L’emergenza nella Costituzione italiana è considerata solo marginalmente agli artt. 11, 77, 78, 87, 120 e 126.
Il potere che deriva nelle situazioni d’emergenza spetta, in linea di principio, al Parlamento seppure in maniera temperata dalla partecipazione di altri poteri o di altri organi come nel caso del Presidente della Repubblica nell’ipotesi di sospensione dell’organizzazione costituzionale.
Il ricorso all’uso di poteri straordinari è stato limitato volutamente dal Legislatore Costituente a pochi casi, onde evitare che in situazioni d’emergenza sia legittimato il ricorso a poteri eccezionali in funzione antidemocratica.
Nella nostra Carta Costituzionale è possibile riscontrare due gruppi di norme che prevedono l’adozione di poteri straordinari per le ipotesi di emergenza:
- il primo che contempla e limita il ricorso ai poteri straordinari;
- il secondo che obbliga o, comunque, vincola lo Stato a tutelare i diritti delle persone anche durante l’attività di prevenzione dei rischi e la gestione dei periodi di emergenza.
Gli istituti straordinari previsti dalla Costituzione sono i seguenti: lo stato di guerra, la decretazione d’urgenza, il potere sostitutivo del governo nei confronti delle regioni e degli enti locali in caso di pericolo e lo scioglimento del Consiglio regionale.
a) Lo stato di guerra (esterno o internazionale) è richiamato in otto disposizioni costituzionali e in molte altre leggi ordinarie in cui viene definita sufficientemente la contingenza bellica.
L’art. 11 C. contempla come unica guerra legittima quella difensiva, volta a fronteggiare l’aggressione bellica straniera per garantire la sopravvivenza dello Stato.
Il ricorso alla guerra è, dunque, illegittimo al di fuori della previsione di cui all’art. 11 C.
Il divieto di aggressione non riguarda, tuttavia, le ipotesi di atti ostili non sorrette da animus bellandi come gli interventi umanitari, le operazioni di polizia internazionale etc..
Il “sacro” dovere di difendere la Patria, sancito dall’art. 52 C., è un obbligo non solo per i cittadini ma anche per tutte le autorità.
Da uno studio combinato disposto degli artt. 11, 77, 78 C. si deduce che il presupposto dello stato di guerra debba essere la tassatività.
Sarebbe, pertanto, costituzionalmente illegittima la decretazione dello stato di guerra per la soluzione di problemi di ordine pubblico per i quali l’ordinamento prevede il ricorso a diversi istituti straordinari.
Ai sensi dell’art. 78 C. spetta alle Camere il potere di deliberare lo stato di guerra e di conferire al Governo i poteri necessari.
Trattasi di un potere derogatorio alla regola generale che vede l’Esecutivo come titolare esclusivo dei poteri straordinari (comma 2 - art. 77 C).
Il potere di attivare lo stato di guerra spettante al Parlamento si configura come atto politico per eccellenza e presuppone un giudizio di necessità circa l’instaurazione del regime giuridico di eccezionalità.
detto giudizio segue la dichiarazione dello stato di guerra da parte del Presidente della Repubblica (comma 8 – art. 87 C) in funzione di controllo e di garanzia della decisione parlamentare, senza possibilità di intervento nel merito, eccezione fatta nei casi in cui la dichiarazione possa configurarsi come reato di attentato alla Costituzione o di alto tradimento (art. 90 C.).
Anche se le norme riguardanti lo stato di guerra non sono state mai applicate, si deve sottolineare che esse, sotto il profilo teorico, rappresentano la massima espansione dei poteri eccezionali con sospensioni e deroghe del diritto ordinario.
La dichiarazione dello stato di guerra comporta come effetti sostanziali l’assegnazione, in via esclusiva, al Governo delle attribuzioni straordinarie (poteri necessari ex art. 78 C.) idonee a derogare al sistema costituzionalmente garantito delle competenze e delle libertà.
Essi sono di tipo normativo ed amministrativo, spettando alla magistratura militare l’esercizio dei poteri giurisdizionali speciali.
b) La decretazione d’urgenza è il secondo potere straordinario previsto dalla nostra Carta Costituzionale.
Ha portata generale ed è utilizzabile laddove le emergenze non possano essere gestite con il ricorso alle discipline speciali previste dagli artt. 78 e 126 C.
L’art. 77 C. conferisce al Governo una competenza straordinaria all’esercizio provvisorio della funzione legislativa in casi di necessità ed urgenza.
Presupposti per il legittimo ricorso al potere di decretazione sono “i casi straordinari” e “la necessità e l’urgenza”.
