La parola “sicurezza” ha da sempre assunto significati diversi a seconda del contesto geopolitico nel quale il suo concetto è stato formulato. Durante il periodo della Guerra Fredda il concetto di sicurezza assumeva un proprio valore funzionale all’equilibrio su cui si ergevano le due super-potenze dell’epoca, quali USA e URSS, facendo quindi riferimento ai concetti di contenimento, di nuclear balance e di second strike capability.
In particolare, il riferimento al concetto di Stato, nonché simmetria ed equilibrio, apparivano come costanti tanto in ambito accademico quanto tecnico e di intelligence. Oggigiorno, a seguito di profondi mutamenti dello scenario globale, parlare di sicurezza non può più far riferimento ai precedenti “punti cardinali” della geopolitica. Anche in questo contesto, quindi, il concetto di sicurezza è stato sempre concepito in maniera più ampia e multidimensionale da parte dei Paesi Occidentali, a differenza di quelli dell’Est, per i quali la dimensione militare predominava nettamente sulle altre.
Il crollo del muro di Berlino ed il successivo sgretolamento dell’Unione Sovietica, con la conseguente fine del cosiddetto bipolarismo, hanno determinato un vuoto antagonistico che ha necessariamente portato a rimodulare il concetto di sicurezza per la totalità degli Stati della Comunità Internazionale, e soprattutto di quelli che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.
Il 2001 ha senza ombra di dubbio rappresentato un punto di svolta nella geopolitica mondiale. Gli attacchi terroristici contro il World Trade Center e il Pentagono, nonché la successiva "Guerra al Terrore" portata avanti dall’amministrazione Bush, hanno dimostrato come la Comunità Internazionale si trovi oggi a fronteggiare minacce alla sicurezza di natura profondamente diversa rispetto al passato. Inoltre, le minacce che oggi attentano alla sicurezza mondiale non sono più riconducibili ad un solo tipo di natura, per cui il concetto di sicurezza ha assunto una più ampia dimensione di carattere politico, economico, sociale nonché militare: da qui l’esigenza di fondare i molteplici progetti in ambito di sicurezza su un comprehensive approach, ovvero una strategia ed approccio a più livelli che includano tanto l’aspetto politico, come quello sociale, economico e militare.
Fronteggiare tali minacce, che si intersecano secondo un circolo vizioso tra di loro, richiede necessariamente la creazione, da parte degli organismi ed istituzioni responsabili e preposti a ciò, di strumenti, politiche, attività ed iniziative fondate sui principi di cooperazione, confidence building e un’azione joint and combined.
Appare fondamentale cercare di comprendere le varie interpretazioni che del Mediterraneo si sono date nei secoli, nonché delle principali problematiche che attanagliano la regione. Parlare di area del Mediterraneo non e` semplice, tenendo conto che la parola “Mediterraneo” ha assunto nelle varie epoche storiche significati distinti, sia da un punto di vista culturale, sia geografico e strategico.
Ad oggi l’interpretazione che gli studiosi danno del Mediterraneo non è omogenea.
Inoltre, la regione che va da Gibilterra al Golfo Persico, la c.d. area del Mediterraneo Allargato, la quale presenta fattori di continuità geostrategica tali da essere definita un bacino unitario sotto il profilo della sicurezza, è ormai al centro dell’attenzione internazionale, nonostante stia perdendo parte della sua centralità rispetto al sistema Asia-Pacifico. Tale constatazione deriva dal fatto che qui differenti culture e modi di vita, interrelazioni economiche e scambi commerciali, flussi migratori e aspettative per il futuro, nonché fattori di instabilità e rischio, si sviluppano ed interagiscono, dando vita a un profondo ed imprevedibile cambiamento dello scenario internazionale. Tale “rivoluzione concettuale”, rispetto alla precedente idea che si aveva del Mediterraneo, sembra essere destinata, nel contemporaneo contesto globalizzato, ad incidere con ripercussioni anche di notevole rilevanza a livello globale.
La constatazione che sul bacino del Mediterraneo si affaccino solamente pochi paesi democratici, con la presenza di molti di stampo autoritario, fa sì che si generi in quest’area un preoccupante rischio di destabilizzazione. Da qui, la presenza di movimenti e partiti che si rifanno al fondamentalismo islamico è considerato comunemente un alto fattore di rischio, tale da aggravare il quadro dell’intero Mediterraneo, ponendo una importante “ipoteca” su ciò che potrebbe verificarsi, soprattutto nelle fasi di transizioni di tali regimi.
È quindi possibile tracciare quelle issues che passano trasversalmente l’intera area, destabilizzandola e dando quindi un valore altamente pragmatico alle iniziative che in essa si sono poste in essere. Le linee direttrici seguite da tali issues non appaiono, però omogenee. Si possono definire, infatti, relazioni di dipendenza reciproca tra le due sponde del bacino, per cui, sebbene vi sia un sud del Mediterraneo più meno sviluppato da un punto di vista militare, sociale ed istituzionale, dall’altro abbiano un nord fortemente dipendente dalle risorse energetiche presenti nel sud, dagli scambi commerciali con questi, nonché con le necessità ed esigenze operative e strategiche dettate dalla lotta ai traffici illegali, al terrorismo, alla criminalità organizzata.
Vi sono, cioè, dei fattori, quali quello economico, sociale, politico ed energetico, che segnano chiaramente quel gap esistente tra le due sponde del Mediterraneo, ponendo al centro dell’agenda politica regionale la necessità di sviluppare iniziative perché l’area diventi nel medio e lungo periodo omogenea, stabile e sicura.
Proprio sull’impronta dettata dalle diverse concezioni che si sono date del Mediterraneo, nonché delle problematiche che lo attanagliano trasversalmente, l’Unione Europea, ontologicamente e geograficamente legata all’area, ha da tempo posto in essere una politica multidimensionale, ispirata tanto a una logica bilaterale come multilaterale, con i diversi paesi del bacino del Mediterraneo Allargato.
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