Lampedusa. Quante volte in questi ultimi anni abbiamo seguito le vicende che hanno resa famosa questa piccola terra del nostro mare!
Gli sbarchi dopo perigliosi viaggi hanno portato su quest’isola uomini e donne, dopo viaggi inimmaginabili, una folla spinta dal desiderio di raggiungere questa terra che per loro rappresenta l’Occidente.
L’uomo comune non può capire l’avventura di questi viaggi che dovrebbero concludersi con un’esistenza migliore.
C’è chi fugge da rivoluzioni, stragi, ma il più delle volte un’esistenza grama che non assicura neanche di cui sfamarsi. Queste sono le nuove forme di emarginazione che chiedono assistenza alle loro sofferenze.
Se guardiamo negli occhi di questa folla possiamo vedere le loro paure e la speranza di un aiuto.
Gli abitanti di Lampedusa hanno risposto con pazienza e disponibilità come anni fa fecero i salentini che accolsero i primi albanesi sbarcati sulle loro coste. Accogliendo con comprensione, potremmo credere che questo è il modo di raggiungere la “pace” e ringraziare la gente locale, i volontari e la sicurezza che aiutano all’attuazione dell’“ospitalità”.
Anche se l’organizzazione, a volte, può risultare non del tutto perfetta e ci porta a criticare i rimpatri, siamo sempre pronti ad intervenire senza esitare come detta la legge del mare, non guardiamo la razza ma l’urgenza di salvare spesso gli “uomini in mare”. Per coloro che non riescono ad arrivare perché naufraghi chiediamo una benedizione divina.
Per una forma di egoismo sentiamo in noi di non poter soddisfare tutte le necessità e non avere cibo per tutti. Una paura atavica che non sempre riusciamo a superare.
Le culture occidentali attraverso le rivoluzioni, si sono affermate. La Rivoluzione francese ha portato libertà e uguaglianza, ma non ancora lo spirito di fraternità, se tutti avessimo investito per una crescita comune, tutti i popoli starebbero meglio, senza crisi economiche che si affacciano periodicamente al di fuori del Terzo mondo.
Tornando all’arrivo degli immigrati, sentiamo nascere paure di ogni genere per le malattie, il modo diverso di vita, l’atteggiamento verso le loro donne ed è per questo che dobbiamo cercare tutte le possibili soluzioni nell’interesse comune.
Quando in anni precedenti anche noi emigrammo in terre lontane in cerca di lavoro, conoscemmo il dolore per la partenza e i disagi della segregazione.
Cerchiamo di cambiare la stessa storia, riscopriamo l’ospitalità perché la sua valorizzazione rende più ricca la nostra società, sempre più povera di valori e sempre più immersa nell’egoismo e nell’interesse personale, rendendoci incapaci di guardare e cercare di risolvere le necessità di tanti nostri fratelli.
Apriamo gli orecchi che ignorano il grido di dolore che ci giunge da una parte di umanità che vive nella disperazione aprendo uno spiraglio di luce e di speranza per quella massa di poveri, ma anche di nuovi poveri, che cresce di giorno in giorno.
Poniamoci dalla parte dei deboli, uomini senza successo, senza poteri e senza alcun significato per cercare di risolvere le loro difficoltà.
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