Voglio segnalare un fenomeno criminoso, quello delle truffe e della sottrazione di corrispondenza, purtroppo sovente ancora sottostimato e nei cui confronti sembra sia assente quella costante azione di contrasto che questo reato imporrebbe.
Le annuali relazioni dei vari procuratori generali della Repubblica sull’emergenza truffe in Italia (il 130% in più solo nel 2004 e esponenzialmente cresciute in modo allarmante negli ultimi anni), fotografano una gravissima situazione che va a colpire direttamente l’economia nazionale, l’Erario e gli Enti previdenziali dello Stato, il sistema bancario, i commercianti e le fasce più deboli della popolazione.
Si tratta di un fatturato di milioni e milioni di euro che arricchisce organizzazioni malavitose, anche grazie a quell’impunità derivante da una legislazione inadeguata (la truffa viene perseguita solo a querela di parte) e a quei deficit organiizzativi e di gestione che sovente affliggono gran parte degli Uffici di Polizia.
In tal senso è certamente indiscutibile che la progressiva soppressione di quei settori della Polizia Giudiziaria che svolgevano mirate indagini sulla materia, ha portato nel tempo alla dispersione di un patrimonio di professionalità e di conoscenza oggi difficilmente ricostituibile; sul lato opposto continua a crescere indisturbato il numero dei truffatori e, con essi, anche il perfezionamento delle tecniche di raggiro e quindi l’illecito profitto. Un’attività criminale, questa, la cui gravità si tende ancora oggi ad ignorare, sebbene muova capitali di rilievo.
Vorrei sottolineare come, ogni giorno, malviventi muniti di falsi documenti di identità aprono conti correnti bancari e postali su cui transitano ingenti somme di denaro di provenienza illecita; accedono a finanziamenti o prestiti che non saranno mai rimborsati; ottengono la concessione di carnet di assegni e carte di credito che poi utilizzano per frodare commercianti; aprono società virtuali e attraverso l’uso di falsa documentazione percepiscono indebiti rimborsi dall’Agenzia delle Entrare o da altre Amministrazioni statali; si sostituiscono ai reali beneficiari, riscuotendo in frode titoli di credito emessi da Enti previdenziali dello Stato (Inps, Inail, Inpdap, ecc.) e sottratti dal circuito postale. Titoli che pertanto dovranno essere nuovamente emessi, con conseguente aggravio economico per le casse statali e disagi per i legittimi destinatari, come più volte rappresentato anche dalla trasmissione televisiva “Mi manda Rai 3”.
Sono episodi che, sebbene inseriti a torto tra i cosiddetti reati minori, debbono essere valutati nella loro complessità, senza perseverare nell’errore di considerare ogni singola truffa fine a se stessa, e lasciare quindi che l’attività di indagine sia genericamente delegata senza alcun criterio di efficienza a Uffici di Polizia già gravati da una miriade di altre incombenze che non consentono in alcun modo di approfondire le conoscenze sulla materia in argomento.
Per quanto consta, la Polizia Postale è rimasta l’unico Ufficio del Dipartimento della Ps che, oltre alle specifiche competenze in tema di criminalità informatica, ha mantenuto al proprio interno un settore della Polizia Giudiziaria addetto in modo specifico al contrasto dei reati connessi al furto di corrispondenza e a quelli di truffa al bancoposta, finalizzati all’indebita percezione di erogazioni dello Stato attraverso la sistematica sottrazione dal circuito postale di assegni e bonifici emessi, come detto, dagli Enti previdenziali per pagamento di pensioni, indennità, infortuni, sussidi di disoccupazione.
La Specialità espleta un costante monitoraggio delle truffe milionarie commesse in danno delle Poste Italiane e del Bancoposta, che ormai si estendono e si collegano inevitabilmente anche all’interno del sistema bancario nazionale, coinvolgendo sempre più spesso il mondo finanziario e talune Amministrazioni dello Stato, e muovendo altresì criminali non indifferenti.
