In una spettacolare mostra alle Scuderie del Quirinale
di Roma, le sofferenti opere dell'artista veneto,
grande genio incompreso del Rinascimento
La nuova mostra delle Scuderie del Quirinale, una monografica su Lorenzo Lotto, fino al 12 giugno, a cura di Giovanni Villa, è un altro capitolo delle grandi mostre delle Scuderie del Quirinale dedicate ai protagonisti della storia dell’arte italiana. Roma accoglie per la prima volta l’artista in una delle sue più importanti sede espositive, prima di questa ricordiamo altre due grandi esposizioni monografiche dedicate al maestro rinascimentale, una a Venezia nel 1953 e una a Bergamo, Parigi e Washington nel 1998. Il percorso espositivo attraversa tutta la produzione artista di questo geniale tanto quanto solitario maestro del Rinascimento italiano la cui vita e carriera è stata caratterizzata da un continuo errare. Lorenzo infatti si lascia alle spalle la tranquilla provincia veneta, vivendo in vari posti tra cui brevemente anche a Roma, città in cui però non venne pienamente accolto in quanto artista. Lui stesso infatti descrisse quel periodo con queste parole: “Solo, senza fedel governo e molto inquieto nella mente”. E da Roma poi riprese il suo vagabondare per passare gli ultimi giorni della sua vita, in estrema solitudine nella Santa Casa di Loreto, nelle Marche. La grande capacità di Lorenzo Lotto, nato nel Quattrocento, fu quella di riuscire a conciliare, in modo del tutto autonomo e originale gli elementi tradizionali della grande pittura della sua epoca con alcuni elementi che troveremo anni dopo nell’epoca barocca. I suoi riferimenti fondamentali furono sicuramente Giovanni Bellini, per la struttura compositiva dei suoi quadri, Antonello da Messina, dal quale imparò a guardare l’animo umano e a trasporlo su tela e Albrecht Durer che fa da riferimento per la messa in scena.
Le opere in mostra alle Scuderie sono 57 e vanno dalle opere devozionali a quelle profane, dalle grandi pale d’altare ai ritratti. Questa eterogeneità di opere esposte ci permette di comprendere a pieno l’autore, il suo percorso artistico che come in molti casi nei grandi artisti si intreccia con il suo percorso biografico. Impressionano delle opere gli sprazzi di luce fredda, i piani prospettici mirabilmente e insolitamente tagliati, i ritmi serrati delle sue composizioni, sottolineati dall’intrecciarti di sguardi e gesti dei personaggi immersi in una natura misteriosa e inquietante. Le opere che più impressionano sono sicuramente il Polittico di San Domenico di Recanati, restaurato tra l’altro in un cantiere aperto appositamente allestito nella mostra, la Deposizione di Jesi, l’Annunciazione di Recanati (dove si vede un insolito gattino terrorizzato dall’apparizione dell’Angelo), la Madonna del Rosario di Cingoli, e infine la Presentazione al Tempio di Loreto scena interpretata in modo molto struggente che gli conferisce un’aurea di forte misteriosità. Di grande interesse sono anche le opere profane come La Castità mette in fuga Cupido e la Lussuria, della collezione Pallavicini, o i ritratti come Il Triplice ritratto di orefice da Vienna o il Ritratto d’uomo con il cappello di feltro da Ottawa. Tutte queste opere, di grandissima rilevanza artistica, provengono da numerose istituzioni di tutto il mondo, dal Louvre alla National Gallery di Londra, dalla Gemäldegalerie di Berlino al Metropolitan Museum di New York e alla National Gallery di Washington.
FOTO: Lorenzo Lotto - Triplice ritratto di orefice
Vienna, Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie
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