Il giorno 29 settembre, a partire dalle ore 15, presso la piazza del Pantheon a Roma, si è svolta la manifestazione promossa dal “Comitato per la libertà e il diritto all’informazione, alla cultura e allo spettacolo”, per esprimere il dissenso di parte della società civile contro il Ddl intercettazioni, che nella prima settimana di ottobre inizierà il suo iter parlamentare.
Alla manifestazione erano presenti esponenti del mondo dell’informazione, come il Presidente dell’Ordine Nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, l'Usigrai, la Fnsi con il suo presidente Roberto Natale, l'Associazione Cronisti e le rappresentanti della neonata Unione delle Giornaliste Unite Libere Autonome, denominata Giulia, tra cui le giornaliste Rai Maria Luisa Busi, che ne è stata la portavoce e Tiziana Ferrario.
Hanno aderito inoltre parlamentari di Pd, Idv, Verdi, Federazione della sinistra e di Fli. Nel parterre anche rappresentanti di Articolo 21 (associazione e giornale on-line per la libertà di stampa) con il portavoce Giuseppe Giulietti, e poi Rete Viola, Libertiamo.it, alcuni sindacati, e i blogger, con l’associazione Agorà.
Alcune centinaia di cittadini, riuniti nella bella piazza romana colorita anche da pittoreschi cartelli e bandiere, hanno ascoltato i vari interventi, che avevano tutti il comune denominatore del “ NO” ad un provvedimento ritenuto in contrasto netto con l'articolo 21 sulla libertà di informazione della Carta Costituzionale, tanto da essere definito una legge bavaglio.
Pienamente convinti dell’incostituzionalità del progetto di legge che è al vaglio del Parlamento, i manifestanti promettono, qualora venisse approvato, di adire la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e, in extremis, dichiarano che sarebbe comunque giusto pubblicare le intercettazioni, come atto di “disobbedienza civile”.
Oltre alle suddette perplessità, espresse in merito al Disegno di legge Alfano nella sua interezza, abbiamo registrato una particolare attenzione dei comuni cittadini, che sono gli utilizzatori e frequentatori abituali del mondo di internet, alla cosiddetta norma “ammazza-blog” * , ovvero il comma 29 dell’art. 1 del Ddl.
Così come scritta, tale norma potrebbe rappresentare un duro ostacolo alla libertà di espressione di chi utilizza il web per manifestare il proprio pensiero, ovvero milioni di cittadini, attraverso blog, siti e social-network.
La norma prevede la possibilità di imporre ai gestori di tutti i siti informatici, l'obbligo di rettifica di ogni contenuto pubblicato, dietro semplice richiesta, fondata o meno, del soggetto che se ne ritenga leso. La rettifica va pubblicata entro due giorni dalla richiesta, e la richiesta può essere inviata con qualsiasi mezzo, anche una semplice mail.
La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”, ma ad essa non possono essere aggiunti commenti. Nel caso di mancata pubblicazione di rettifica, nei termini previsti, scatterebbe una sanzione fino a 12.500 euro.
E’ chiaro che una persona qualunque, senza le coperture legali e finanziarie di vere testate giornalistiche, difficilmente incorrerà nel rischio di esprimere una qualsiasi idea che possa anche solo vagamente essere considerata da terzi lesiva o scomoda, magari solo perché in contrasto apertamente con idee altrove espresse. Preferirà quindi sottoporsi ad una sorta di “autocensura preventiva”.
