“Perché conviene essere onesti. I costi economici e sociali dell’illegalità”: è stato questo il tema scelto dalla Fondazione Campostrini di Verona per il progetto “Dialoghi per la legalità”, dedicato in particolare agli studenti delle scuole, ma che offre contemporaneamente ai genitori la possibilità di incontrare eminenti personaggi del panorama politico, civile e culturale italiano, che alla causa della legalità hanno dedicato la professione e spesso l’intera vita.
Il percorso per l’anno 2011 ha avuto l’obiettivo di coinvolgere giovani e adulti in una riflessione sulla legalità, che permettesse loro di soffermarsi in modo particolare sul concetto di convenienza/sconvenienza – sia economica che sociale – derivante dal rispetto o dalla violazione delle regole. Numerose sono state le tematiche approfondite dagli illustri relatori invitati durante i cinque incontri, moderati da Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di “AvViso Pubblico. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie”: dalle ecomafie – che “costano” ogni anno venti miliardi di euro, senza contare le conseguenze in termini di danni alla salute umana e all’ecosistema – al rapporto tra sport e legalità; dai costi sociali dell’uso di sostanze stupefacenti, alle modalità con cui criminali e colletti bianchi si arricchiscono a spese della comunità. Durante l’ultimo incontro, tenutosi giovedì 19 maggio, che ha visto la partecipazione di Piercamillo Davigo (consigliere di Cassazione), Romani ha snocciolato le cifre sbalorditive sottratte ogni anno dalla criminalità, che pesano come macigni sulle tasche degli italiani: la sola corruzione nella pubblica amministrazione sottrae annualmente risorse per sessanta milioni di euro, mentre le mafie complessivamente costano centocinquanta miliardi di euro. Se a queste voragini provocate dalla presenza massiccia di poteri criminali sul territorio aggiungiamo anche i centocinquanta miliardi di euro di evasione fiscale annuale, il panorama che ci si presenta appare tutt’altro che roseo.
“La corruzione – ha detto Davigo – genera inefficienza e si alimenta di inefficienza. E’ naturale che mercati illegali di certe dimensioni debbano essere gestiti dal crimine organizzato che li fa funzionare tramite la violenza”. L’illegalità, dunque, si estende a macchia d’olio e mangia tutto, sottrae risorse pubbliche: è questo il vero cancro della democrazia (non la Magistratura, come da anni va sostenendo l’attuale capo del Governo). “Un contesto simile – ha proseguito il giudice – è terreno fertile per i poteri criminali. Mi ricordo cosa disse, un giorno, un vecchio carabiniere di Milano, mentre ero sostituto procuratore, per farmi capire cosa fosse la mafia: dottore, i mafiosi sono come i pidocchi, vanno dove c’è sporco! Per contrastare i mercati illegali, dunque, bisogna pulire!”. Cosa stato fatto, dunque, per contrastare la corruzione e favorire lo sviluppo? “In realtà moltissimo è stato fatto, ma per contrastare i processi sulla corruzione, più che la corruzione in sé. Se ne 1996 le condanne per corruzione sono state circa 1300, appena dieci anni dopo, soltanto 53. Ma questo non significa che sia scomparsa, anzi. Davanti a dati come questi, invece di potenziare gli strumenti di magistratura e forze dell’ordine, si è proceduto in senso opposto, con una legislazione sbagliata, costanti attacchi e delegittimazione degli organi inquirenti e minore riprovazione sociale dei reati”.
Le riforme della giustizia in cantiere potranno incidere positivamente sul sistema di lotta a corruzione e criminalità? Davigo non ha dubbi: “Se i problemi della giustizia sono quelli sotto gli occhi di tutti, lunghezza dei processi e scarsa efficacia delle sanzioni inflitte, le riforme non serviranno a niente, se non a peggiorare le cose, anche sul fronte della lotta alle mafie. Nel civile occorrerebbe rendere rischioso agire o resistere in giudizio indebitamente, cioè con la consapevolezza che si ha torto, mentre nel settore penale ci sono troppi reati di poco conto: ad esempio facciamo ancora tre gradi di processo, con un enorme spreco di risorse, per un’alterazione del biglietto del tram! Sarebbe necessaria una seria depenalizzazione, per ridurre fin dall’inizio i procedimenti: col sistema attuale, infatti, una volta iniziati, è naturale che si arrivi sempre e comunque in Cassazione, poiché vengono impugnate tutte le decisioni, ma in tal modo la macchina si ingolfa, gira a vuoto, ed il servizio che si offre alla gente è inefficiente. Per non parlare poi – ha concluso Davigo – del falso problema della separazione delle carriere tra giudicanti e inquirenti, e dell’aumento dei membri laici nel C.S.M.: si accusa la magistratura di essere politicizzata e poi si propone addirittura di aumentare i membri di nomina politica!”.
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