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Marzo - Aprile/2011 - Articoli e Inchieste
Silp
I principi della 121 alla prova dei fatti - Occorre farli vivere ogni giorno
di

La legge è stato un accadimento epocale.
Ma il suo spirito non si è completamente
realizzato specialmente per quello che attiene
il coordinamento tra le varie Forze di Polizia,
ma anche per la riqualificazione del personale, delle donne
e del regolamento disciplinare


In questo anno, tra le tante ricorrenze che hanno segnato la storia di questo paese, ve ne sono due che, pur rappresentando l’evoluzione di  modelli di società diverse, conservano principi e idealità comuni, in relazione alle conquiste di spazi democratici  e al miglioramento dei diritti civili: “i 150 anni dell’unita’ d’Italia” e “il 30° anniversario della legge 121”.
Accomunare due avvenimenti di tali proporzioni può sembrare improprio ( il primo  e’ stato una conquista manu-militari, il secondo l’ottenimento di una legge) ma, quello che li unisce e li ha caratterizzati è senz’altro la “motivazione ideologica”,  costituita da quel forte desiderio libertario delle persone che li hanno animati: da una parte, giovani patrioti che si sono battuti e immolati per l’affermazione di uno stato-nazione e che si sono opposti alla sopraffazione militare straniera, dall’altra, uomini e donne della polizia  che si sono battuti per l’affermazione  di diritti civili negati da una amministrazione basata, negli anni sessanta e settanta, sull’attuazione di regole militari autoritarie che negava tali diritti.
Un’amministrazione della P.S. che, nel contempo, mostrava ai cittadini un’immagine dell’istituzione tipicamente repressiva e lontana dalla società civile.
Fortunatamente, l’evoluzione democratica che ha attraversato il secolo scorso ha fatto si che il nostro paese, pur con una situazione politica confusionaria e precaria e con tutte le contraddizioni evidenti, può oggi festeggiare queste due ricorrenze con l’orgoglio e la consapevolezza di essere un paese in cui i diritti come la  libertà, la solidarietà, l’uguaglianza e la giustizia, sono considerati dalla maggioranza dei cittadini, diritti  irrinunciabili, non negoziabili e non confinabili.
Questo sindacato, che si batte quotidianamente per l’affermazione di tali valori, riconosce alle lotte libertarie che hanno animato la conquista dell’Unità d’Italia, il merito di aver dato inizio a quel riscatto sociale che, specialmente negli ultimi 100 anni, ha permesso ai cittadini di questo paese, pur nella drammaticità di due guerre mondiali, di migliorare le proprie condizioni di vita.
Nel contempo possiamo dire, anche, che da trent’anni questo paese ha una istituzione democratica in più : “La Polizia di Stato”, più vicina alle esigenze sociali e  che è orgogliosa dei valori e delle motivazioni ideologiche che hanno permesso, 150 anni fa, la nascita del nostro amato Stato Unitario.
Eravamo chiamati “sbirri”, “guardie” in modo dispregiativo; eravamo visti come servi dello Stato, pseudo-lavoratori, lontani dai problemi della gente, come se anche noi non avessimo avuto gli stessi problemi.
Grazie al mondo del lavoro e alla sensibilità di alcune personalità politico-istituzionali, dopo un lungo ed ostacolato cammino di crescita gravato da un altissimo tributo di vite umane, si è rimosso ogni residuo di dualismo tra società e Polizia.
A noi poliziotti era proibito esporre i nostri disagi in una sfera pubblica; era consentito parlare solo con i superiori o con i cappellani e bastava un cenno per essere denunciati al tribunale militare.
A noi era negato quel diritto che la Costituzione, promulgata il primo gennaio del 1948, riconosceva a tutti i cittadini italiani, di essere cioè come loro.
Solo dopo la riforma del 1981 si è aperta una prospettiva di profondo adeguamento delle strategie della sicurezza in una griglia di riferimenti attenti ai valori della società civile.
