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Luglio-Agosto/2011 - Interviste
Procure che funzionano
Le battaglie importanti di un uomo qualunque
di a cura di Barbara Notaro Dietrich

Raffaele Guariniello non si crede un eroe
o un giudice speciale ma è grazie al suo impegno
extra e a quello del suo staff se i processi
a Torino si fanno nei tempi giusti. E si vincono


Raffaele Guariniello, classe 1941, ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza a 23 anni, ha proseguito gli studi con Giovanni Conso, conseguendo la libera docenza in procedura penale all’Università di Torino. Magistrato di Cassazione, dal 1992, esercita le funzioni di Procuratore Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Torino. Oggi è Procuratore Generale.
La sua attività è principalmente rivolta ai settori del lavoro, della salute e dell’ambiente. Collabora a riviste giuridiche e mediche e ha pubblicato numerosi libri.

La sentenza di omicidio volontario nel processo Thyssen è un’assoluta novità. Moltissimi industriali si son detti basiti e ovviamente preoccupati. Secondo lei, onestamente, servirà a cambiare l’osservanza delle regole per la sicurezza sul lavoro o le cose andranno avanti con i soliti elenchi di morti bianche più o meno in aumento?
Le cose potrebbero migliorare dal punto di vista della sicurezza nei luoghi di lavoro però a una condizione cioè che si venga a maturare l’idea che queste regole che noi abbiamo, a tutela della sicurezza, devono essere realmente osservate e fatte osservare. Perché ciò accada occorre che tutti facciano la loro parte. C’è bisogno di un’etica delle imprese ma c’è anche bisogno di organi di vigilanza che funzionino realmente e bisogna anche che i processi penali siano fatti in tempi rapidi e con risultati efficaci.
Ora gli aspetti che sono emersi in questa vicenda, come in altri che stiamo portando avanti, è che bisogna adottare delle metodologie di indagine che siano molto più penetranti quindi non limitarsi ad atti poco incisivi ma ricostruire la politica aziendale della sicurezza per poter verificare se un infortunio sia, nella vita di quell’azienda, semplicemente un episodio estemporaneo o se invece rispecchi una politica aziendale sulla sicurezza e quindi possa denotare scelte strategiche di segno incompatibile con le nostre leggi.

Una norma del regolamento del Csm impone che i magistrati non possano avere lo stesso ruolo per più di dieci anni. E’ per questo limite che sette dei nove procuratori del gruppo specializzato in incidenti sul lavoro diretto da lei, dovranno cambiare collocazione entro la fine del 2011. Che cosa accadrà e che cosa, mi riferisco in particolare alla sua idea di una Procura Nazionale, si dovrebbe fare?
Si tratta di due aspetti distinti. Proprio per rendere molto più efficace l’intervento della magistratura nei luoghi di lavoro c’è bisogno di conoscenze e specializzazione. Questo purtroppo va un po’ in contrasto con la nostra organizzazione giudiziaria che è fatta di tantissime procure molte della quali sono anche molto piccole e quindi senza alcuna possibilità di specializzarsi in questo settore. La soluzione dell’eliminazione di alcune procure sarebbe auspicabile, ma non si riesce mai a realizzarsi. Ecco allora che c’è la necessità di pensare a un’organizzazione di tipo diverso. L’idea era quella della Procura nazionale quella che il Ministro del Lavoro Sacconi ha chiamato, secondo me molto felicemente, una procura esperta, che abbia cioè un’organizzazione e una esperienza in grado di affrontare i vari eventi non come un evento mai preso in considerazione ma un evento che rientra in una serie di eventi che esamina con costanza, avendo quindi una memoria storica. D’altra parte la stessa esigenza di specializzazione va a scontrarsi con questa norma che impone il ricambio dei gruppi specialistici non naturale ma forzato che adesso avverrà al 31 dicembre 2011. In occasione di questo ricambio i magistrati che si sono specializzati nei vari gruppi, quindi anche nel gruppo della sicurezza sul lavoro, dovranno andar via se vi sono stati da più di 10 anni. Ora a me questa pare una misura non razionale che finisce per svilire le professionalità che si sono faticosamente formate. Dovremmo quindi ripartire da zero. L’auspicio è appunto che, al di là dell’idea della Procura Nazionale, i gruppi specialistici non vengano toccati.

