Stando alle cifre ufficiali fornite dall’Uniform Crime Report,
nel giro di un trentennio, la percentuale degli omicidi risolti
con la cattura del colpevole, negli Usa, sarebbe scesa
vertiginosamente: dal 94% del 1960 al 67% del 1990,
e molti di essi sarebbero opera di serial killers.
In Italia, secondo la rivista Detective e Crime ce ne sarebbero
in libertà una cintuantina. Per il professor Bruno, invece, da circa
vent’anni a questa parte agirebbero indisturbati
almeno 25 assassini seriali. L’Italia figurerebbe al quinto posto
per numero di omicidi seriali, dopo Usa, Gran Bretagna, Germania e Francia
Claudio Ianniello
“ Son criminali che uccidono in serie, per mesi, se non per anni, senza un movente preciso, il piu` delle volte perche` ossessionati da istinti sessuali” (Stephane Bourgoin La follia dei mostri)[1].
In detta definizione non sono compresi i terroristi, certi Capi di stato, gli assassini prezzolati o mossi da moventi religiosi ed ideologici.
Il fenomeno dei serial killers fu studiato inizialmente negli USA dall’FBI con un programma apposito[2] ed in seguito anche in Europa, principalmente in ambito accademico, dove il numero registrato di crimini seriali era decisamente minore.
Non potendo affrontare con le tradizionali metodologie d’indagine il dilagare di questo genere di omicidi, in cui la vittima e l’assassino generalmente non si conoscono (sono i c.d. stranger to stranger murders), l’FBI fu costretta ad inventare nuovi metodi in cui faceva ricorso all’informatica, alla sociologia, alla psicologia, alla psichiatria, alla scienza e all’intuito per meglio dare la caccia a questa tipologia poco conosciuta di criminali.
Dal 1979 furono intervistati sistematicamente tutti i serial killers gia` reclusi, allo scopo di affinare i loro profili psicologici. In seguito fu avviato il programma informatico VICAP, inaugurato nel maggio 1985.
La prima versione del rapporto si chiamava VI-CAP Crime Report, in cui venivano classificati gli omicidi insoluti per essere analizzati. La stretta collaborazione tra investigatori e psichiatri permise, col passare degli anni, di comprendere al meglio il fenomeno dei serial killers, contribuendo nel contempo agli sviluppi stessi della Criminologia.
Fino agli anni ’80 del secolo scorso, i crimini seriali erano classificati semplicemente come mass murders, cioe` delitti di massa senza ulteriori differenziazioni. Fu grazie all’NCAVC (National Center for Analisys of Violent Crime), istituito dall’FBI, che si pervenne finalmente nel 1979 ad una classificazione piu` compiuta di questi delitti multipli in relazione alle modalita` esecutive del reato:
1. Mass Murderers: assassini di massa che uccidono quattro o piu` vittime nello stesso luogo ed in un unico evento; di solito non conoscono le proprie vittime e la scelta e` per lo piu` casuale.
2. Spree Killers: assassini compulsivi, uccidono due o piu` vittime in luoghi diversi e in uno spazio di tempo molto breve; questi delitti spesso hanno un’unica causa scatenante e sono tra loro concatenati in un certo periodo. Anche in questo caso il soggetto non conosce le sue vittime e, dato che non nasconde le sue tracce, viene catturato facilmente.
3. Serial Killers: uccidono tre o piu` vittime, in luoghi diversi e con un periodo di intervallo emotivo (cooling off time) fra un omicidio e l’altro; in ciascun evento delittuoso, il soggetto puo` uccidere piu` di una vittima, puo` colpire a caso oppure scegliere accuratamente la vittima, spesso ritiene di essere invincibile e che non verra` mai catturato[3] .
Tra queste categorie di assassini furono individuate parecchie differenze ad esempio al mass murder ed allo spree killer non interessa l’identita` della vittima, diversamente invece dal serial killer, che le seleziona accuratamente. Ancora, lo spree killer perde facilmente il controllo della situazione, mentre il serial killer pianifica e domina le sue azioni[4]. Mancando una statistica ufficiale dei serial killers (non bisogna trascurare il “numero oscuro” rappresentato da quelli ancora in circolazione, i cui delitti restano impuniti), molte ricerche sono state condotte sulle loro vittime[5] per comprenderne la psicologia ed il modus operandi.