Valori in cui si legittima la stessa funzione della PS che, con la smilitarizzazione, il riconoscimento dei diritti sindacali, la parità di ruoli e di carriere tra uomini e donne, è stata ricondotta ad una istituzione laica, con una posizione di assoluta centralità nella difesa della libertà e della sicurezza dei cittadini.
L’opinione pubblica nei confronti delle forze di Polizia ha mutato il proprio atteggiamento ostile ed irriguardoso, perché è cambiato il modo con cui la Polizia si pone nell’affrontare le varie problematiche istituzionali.
Per anni, grazie a CGIL CISL UIL, attraverso il SIULP, la Polizia di Stato ha percorso nuove strade, e si è avviata verso nuovi cambiamenti. La Riforma è un divenire, e il 10 dicembre 1999, a seguito di sistematiche violazioni che hanno stravolto l’identità culturale e politica del sindacato unitario, coinvolto suo malgrado in iniziative di partito e di una sola confederazione, rendevano impossibile la prosecuzione del rapporto associativo unitario. Nasceva il SILP per la CGIL e la Riforma si mostra ancora come una struttura in un continuo divenire.
In continuo divenire perché, in effetti, non si è ancora compiutamente realizzato lo spirito della Riforma.
Una riforma non ancora pienamente applicata, soprattutto per quanto riguarda il coordinamento tra le varie Forze di Polizia.
Una riforma migliorabile nella parte relativa alla piena libertà sindacali.
Una Riforma non ancora applicata riguardo la riqualificazione, non solo economica, del personale, delle donne, dei tecnici e del regolamento di disciplina, oramai obsoleto ed anacronistico.
Una Riforma applicata in modo farraginoso dall’Amministrazione della P.S. che favorisce, inevitabilmente, maggiore conflittualità nella rappresentanza sindacale.
E’ difficile ricordare le sigle delle associazioni, dei comitati e dei sindacati che sono nati: solo l’Amministrazione li conosce tutti e con tutti intrattiene mediazioni, questo è un danno per i sindacati rappresentativi.
La Riforma di Polizia è una delle pochissime leggi votate ad unanimità e la sua non applicazione ci fa pensare che sia un modo che la dice lunga sul tipo di sicurezza che si intende adottare nel paese.
Invece, piuttosto che applicarla, qualcuno, pensa a modificarla, riportandoci indietro, togliendoci non solo i fondi, ma anche quella libertà conquistata a caro prezzo. Si respira di nuovo aria di caserma. “Si finanzia, per la sicurezza interna, l’impiego dei soldati sul territorio nazionale e non un segno di attenzione verso migliaia di agenti, donne e uomini, che svolgono il loro servizio malpagati e spesso male equipaggiati. Si è ipotizzato un controllo del territorio attraverso i rondisti con l’utilizzo di divise che evocano scenari e memorie inquietanti, si paragona l’Arma dei Carabinieri ad una Ferrari ed i Poliziotti ad una utilitaria”.
A tutti costi si desidera ridurre il perimetro contrattuale e sindacale delle Forze dell’Ordine; si vuole ridimensionare un importante strumento investigativo quale è l’intercettazione telefonica, mettendo in difficoltà Forze dell’Ordine e Magistratura impegnate in delicate indagini di mafia, terrorismo e corruzione.
Quest’ultima, è bene ricordarlo, toglie alle casse dell’erario 60 miliardi di euro l’anno.”
Noi, non siamo esenti da queste sfide poste al mondo del lavoro dagli impressionanti processi di globalizzazione che richiederebbero una coesione tra i sindacati confederali, certamente più ragguardevole che in passato.
Nel contempo, attraverso false rappresentazioni del contesto sociale, qualcuno cerca di sminuire il ruolo del sindacato, qualcun altro sostiene timidamente che il sistema sindacale si sia impigrito.
Altri ancora sostengono che le organizzazioni sindacali non sono più al centro del processo di emancipazione delle classi lavoratrici ed altri ancora, sperano in un’altra parentesi del ventennio durante la quale i Sindacati furono sciolti per far posto alle corporazioni.
