Romana Blasotti è una signora di 82 anni ed è presidente dell’associazione familiari vittime amianto di Casale Monferrato dove sorgeva l’Eterint. E’ una donna che ha perso metà della famiglia, figlia inclusa, a causa del terribile mesotelioma, il tumore che si contrae mediante esposizione a fibre di amianto. Molti l’avranno vista in una puntata di Hotel Patria, il programma di Raitre condotto da Mario Calabresi, direttore del quotidiano La Stampa. E in molti avranno ammirato questa donna. Che non prova rancore e non cerca vendetta, ma vorrebbe solo capire perché si può far finta che ciò che si fa non produce morte in nome del guadagno. Lei ed altri familiari delle vittime seguono tutte le udienze del processo in corso a Torino. Partono di buon ora da Casale in autobus e raggiungono la Procura dove Raffaele Guariniello e i suoi collaboratori sono parti accusatrici nel maxi processo nei confronti di Luois de Cartier e Stephan Schmidheiny, entrambi ai vertici della multinazionale Eternit, chiusa nel 1986. L’accusa, nei loro confronti, è di disastro ambientale e omissioni dolose di cautele nei luoghi di lavoro. Al centro di questo importante processo, le numerose vittime legate al lavoro nocivo: 3000 lavoratori, insieme ad alcuni dei familiari, hanno perso la vita. E continueranno a perderla perché ogni anno a Casale muoiono in 50.
“Stragi del lavoro”, così Guariniello, nella sua ultima requisitoria in aula, descrive questi avvenimenti. Gli stessi che nel corso degli anni si sono ripetuti, e a questo proposito ha ricordato le sentenze emesse dal tribunale di Torino, come i processi per l’Ipca di Ciriè, la Sia di Grugliasco, le officine ferroviarie di Torino, l’amianto nel grattacielo Rai di via Cernaia e altre ancora.
Il pm Colace, dell’accusa, punta il dito contro i due manager della multinazionale affermando che i “due datori di lavoro impostarono strategie industriali che non hanno impedito la strage di lavoratori a contatto con il rischio amianto”.
Inoltre, l’azienda, continua Colace, “ha continuato ad utilizzare l’amianto blu, quello più pericoloso, fino al 1986”. Il processo in questione assume una rilevanza maggiore se pensiamo che sono state ammesse, dal Tribunale di Torino, più di 6.000 parti civili, oltre al numero delle vittime, nella lista presentata dall’accusa.
I lavoratori e le loro famiglie continuano a pagare, in termini di salute, i danni derivanti dall’amianto, di fronte ad un’azienda che non ha saputo, o non ha voluto, difendere i propri dipendenti. Infatti, le particelle dannose, volando nell’aria, si sono depositate ovunque: dalle tute ai capelli, dalla pelle alle case. In questo modo si sono infiltrate nei tessuti, anche dei familiari dei lavoratori, creando gravi malattie all’apparato respiratorio. Il processo dovrebbe andare a sentenza in autunno. E sicuramente sarà così. E sarà una sentenza che farà storia, non solo nella giurisprudenza. Forse quel giorno Romana Blasotti avrà le risposte che cerca.
FOTO: Romana Blasotti
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