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Maggio-Giugno/2011 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Nato - Strategic Posture
di Claudio Ianniello

Per poter operare oltre l'iniziale area d'influenza, stabilita
nel trattato istitutivo del 1949, la Nato è costretta a didefinire
periodicamente la propria Strategic Posture



Con la fine della Guerra Fredda (1989, crollo del Muro di Berlino) la Nato ha rivisto i propri concetti strategici. La disgregazione dell’Urss e la scomparsa delle Cortina di Ferro sono diventati fattori dominanti nell’impostazione di tale strategia. Più che dei tradizionali aspetti che hanno caratterizzato l’Alleanza durante i primi quarant’anni dalla costituzione, la Nato ha tenuto conto delle nuove sfide: gli Stati falliti, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, le nuove forme di terrorismo. Di conseguenza e’ stato spostato l’ approccio da difensivo ad attivo.

In questo modo è cambiata radicalmente la prospettiva di intervento delle forze dell’Alleanza atlantica che è passata da un possibile intervento solo all’interno dell’area per poi superare i confini dell’Europa. L’intervento “fuori area” diventa così l’oggetto principale della strategia Nato. Questo cambiamento è considerato un’esigenza vitale per la sopravvivenza dell’istituzione. Lo slogan che circolava all’inizio degli anni ‘90 rende l’idea della necessità di un allargamento della strategia: “Out of area or out of business” (Oltre l’area di influenza o fuori dagli affari). La nuova prospettiva geopolitica, infatti, si rivelerà utile in futuro a scongiurare il fallimento o l’inefficacia dell’Alleanza.

• L’approvazione di due Concetti strategici (1991 e 1999)

La trasformazione della Nato, consequenziale alla fine della Guerra fredda, è passata attraverso l’approvazione di due nuovi concetti strategici. Il primo concetto, discusso a Londra nel 1990 ed approvato durante il Summit di Roma nel 1991, prende atto della fine della minaccia sovietica e di conseguenza della ridimensionata necessità di avere a disposizione ordigni nucleari e di ridurre anche le forze militari convenzionali in Europa. In ogni caso, nonostante l’ottimismo ritrovato dopo la fine della Guerra Fredda, il concetto strategico ha lasciato spazio alla consapevolezza di nuovi e mutati problemi di sicurezza e, come risultato, alla necessità di riadattare l’Alleanza ad un panorama in cui il bipolarismo è superato. Si legge nella prima parte del documento finale della conferenza londinese del luglio 1990: “Nell’incontro [...] i capi di Stato e di governo sono d’accordo sulla necessità di trasformare l’Alleanza atlantica per riflettere la nuova, e più promettente, era in Europa”. Inoltre, successivamente si puntualizza il bisogno di fornire all’Alleanza nuovi e più flessibili contenuti – adatti al nuovo scenario – riguardo la sicurezza strategica.

Il concetto strategico, definito all’inizio degli anni Novanta, viene rinnovato alla Conferenza di Washington nel 1999 con un documento in larga parte simile al precedente ma nel quale vengono inserite alcune novità essenziali per l’evoluzione del ruolo della Nato.

A seguito degli interventi nei Balcani, che resteranno il maggior successo dell’Alleanza sul piano militare, la Nato certifica il suo ruolo come forza di stabilizzazione delle aree più instabili del pianeta. L’attenzione alle cosiddette “non-article 5 operations” (quelle operazioni che non rientrano nella definizione dell’articolo 5 del trattato dell’alleanza Nord Atlantica, che richiama i membri alla responsabilità di azione comune nel caso in cui uno degli alleati venisse attaccato da forze nemiche), rivela l’importanza delle operazioni di peace-keeping e, più in generale, di gestione delle crisi internazionali come caposaldo della nuova strategia.

Inoltre con l’intervento nei Balcani la Nato certifica, sia nella prassi sia nella teoria, l’inizio delle missioni “fuori area” citate in precedenza. Questi cambiamenti hanno portato a una revisione non solo del carattere stesso dell’intervento strategico ma anche a un rinnovamento nella struttura di comando. Con tre innovazioni fondamentali: l’introduzione del “Combined joint task force concept” (CJTF) adottato nel Summit di Bruxelles nel 1994, e due decisioni adottate durante il Summit di Praga nel 2002 sulla riforma della struttura di comando della Nato Responce Force (NRF).

• Dal Concetto Strategico del 1999, la necessità di un aggiornamento.

Il concetto strategico elaborato nel 1999 necessita di ulteriori aggiornamenti a causa dell’allargamento dell’Alleanza. Nel 1999 la Nato certifica l’ingresso di Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia portando l’alleanza da 16 a 19 membri. Il 29 marzo 2004 entrano Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Nell’aprile 2009 si aggiungono Albania e Croazia. La Nato raggiunge così i 28 membri, dai 16 precedenti.

Con gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 a New York, attribuiti ad al Qaeda, la Nato si trova costretta a reagire ad una nuova minaccia globale. Facendo appello all’articolo 5, pochi mesi dopo l’attacco al World Trade Center, gli Stati Uniti chiedono agli alleati di intervenire in Afghanistan, rifugio e base dell’organizzazione terroristica guidata da Osama Bin Laden. Nel 2003 la Nato assume il controllo della missione dell’Isaf (International security assistance force), presente nel paese dal 2001. Quella in Afghanistan si rivela la missione più impegnativa per le forze Nato dispiegate sul campo.

Al contrario della missione nei Balcani, considerata un successo dell’Alleanza, la missione afghana “enduring freedom” non si può definire compiuta soprattutto perché la zona non è pacificata. Il fatto che l’Alleanza si sia spinta ad operare fino in Asia Centrale costringe i paesi membri a ripensare il Concetto strategico del 1999 nel quale si parlava di interventi “fuori area” per riferirsi a missioni ai confini dell’Europa. La sfida afghana, invece, costringe la Nato a ridefinire il proprio raggio d’azione geopolitico ben al di la` di tali confini.

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