Un dato tuttavia e` emerso chiaramente, ovvero che i serial killer uomini sono di gran lunga piu` numerosi di quelli di sesso femminile. Attenendosi ai dati statistici per gli studiosi e` stato possibile pervenire ad alcune generalizzazioni, utili per differenziare il crimine seriale da quello comune, a partire dallo strumento di produzione omicidiario impiegato[6], dalla preferenza per una particolare tipologia di vittime, dal luogo prescelto per agire etc.
I serial killers sono di norma giovani (eta` compresa tra 20 e 40 anni) e spesso commettono il loro primo omicidio sotto i 30 anni. Uccidono prevalentemente in un territorio ben definito e da loro conosciuto.
A differenza dei mass murderers, il cui comportamento e` ben piu` psicotico di quello dei serial killers, quest’ultimi sono meno identificabili, in quanto agiscono senza un apparente motivo, lasciando pochi indizi. Il serial killer inoltre, spesso ispira fiducia nella vittima ed instaura con essa, fittiziamente, un rapporto empatico e comunicativo al fine di vincerne le eventuali diffidenze.
In realta`, essendo ingrato, cinico, ribelle, sleale ed opportunista, e` incapace di comprendere completamente che le sue azioni possano ferire chi gli sta attorno: gli altri esistono solo in funzione dei suoi bisogni. Pur di raggiungere il proprio fine, egli e` capace di sfruttare ogni situazione che gli si profila sul campo.
Di regola il serial killer e` molto intelligente, anche se e` incapace di sfruttare completamente le sue potenzialita` in attivita` lavorative o scolastiche. Nella maggioranza dei casi hanno alla spalle delle insoddisfazioni o traumi di natura familiare, infanzia e¬/o adolescenza segnate da comportamenti violenti, ribelli, aberranti nei confronti della societa` o degli animali, che li portano a deviare verso un mondo immaginario e violento, di cui finiscono per sentirsi padroni assoluti.
Generalmente, sono affetti da parafilie e in loro gioca un ruolo importantissimo il rituale della ricerca (incontro, abduction, e assalto) e dell’assassinio delle loro vittime, sul quale essi ammettono di aver fantasticato molto prima dell’ acting – out. Molti di loro hanno confessato di essere stati fortemente ossessionati, dopo il primo crimine, e talvolta stimolati dal ricordo del loro atto; cosa che ha contribuito poi ad alimentare i “fantasmi” dei crimini successivi. “La loro energia psichica viene canalizzata verso i fantasmi di aggressione e di dominio che suggeriscono una proiezione ripetitiva dell’abuso subito e un’identificazione con l’aggressore” (Stephane Bourgoin - La Follia dei Mostri pag.21).
Una volta catturati confessano sempre i loro crimini, in parte per soddisfare ulteriormente il loro egocentrismo e la smania di celebrita` oppure per opportunismo, per sfruttare al meglio le condizioni di vita carceraria o per compiacere l’intervistatore di turno. Non sono mancati, altresi`, quelli che si sono attribuiti delitti orrendi, mai commessi, per invocare la non colpevolezza per infermita` mentale e sfuggire cosi`, ad esempio, alla pena capitale negli USA.
Da un punto di vista psichiatrico, secondo il dott. Michel Benezech, professore di medicina legale dell’ Universita` di Bordeaux, sarebbe possibile diagnosticare due tipi di serial killers:
1. il paranoide psicotico, che puo` essere schizofrenico;
2. quello psicopatico, la cui personalita` e` decisamente asociale.