Il Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, al fine di coordinare meglio le attività di indagine sui cosiddetti “reati bancoposta”, già da tempo provvede a raccogliere e censire in una sorta di banca dati ogni notizia sul fenomeno proveniente dai Compartimenti e Sezioni, predisponendo periodicamente con apposite circolari una preziosa azione di raccordo, il cui scopo principale è giungere all’identificazione dei truffatori e all’individuazione delle nuove tecniche di truffa.
Nonostante i risultati conseguiti dagli uomini della Polizia Postale su tale materia siano stati spesso estremamente significativi, per motivi non meglio comprensibili, nel corso degli ultimi anni, talune determinazioni dirigenziali hanno man mano sottratto risorse umane ai Settori della Pg interessati, destinandole in prevalenza al contrasto dei reati informatici e di telefonia, fino a determinare il progressivo impoverimento di quella efficace attività preventiva e repressiva, frutto di una fondamentale esperienza investigativa, sui reati bancoposta.
Ciò non può che lasciarci stupidi, soprattutto quando non giustificabile con improvvise carenze di personale o con la necessità di riorganizzare le Squadre di Pg della Polizia Postale, sopprimendo quei settori che si ritiene improduttivi. Certamente questo non è il caso di chi indaga sul descritto fenomeno della sottrazione di corrispondenza e delle truffe (come anche di chi espleta vigilanza antirapina agli uffici Pt), e può vantare una alta percentuale di produttività degna di nota.
Assurdo, peraltro, che si ponga a rischio la stessa sopravvivenza della Specialità, atteso che questa è strettamente legata, sotto l’aspetto economico e delle strutture, al rispetto di quegli accordi di convenzione sottoscritti dal Dipartimento con le Poste Italiane, che prevedono in particolar modo che venga efficacemente sviluppata un’attività rivolta al contrasto dei reati bancoposta e alla prevenzione antirapina agli obiettivi postali. Appare ovvio che in assenza di risultati concreti sotto tale aspetto, le Poste Italiane potrebbero recedere dalla convenzione o operare un taglio netto delle risorse destinate alla Polizia Postale, che andrebbe quindi a gravare economicamente sul Dipartimento della Ps.
Sulla scorta di quali strane alchimie gestionali o di palesi superficialità di vedute, in alcuni casi si sottraggono uomini e risorse ad un settore che produce risultati, riducendolo alla sostanziale impotenza?
E come è possibile che, ad esempio, in un Compartimento come quello di Roma, con un organico superiore ai 160 operatori, di questi solo 4 sono addetti alle indagini sui furti di corrispondenza e solo 2 al contrasto delle truffe Bancoposta, mentre sul territorio si fanno uscire solo una media di 2-3 pattuglie automontate al giorno (e nemmeno sempre) per vigilare decine e decine di uffici postali?
Quali sono quei singolari criteri di valutazione che tendono a rendere inattivo un Settore della Polizia Giudiziaria rimasto ormai l’unico presidio dello Stato contro quelle bande di truffatori dediti stabilmente a reati che, nella loro complessità, danneggiano l’economia nazionale del Paese e creano notevole allarme sociale tra comuni cittadini e commercianti?
Ma davvero si ritiene che altri Uffici di Polizia, i quali già oggi faticano ad evadere l’attività ordinaria, possano accorpare anche le competenze della Polizia Postale sui citati tipi di reati, ottenendo gli stessi risultati?
Questi sono gli interrogativi che rivolgo alle Autorità affinché sia adeguatamente valutata la necessità di garantire la sopravvivenza e la funzionalità di un settore che, seppur inserito in un contesto in cui il contrasto ai reati informatici è l’aspetto trainante della Specialità, assicura un’attività preventiva e repressiva di indubbia utilità sotto l’aspetto dei reati Bancoposta che rende merito alla stessa Polizia di Stato.
Mi auguro che si proceda al rapido potenziamento (con le stesse risorse umane già disponibili all’interno degli Uffici di Specialità) dei Settori della Polizia Giudiziaria di cui trattasi, come anche che venga assicurata sul teritorio un’adeguata presenza di pattuglie per i servizi di vigilanza agli obiettivi postali, data la notevole recrudescenza di rapine in danno degli stessi.
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