti di una identica azione formativa decentrata, rappresenta una chiave di volta, il punto di saldatura e di continuità fra l’azione contrattuale e il processo di cambiamento che siamo chiamati ad imprimere.
Il progetto è già iniziato con un primo Seminario che si è svolto il 24 di Ottobre e che ha visto la partecipazione di 80 delegati e quadri provenienti dalle diverse strutture della Cgil e delle Categorie. Proseguirà con altri seminari di approfondimento che si svolgeranno da febbraio 2012 a giugno 2012. A questo proposito abbiamo individuato tre temi prioritari e concreti sui quali sperimentare e verificare la nostra azione contrattuale. I temi sono: gli appalti; i beni sequestrati e confiscati; la sicurezza dei cittadini. Non sto qui a spiegare le ragioni di questa scelta e tanto meno i contenuti di ognuno di questi tre capitoli. Le esperienze fatte, le emergenze che incontriamo ci rivelano ampiamente che da lì dobbiamo passare per dare una svolta significativa alla situazione che vogliamo cambiare.
Ciò non esclude ovviamente la realizzazione di altri momenti simili su altri temi, qualora altre strutture volessero dedicare attenzioni specifiche fra gli obiettivi contenuti nella Campagna per la Legalità Economica.
Abbiamo dunque avviato un progetto molto impegnativo di cui abbiamo descritto le motivazioni,i contenuti,gli obbiettivi,gli strumenti e i modi con i quali pensiamo di realizzarlo.
Il tempo che va da qui alla fine del 2012 rappresenta il tempo significativo e ragionevole da dedicare alla iniziativa politica nostra. Alla fine di questo tempo faremo le nostre considerazioni su quanto e su come la situazione di oggi si sarà modificata in virtù della nostra azione contrattuale. Faremo uno step intermedio, forse due. Credo che possa essere utile per verificare il rullino di marcia, raccordare eventualmente i suoni, socializzare le esperienze e farne tesoro. Oltre agli strumenti noti di cui disponiamo, potremo contare anche su uno strumento come il sito dedicato alla campagna, che oltre ad essere un aiuto al nostro lavoro,sarà una finestra preziosa di comunicazione e di contatto con la realtà esterna.
Forse ci siamo complicati la vita (è una cosa alla quale siamo abituati), ma ci conforta questa buona partenza sostenuta da una consapevolezza collettiva.
Infine una considerazione di ordine generale che nasce dai fatti recenti e per certi versi drammatici della crisi economica, della manovra finanziaria e degli attacchi speculativi ad un Paese come l’Italia che purtroppo deve fare i conti, fra le altre cose, con un deficit pubblico ormai al 120% e con una situazione dove il Pil cresce meno degli interessi che lo stato deve pagare sui prestiti finanziari acquisiti.
C’è un nesso fra tutto questo e la questione “Legalità economica”?
A guardar bene credo proprio di sì. Siamo infatti di fronte ad un fenomeno, come la stessa Banca d’Italia definisce, ”endemico” del rapporto mafia-affari-politica, che porta il costo della corruzione, secondo le stime della Corte dei Conti, a 60 miliardi di euro, con un incremento del 30% rispetto all’anno precedente. Così come risulta altrettanto rilevante la cifra di 135 miliardi di euro relativa al fatturato complessivo delle mafie, che a sua volta produce un utile che raggiunge i 70 miliardi di euro al netto di investimenti e accantonamenti. Attività imprenditoriali, prostituzione, proventi finanziari, ecomafie, gioco d’azzardo sono alcune delle voci che compongono fatturato e utili della criminalità organizzata.
Tutto questo per dire che va bene affrontare l’emergenza (magari andrebbe ancora meglio se si affrontasse con un altro metodo e altri contenuti rispetto a quelli che il governo Berlusconi ha usato), ma se contemporaneamente non si affrontano i nodi strutturali che strozzano il paese, come è il nodo “Legalità”, squesto paese non ritroverà i margini necessari alla costruzione di una ripresa economica e produttiva.
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