Quale idea si è fatto in questi lunghi anni di inchieste sullo stato di salute della giustizia in Italia?
Io sono abituato a operare nelle condizioni date. Non mi sfascio la testa in anticipo. Occorre fare il massimo con ciò che si ha. Stare ad aspettare il mondo migliore, che non ci sarà mai, impone di partire da ciò che si ha. Questo non significa nascondere una esigenza che si pone nel nostro settore, ma anche in altri, tipo la tutela degli alimenti della salute, il fatto che purtroppo i processi penali, quando vengono fatti, sono troppo lenti. Si arriva così troppo spesso alla prescrizione del reato e quindi si sviluppa l’idea devastante che ci sono le regole ma che si possano impunemente violare. E allora c’è la necessità di un processo realmente breve con tutte le risorse che questo richiede e questo è il vero impegno che occorre sviluppare.
Naturalmente non tutto dipende da noi. Oggi come oggi noi dobbiamo constatare che su fatti, anche molto gravi, quando si arriva in cassazione il reato ormai è prescritto. E questo, chiaramente, non è giustizia.

Secondo lei c’è bisogno di una riforma della giustizia e se sì in quale senso?
Non tocca a me dirlo e non ho la presunzione di sapere ciò che bisogna fare. Sento l’esigenza profonda di rendere molto più rapidi i processi. Questo richiede ai magistrati un impegno maggiore, però richiede anche che vengano fornite delle risorse che ad esempio consentano di fare l’udienze anche al pomeriggio non avendo il problema del personale che non c’è. Occorre un esame di coscienza da parte dei giudici anche se certo non si può pretendere che dappertutto si lavori anche di sera o di domenica…Conta anche l’esempio. I nostri sostituti che son venuti nel mio gruppo, siccome io lavoro il sabato, la domenica e anche la sera, si è creato un costume. Però non è bastevole. Qui a Torino non si possono fare le udienze al pomeriggio, perché il personale ausiliario non viene pagato, quindi lei capisce che sono esattamente la metà i processi che si possono fare e questo incide e negativamente.

Che cosa ne pensa del cosiddetto processo breve?
Non ho ancora capito bene la questione. Riesco a studiare le cose bene solo quando sono uscite sulla Gazzetta ufficiale. Prima non riesco a seguirle…

Quale è la sua opinione giuridica sul federalismo e se crede quella politica?
Francamente non amo parlare di cose che non ho studiato, come appunto il federalismo.

Che definizione darebbe di democrazia?
Domanda impegnativa…Io la vedo come difesa degli umili. E’ il mio modo di pensare.

La scorsa campagna elettorale ha puntato molto sul senso di insicurezza dei cittadini, indirizzato per lo più alla microcriminalità e ai cosiddetti clandestini. In che modo andrebbero potenziate o cambiate le forze dell’ordine?
Sarebbero domande da fare al mio amico Caselli…Io credo che anche la sicurezza sia un grande valore. Ognuno di noi è interessato all’argomento.

Ritiene che le intercettazioni siano utili e se sì, potrebbe farci qualche esempio che riguarda i suoi processi?
Beh, le faccio. Sono assolutamente necessarie. Il problema è la pubblicazione delle conversazioni telefoniche che però è venuto fuori quando è stato cambiato, a scopo di garanzia, il sistema della comunicazione. Una volta che si è dovuto sottoporre, anche giustamente, a controllo l’operato del pubblico ministero la conseguenza è che il contenuto di queste conversazioni si diffonde e quindi chiunque dei partecipanti può essere quello che le ha diffuse. Allargandosi la cerchia si produce questo effetto cosa che non si verificava quando c’era solo il pubblico ministero a conoscenza. Giustamente c’è un interesse della difesa a conoscere i contenuti. E così vengono pubblicate conversazioni che non hanno alcuna giustificazione perché non correlate a un reato. Purtroppo tutto ciò fa parte della nostra società di oggi che si interessa maggiormente alle stupidaggini che ai problemi reali.
Ci sono certi reati che si possono perseguire solo così. Prenda i reati di doping: le intercettazioni sono indispensabili, così come lo sono anche in altri settori. La mia idea di fondo è che noi dobbiamo adottare anche a tutela della salute dei vari settori metodi previsti dal codice di procedura penale che sono i metodi che vengono usati nell’ambito della criminalità organizzata e che devono essere estesi anche a i reati in materia di tutela della salute. Questa è la ragione per cui siamo arrivati a contestare e la corte d’assise ad ammettere, il dolo eventuale in una materia come quella degli infortuni, proprio l’uso di metodi di investigazione mai usati in questi reati.

Come siamo messi rispetti ad altri Paesi europei?
Gli altri Paesi europei hanno una matrice comune in materia di regole. Purtroppo ci sono alcuni Paesi europei in cui se esiste una regola viene applicata. Il proclama su cui noi dobbiamo agire è l’applicazione concreta di queste regole. Ci sono standard e livelli di sicurezza negli altri paesi che non sono realizzati in quelli italiani magari della stessa multinazionale.

La bicicletta per lei è più ragione o sentimento?
La uso la domenica, negli altri giorni non mi fido molto soprattutto per lo smog. E’ molto divertente e la usavo tanto quando ero ragazzino.


FOTO: Il Procuratore generale Raffaele Guariniello


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