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Luglio-Agosto/2011 - Articoli e Inchieste
Film e società
Se il potere assoluto diviene gioia di vivere
di Avv. Achille Carone Fabiani

Nel lavoro di Nanni Moretti il Vaticano diventa
un luogo del comune vivere quotidiano, fatto
di cose semplici e gioiose per i Cardinali
mentre, per il Pontefice, la fuga diventa
contatto con le masse


Nanni Moretti offre un grande omaggio alla Chiesa Cattolica, le attribuisce una “capacità” di autocritica ad oggi storicamente inesplorata (salvo qualche timido tentativo da parte del beato pontefice Wojtyla).
L’opera cinematografica, invero, realizza, nel progetto etico ed estetico del regista, una dimensione umana, in capo al Pontefice ed ai Cardinali, insospettata per la cultura media della società civile, specie allorquando ci si trova di fronte ad un evento straordinario, quale quello della elezione a Sommo Pontefice.
La casa del Potere Assoluto diventa la casa della gioia di vivere, cioè del comune vivere quotidiano, fatto di cose semplici, gioiose e giocose, di contro all’esercizio sacerdotale solenne, severo ed a volte terribile perché oscuro, comunque occulto, per i Cardinali che vi abitano; mentre, per il Pontefice, la fuga temporanea da essa diventa contatto diretto con le masse che solitamente egli osserva dall’alto; introduce, per il medesimo, la gioia del vivere per gli interessi fondamentali dell’uomo (compreso quello per la recitazione teatrale), il piacere particolare di un “incontro a tavola” con il prossimo, con i singoli, fra personalità diverse, nonché la “trattazione” di un problema di comunicazione psicanalitica del tutto imprevedibile (il Pontefice del film, quale occasionale paziente che si sottopone all’esame non sa e non può rispondere alle domande dei professionisti della psicanalisi perché esse vengono fatte in un contesto – con modalità – culturale di disamina della persona fisica del tutto alieno dalle convenzioni che si impongono nella cosiddetta società civile).
Il pretesto della “fuga” del Pontefice dalle stanze del potere e dai doveri inerenti la nuova missione divina, dopo la nomina dal conclave, origina dall’angoscia che lo assale al solo pensiero di dover assolvere a un compito immane verso i fedeli e verso il mondo, angoscia che si esprime innanzitutto in un “urlo” bestiale di paura, che lascia i Cardinali esterrefatti e timorosi di peggiore esito.
E’ lecito presumere che l’autore dell’opera abbia tratto ispirazione dalla figura del Papa Celestino V (eremita Pietro da Morrone) il quale dapprima rifiutò “l’altissima dignità a cui era stato elevato, di poi accettò con estrema riluttanza, in un vero e proprio dramma interiore che Ignazio Silone ha intensamente evidenziato nel suo libro “L’avventura di un povero cristiano”; da ultimo, espresse rinuncia definitiva.
“ In realtà, egli depose la dignità pontificia quando si avvide che era impossibile esercitare il potere senza venir meno ai più semplici dettami della morale cristiana, perché l’esercizio del comando asservisce come fa dire Silone a Celestino in un altro passo del suo libro”.
“ La rinuncia di Celestino V, in ultima analisi, piuttosto dimostrava..omissis..che il capo supremo della Chiesa mondiale oltre a condurre una vita irreprensibile e santa, non avrebbe dovuto mancare della necessaria cultura e delle capacità adeguate al suo alto ufficio..omissis..”.
Nel film, dunque la fuga del pontefice ha termine allorquando egli matura il convincimento di non essere all’altezza del compito assegnatogli dalla provvidenza, e ciò egli confessa ai fedeli una volta ritornato ai luoghi del potere ed espostosi alle masse “in trepidazione”, esprimendosi in questi termini: “non sono io non posso essere io l’uomo che voi cercate”.
Dunque la rappresentazione del Pontefice è la rappresentazione del dramma umano che può investire anche il rappresentante di Dio sulla terra, e sotto questo profilo primario, l’opera cinematografica può ritenersi artisticamente compiuta (aggiungasi, se si vuole, che la cosiddetta interpretazione da parte dell’attore Michel Piccoli si attua in un ripercorrere l’iter di identificazione del personaggio).
Anche il meccanismo tecnico-estetico usato dal regista (in senso formale e sostanziale), cioè quello del contrappunto, può ritenersi mirabilmente compiuto.
Invero le varie “contrapposizioni” (recte: le varie categorie in contrapposizione, ideali e reali) espresse nell’opera (scienza-fede, momento di gioia dei Cardinali ed angoscia del Papa, personalità del professore psicanalista e cultura ortodossa dei cardinali stessi, arte e psicanalisi, affermazione di verità inopinabili in quanto dogmatiche e ricerca della verità frutto di dialogo, in ultima analisi, relativismo e assolutismo) si collocano in un ordine armonico, soprattutto esteticamente, nel fruire narrativo dell’opera, restando immuni da facili insidie di conformismo.
Si rinviene, nell’opera di eccezionale livello artistico, la tematica costante e risalente dell’autore: uno strano enigmatico rapporto conflittuale (recte: dialettico) fra la memoria individuale ed il contesto storico ideologico del tempo.

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