Per caso straordinario si può intendere ogni fatto naturale o sociale che può comportare un pericolo per la vita, l’incolumità o i beni delle persone; mentre la necessità e l’urgenza derivano da un giudizio espresso dal Governo sull’impossibilità di fronteggiare tali situazioni con il normale assetto di poteri e di competenze.
Detto giudizio consiste, pertanto, in una verifica della sussistenza dei casi straordinari e della necessità di ricorrere al potere di cui all’art. 77 C..
Un altro requisito molto importante che scaturisce dal citato articolo è la temporaneità.
Lo stato di eccezione, che è alla base della decretazione, d’urgenza cessa automaticamente decorsi sessanta giorni dalla sua instaurazione laddove non intervenga la conversione in legge che riporta lo strumento straordinario tra quelli ordinari e ripristina il normale assetto dei poteri e delle competenze.
Per corrispondere alle esigenze di disciplina degli effetti dei decreti legge non convertiti, che decadono ex tunc, l’ultimo comma dell’art. 77 C. consente al Parlamento di disciplinare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.
Sovente la carenza dei presupposti per l’esercizio del potere di decretazione ha fatto pensare all’illegittimità di molte ipotesi di decreti legge conosciuti dalla prassi come i decreti legge che reiterano il contenuto di decreti non convertiti o che rinnovano periodicamente la disciplina di altre materie, i decreti omnibus, i decreti di riforma, i decreti di proroga che procrastinano i termini di scadenza previsti da altre discipline legislative.
Un chiarimento sul corretto ricorso alla decretazione d’urgenza è venuto dalla Consulta che, con una serie di sentenze, ha avuto modo di precisarne i presupposti, gli ambiti di applicazione e i rapporti con la legge di conversione .
I restanti istituti costituzionali per le emergenze sono: il potere sostitutivo del governo nei confronti delle regioni e degli enti locali in caso di pericolo; lo scioglimento del Consiglio regionale.
Essi attengono ai rapporti tra lo Stato, le Regioni e gli Enti locali e sono stati oggetto delle recenti modifiche costituzionali (Titolo V) intervenute nel 1999 e 2001.
c) Il potere sostitutivo, è disciplinato all’art. 120 C. e rientra nelle facoltà attribuite all’Esecutivo, che in questo modo può sostituirsi agli organi della Regione, delle Città Metropolitane, delle Province e del Comune nel caso di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica.
La norma in menzione offre la copertura costituzionale alle leggi ordinarie, tra cui quella sulla Protezione Civile (225/1992), che già prevedono “deroghe” all’assetto normativo riguardante il normale riparto delle attribuzioni e delle competenze tra Stato e Autonomie locali.
d) Lo scioglimento e la rimozione del Consiglio regionale (art. 126 C.) rientrano tra gli istituti d’emergenza disciplinati espressamente dalla Costituzione .
I presupposti, tassativamente previsti, sono: il compimento da parte del Consiglio o del Presidente di atti contrari alla Costituzione o di gravi violazioni di legge, oppure il verificarsi di una situazione di rischio per la sicurezza nazionale.
I primi ricorrono nel caso in cui gli organi anzidetti mirino ad infrangere l’Unità della Nazione o pongano in pericolo i principi cardine del nostro Ordinamento (democraticità, uguaglianza, autonomismo); i secondi, invece, si hanno in presenza di condotte reiterate e chiaramente eversive dell’ordine democratico.
Ragioni di sicurezza nazionale ricorrono, infine, in caso di situazioni attinenti alla sicurezza interna ed internazionale.
Alla misura d’emergenza in esame viene riconosciuta la natura di atto politico, non sindacabile in sede di giurisdizione amministrativa bensì in sede di conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte Costituzionale in virtù dell’espresso disposto dell’art. 134 C.
Assimilabile alla predetta misura è quella dello scioglimento degli organi elettivi degli enti locali nei casi di infiltrazioni o condizionamenti criminali.
Trattasi di un provvedimento di carattere straordinario rigorosamente collegato alle finalità enunciate nel titolo della legge 22 luglio 1991, n. 221, di conversione del decreto legge 31 maggio 1991, n. 164, che lo qualifica “come misura urgente […] conseguente ai fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso”.
Esso evidenzia un carattere sanzionatorio, che a come diretti destinatari gli organi elettivi , cui si accompagnano rilevanti aspetti di prevenzione sciale per la ricaduta sulle comunità locali che la legge intende sottrarre nel suo complesso all’influenza della criminalità organizzata.
Si tratta, quindi, di una misura straordinaria che ha come limiti il luogo ed il tempo in cui si manifesta tale straordinario fenomeno eversivo .
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