Nel suo romanzo “Semina il vento” di Alessandro Perissinotto, la storia
sentimentale dei protagonisti diviene lo spunto per affrontare
il tema della paura del diverso e dell’uso che di essa fanno
i politici per distrarre la gente dalla loro incapacità di governare
“Il seme dell’odio germoglia nei posti più insospettabili, all’ombra di quello che pare buon senso e invece è solo grettezza e stupidità”. Ultimamente è germogliato in molti comuni del nostro Paese, i cui sindaci hanno adottato ordinanze palesemente discriminatorie, con l’unico obiettivo di raccogliere qualche voto, nascondendo l’umanità scomoda. Odio istituzionale, contenuto in atti sgrammaticati e senza alcun senso, spazzati via dalla Corte costituzionale, che nello scorso aprile ha dichiarato illegittima la disposizione di legge, che autorizzava i sindaci a emanarli. Proprio un’ordinanza “creativa”, che vietava l’uso del burqini sulla spiaggia fluviale di un comune piemontese, ha dato lo spunto ad Alessandro Perissinotto (vincitore del Premio Fedeli nel 2001) per imbastire la storia d’amore e d’odio di Semina il vento (Piemme, 275 p., 16,50).
Professor Perissinotto, quali sono i protagonisti e i luoghi di Semina il vento?
Se parliamo di personaggi protagonisti abbiamo Giacomo, un maestro elementare nato in un paesino della val Sesia, e Shirin nata a Parigi da una famiglia dell’alta borghesia iraniana fuggita dal proprio Paese dopo la rivoluzione islamica. E a Parigi nasce l’amore tra i due. Ma nel romanzo ci sono anche tre protagonisti “astratti”: l’amore tra un uomo e una donna, l’amore per la propria terra e le proprie tradizioni e l’odio per lo straniero.
Quale avvenimento in particolare le ha dato lo spunto per il suo romanzo?
Sono rimasto profondamente colpito dall’ordinanza di un sindaco leghista che vietava l’uso del costume da bagno islamico sulle spiagge fluviali del comune: un’ordinanza inutile e pericolosa, volta soltanto a ribadire la matrice intollerante di certa politica.
Chi sta “seminando vento” ai giorni nostri?
Il proverbio recita “Chi semina il vento raccoglie tempesta”. In Italia (e in Europa) sono molti a seminare il vento dell’intolleranza. C’è in primo luogo la Lega, che costruendo a bella posta un nemico esterno cerca di trovare una propria ragione di esistere e un modo per accaparrarsi una fetta di potere. E poi ci sono gli integralisti religiosi, da parte islamica come da parte cristiana.
Come può l’odio entrare così naturalmente e impunemente nel discorso politico, tanto da costituire addirittura l’ideologia principale di alcuni partiti e movimenti?
Credo che l’odio sia di facile diffusione quando regna l’ignoranza; purtroppo, negli ultimi decenni, si è investito molto nell’ignoranza e nella sua esaltazione. Gli elettori ignoranti sono più facili da spaventare e da convincere. Faccio un semplice esempio; uno degli slogan preferiti dalla base della Lega è: “Viva la polenta, abbasso il couscous”. Ebbene, basterebbe aver studiato un minimo di storia per comprendere che la polenta tradizionale, quella di grano saraceno, è giunta a noi proprio attraverso gli stessi itinerari e gli stessi scambi che oggi ci portano il couscous: se i nostri antenati fossero stati ottusi quanto noi, oggi non avremmo neppure la polenta.
Il protagonista Giacomo Musso, stigmatizza i suoi compaesani italiani in quanto, per loro “conservare la propria cultura significava innanzitutto non mescolarsi”: come è possibile una convivenza inclusiva tra persone di culture e provenienze diverse?
Difficile condensare una risposta in poche parole. Provo a prospettare una condizione preliminare: non avere paura del diverso e dello straniero.
L’alternativa, basata su odio, sospetti ed esclusione del “diverso”, non sembra possibile, se non a costo di “raccogliere tempesta”. In altre parole, una volta immesso nella società consapevolmente, quasi con precisione scientifica, l’odio non è più contenibile e, da qualche parte deve... sfogare: “L’odio non si controlla; l’odio rompe gli argini e dilaga, si alimenta di se stesso e travolge tutto”. Quali precedenti storici sarebbe utile ricordare ai nostrani “seminatori di vento”?
Uno per tutti, l’olocausto. L’odio verso gli ebrei è iniziato a poco a poco, con diffidenze create ad arte, con calunnie e con falsificazioni della storia. Le conseguenze sono state nell’ordine dei sei milioni di morti.
Giacomo Musso, nel suo diario-racconto, commentando il tragico epilogo del libro (che ovviamente non sveliamo), afferma che “l’ateismo è la sola religione di pace”. Secondo lei è possibile il dialogo tra coloro che sostengono di possedere la verità? Le religioni ostacolano o favoriscono la conoscenza dell’altro?
Da ateo convinto credo che le grandi religioni monoteiste contengano in sé il germe dell’intolleranza: basta rileggere un libro di storia per vedere quante guerre sono state combattute al grido di “Dio è con noi” (chiunque fosse questo dio). Se esiste un solo dio, chi non ha la mia stessa fede è necessariamente nel torto ed è mio compito redimerlo: molti pensano che la redenzione possa avvenire anche con la forza.
Tempeste all’orizzonte...? O, ricordando il titolo di un bel film che anche lei cita nel suo libro, il vento sta finalmente facendo il suo giro?
Gli avvenimenti politici italiani del maggio-giugno 2011 sembrano indicare un cambiamento di rotta, ma il mutamento di cui abbiamo bisogno è quello delle coscienze: quello è davvero avvenuto?
“Semina il vento, diceva mio nonno, e raccoglierai tempesta. Negli anni Trenta, tutti hanno seminato vento perché gli faceva comodo, perché se avevi qualcuno da darci la colpa era più facile mandare giù le schifezze di chi governava, poi però l’odio prima o poi deve esplodere”.
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Alessandro Perissinotto nasce a Torino nel 1964. Si laurea in Lettere nel 1992 con un tesi in semiotica. Inizia quindi un’intensa attività di ricerca, occupandosi di semiologia della fiaba, di multimedialità e di didattica della letteratura. È professore associato di sociologia dei processi culturali e comunicativi nell'Università di Torino. Alla narrativa approda nel 1997 con il romanzo poliziesco L’anno che uccisero Rosetta (Sellerio), storia di un’indagine condotta negli anni ’60 in un remoto paese delle alpi piemontesi, al quale fa seguito, nel 2000, La canzone di Colombano (Sellerio), un “noir” ambientato tra Val di Susa e Delfinato all’inizio del Cinquecento, con quale vinse il “Premio Fedeli” nel 2001. Il suo ultimo romanzo, Treno 8017 (Sellerio 2003), è ancora una storia con delitto che prende le mosse da un fatto vero, la morte di oltre cinquecento persone in un incidente ferroviario del 1944, un incidente poco noto e mai chiarito. Ha scritto inoltre: Al mio giudice (Rizzoli), un noir epistolare che porta alla luce le criminali spericolatezze della finanza on-line; Una piccola storia ignobile (Rizzoli); La società dell’indagine (Bompiani); L’orchestra del Titanic (Rizzoli). I suoi romanzi sono stati tradotti in numerosi paesi europei e in Giappone. Collabora inoltre con il quotidiano La Stampa, per il quale scrive articoli e racconti che appaiono sul supplemento TorinoSette.
FOTO: Alessandro Perissinotto
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