Quest’ultima categoria e` quella piu` pericolosa ed inafferrabile. Il killer psicopatico reagisce ai maltrattamenti e all’abbandono patiti nell’infanzia divenendo sociopatico. Finge di provare emozioni ma in realta` e` privo di sensibilità` morale. Compensa il suo insopportabile senso di inferiorità` controllando gli altri: riuscire a manipolare qualcuno diventa per lui una tale ossessione da portarlo prima o poi all’omicidio. Si comporta da autentico edonista, cercando ovunque il suo piacere anche a discapito degli altri. Il suo e` un comportamento da vero camaleonte capace di dissimulare ogni pensiero irrazionale o bizzarro, ben celato sotto un aspetto normale e perbenista.
Secondo gli specialisti sarebbero sei le cause piu` probabili poste alla base dell’agire dei serial killers: omicidio involontario causato dagli atti sessuali; omicidio connesso ai fini dell’atto sessuale; omicidio commesso per eliminare un probabile testimone della sua condotta criminosa (stupro); omicidio premeditato in cui gli atti sessuali sarebbero una conseguenza del crimine; omicidio come parte integrante dell’atto sessuale; omicidio come sublimazione dell’atto sessuale.
Per contrastare il fenomeno dei serial killers, sull’esperienza maturata negli Stati Uniti, molti paesi si sono dotati di banche dati potentissime (case linkage system) in grado di memorizzare, classificare e confrontare, in tempo reale, una serie innumerevole di informazioni relativa a piu` omicidi analizzati contemporaneamente, desunte sia in sede di sopralluogo, che nel corso delle investigazioni di polizia, (SASC in Italia). Inoltre si sono sviluppati metodi di rilevazione che tengono conto del fattore umano dell’assassino seriale (criminal profilig).
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1] L’origine del termine serial killer risale alla fine degli anni ’70 del secolo scorso e si deve a Robert Ressler, ex agente FBI, autore del libro “Whoever fight monster”
2] La creazione del programma di profilo criminale si deve agli agenti speciali dell’FBI Howard Teten e Patrick Mullany. Grazie al successo del loro lavoro, a partire dal 1970, l’attivita` di Criminal Profiling fu messa a disposizione anche delle autorita` di polizia locali. Gli innovativi studi sui serial killer furono poi affidati alla BSU ( Behavioral Science Unit e Crime Investigative Analysis), Dipartimento di Analisi Criminali dell’ FBI, fondata da Jack Kirsch nel 1972, con sede in un ex rifugio antiatomico di Quantico - Virginia -. Verso la meta` degli anni ’80 del secolo scorso, venne istituita una sezione autonoma della BSU per l’elaborazione del VICAP. Il campione esaminato dalla sezione, era costituito inizialmente da 36 assassini condannati gia` con sentenze passate in giudicato. Successivamente il programma fu completato con le interviste di 41 violentatori seriali. Nel 1992 fu pubblicato il manuale di classificazione del crimine violento (CCM). Attualmente la BSSU dell’ FBI opera all’interno del National Center for Analisys of Violent Crime (NCAVC). In Europa, uno dei pionieri di questo genere di ricerca fu il dr. Michel Benezech, dell’Universita` di Bordeaux.
3] Nel 1990 l’FBI elaboro` un’ulteriore classificazione in relazione alle motivazioni a compiere l’atto omicidiario (seriale): serial killer “visionario”, “missionario”, “edonista”, “assetato di potere”, “lussurioso”.
4]Alle caratteristiche individuate dagli americani e dagli inglesi per definire i serial killer (ripetizione dell’omicidio,assenza di motivazioni evidenti e di relazioni con la vittima, una finalita` di tipo edonistico o fanatico, un legame piu` o meno netto con la sessualità`, la presenza frequente di diverse forme di patologia mentale) il prof. F. Bruno aggiunge la categoria della mostruosità`, concetto piu` semplice da valutare legato alla sproporzione quantitativa e qualitativa osservabile nei delitti di matrice seriale.
5]Una stima ufficiosa risalente al 1990 ha evidenziato le seguenti percentuali: il 65% delle vittime sarebbero donne ed il restante 35% di sesso maschile; l’89% di razza bianca, il 10% di razza nera, solo l’1% di altre razze.
6]Rispetto ad un delinquente comune che utilizza solitamente l’arma da fuoco, il serial killer preferisce il contatto ravvicinato con la vittima. La donna serial killer propende decisamente per l’uso del veleno.
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