Al di là degli interessi dei “potenti” (che pure, secondo i convenuti alla manifestazione, hanno avuto peso nell’ideazione di questa norma), si potrebbe entrare in un circolo vizioso del tipo: io pubblico una mia idea, tu mi obblighi ad una rettifica, poi la pubblichi tu.. ed io ti obbligo ad una rettifica. Addio comma 1 dell’ art. 21 della nostra Costituzione: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
I blog in particolare, sono siti web, creati e gestiti GRATUITAMENTE da chiunque voglia farlo, e sono di solito utilizzati per veicolare idee personali, esperienze, emozioni, attività, tutto all’insegna della libertà di espressione e della creatività personale, che, nei limiti sacrosanti di legge e di buonsenso, non possono e non devono trovare alcun impedimento. Spesso inoltre, hanno rappresentato un sistema alternativo o integrativo di informazione, consentendo di accendere i riflettori laddove gli organi ufficiali di informazione sono stati carenti.
Ora, può un blog, magari curato da un adolescente, essere equiparato ad una vera e propria testata giornalistica?
L'associazione Agorà, che mette insieme una pluralità di bloggers italiani, sta coinvolgendo nel dibattito alcuni parlamentari più sensibili alle esigenze del popolo di internet, che hanno presentato, o si accingono a farlo, emendamenti alla legge, in particolare al comma 29.
I nomi di questi parlamentari sono disponibili sul sito www.agoradigitale.org , insieme agli emendamenti già proposti . Eleonora Bianchini, su un articolo del Fatto Quotidiano del 28 settembre, sottolinea però che, se il provvedimento sarà soggetto al voto di fiducia e dunque ad un’approvazione lampo, gli emendamenti non sarebbero neppure contemplati.
In merito alla norma “ammazza blog”, proprio durante la manifestazione del 29 settembre, abbiamo avvicinato il dott. Roberto Natale, Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi), chiedendogli: - “ i blogger sono davvero in pericolo, intendo anche non professionisti e giornalisti, cioè le persone comuni che cercano di esprimere le loro opinioni ( magari a volte semplici ragazzini o adolescenti), davvero potrebbero sborsare fino a 12.000 euro di multa? - Natale : - “ Questa cosa c’è nel testo che ancora non è stato modificato, c è al fondo un atteggiamento di ostilità da parte di troppa parte del mondo politico nei confronti della rete. Io credo che si voglia far pagare alla rete un ruolo di informazione libera, non controllabile, che in questi anni, in questi mesi, ha assolto a una funzione importantissima. Non ci riusciranno però - .
Per scoprire come andrà a finire questo braccio di ferro tra chi nel mondo politico vuole questa legge, e chi nella società civile la rifiuta, bisognerà seguire i lavori parlamentari, a partire dalla prima settimana di ottobre.
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NOTA
* Questa definizione in realtà fu già giornalisticamente utilizzata per il Ddl Levi-Prodi, risalente al 3 agosto del 2007 ed approvato in Consiglio dei Ministri il 12 ottobre del 2007, ma che non ha mai concluso il suo iter parlamentare.
Il disegno di legge ridefiniva i requisiti che un mezzo di informazione deve possedere per essere ritenuto un "prodotto editoriale", equiparando di fatto le testate giornalistiche informatiche a quelle cartacee.
Ridistribuiva di conseguenza anche le modalità per accedere ai finanziamenti pubblici. Definisce il "prodotto editoriale" come: "[..] qualsiasi prodotto contraddistinto da finalità di informazione, di formazione, di divulgazione, di intrattenimento, che sia destinato alla pubblicazione, quali che siano la forma nella quale esso è realizzato e il mezzo con il quale esso viene diffuso" (art 2, comma 1).
Definiva quindi le caratteristiche dell'"attività editoriale": "[...] si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L’esercizio dell’attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative." (art 5).
Qualsiasi prodotto che abbia tali caratteristiche deve iscriversi al registro degli operatori di comunicazione.
Con tali definizioni, evidentemente, l'intero web italiano (blog, forum, siti culturali, e così via), sarebbe ricaduto nell'obbligo di registrarsi al registro degli operatori di comunicazione, di nominare un direttore responsabile di testata, e di essere assoggettabile a più severi oneri legali. (fonte Wikipedia)
FOTO di Claudio Ianniello
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