Ma, il nostro sindacato, oggi, ancor più di ieri, promuove la centralità del lavoro umano, i diritti dei singoli, delle minoranze, include e non esclude cercando di eliminare le differenze ed affermando, sempre con più forza, che è solo il lavoro umano con i diritti dei lavoratori e non il denaro, che produce ricchezza, crescita e sviluppo.
La Polizia di Stato non è stata immune da questo processo. La legge 121/81 è nata proprio grazie a chi continua ad affermare quel processo di emancipazione delle classi lavoratrici e dei loro diritti.
Riteniamo necessaria questa esposizione per non dimenticare mai che solo con il sindacato e solo con il mondo del lavoro è nata quella democratizzazione e Riforma della Polizia, venuta alla luce tra i poliziotti e realizzata per la volontà del movimento dei poliziotti che si rivedono tuttora nel mondo del lavoro.
E’ stata costruita superando molti ostacoli, molte incomprensioni, molte repressioni e per qualcuno ha significato anche il carcere. “ Quei “Carbonari” del Corpo delle Guardie di P.S.  che, pagando personalmente, si sono battuti, per l’affermazione di diritti civili negati e per una Polizia di tutti i cittadini e non di pochi, rappresentano per noi un ricordo indelebile e a loro, va il nostro infinito “GRAZIE!!!”.
Hanno lottato con lo stesso spirito che animò i “ Carbonari” del nostro Risorgimento ed alla stessa stregua hanno profuso tutte le loro migliori energie rinnovative, contribuendo alla costituzione di un paese unito, libero, indipendente e repubblicano.
Abbiamo così ottenuto la smilitarizzazione dell’apparato, la riforma della struttura della Polizia e migliori condizioni lavorative.
Ci siamo allineati agli altri paesi europei. I poliziotti, oggi, si possono considerare lavoratori al fianco di altri lavoratori ma, tuttora non con gli stessi diritti degli altri cittadini.
In effetti, stiamo contestualmente assistendo ad una rimilitarizzazione di fatto della Polizia. Per entrare a far parte della Polizia di Stato occorre transitare obbligatoriamente dal servizio militare; ciò porta a penalizzare soprattutto le donne che, sono oggi la stessa percentuale di 20 anni fa.
Lo sparuto bando di concorsi ha creato enormi vuoti di organico e tale assenza di nuova linfa vitale per la nostra istituzione, ha reso di fatto la stessa un apparato formato da persone con elevata età anagrafica, che deve sobbarcarsi il lavoro implementato dalle nuove realtà criminali e dalla progressiva riduzione delle risorse, finanche umane.
Tale situazione non può non indurre ad ipotizzare un disegno politico di inesorabile esautoramento di compiti e funzioni presumibilmente da delegare a Polizie ed istituzioni locali, cui infatti ora vengono destinate vive e cospicue risorse.
In questo quadro si inseriscono tutta una serie di rivendicazioni che sono state ignorate e comunque contenute dalla logica del risparmio e dal taglio di bilancio: la reale difficoltà di migliorare in carriera, capitalizzando il percorso culturale dei singoli, il mancato coordinamento delle Forze di Polizia, un’applicazione parziale della legge di riforma, l’assenza di un assetto previdenziale, la mancanza di un vero e proprio aggiornamento professionale e stipendi non più adeguati.
Queste sono conseguenze che stanno mettendo a dura prova l’istituzione della Polizia di Stato. Fronteggiare con forze inadeguate situazioni pesanti di ordine pubblico, un aumento diffuso dell’illegalità, un nuovo tipo di criminalità organizzata, spregiudicata, violenta, in possesso di tecnologie più progredite e dotata di una forza economica-finanziaria spaventosa, impongono ai lavoratori di polizia sforzi e sacrifici che si traducono in un aggravamento delle condizioni di vita, di impiego e di efficacia professionale.
Non vogliamo ancora rassegnarci, ma, dobbiamo prendere atto che si sta formando nel personale la convinzione che le risorse economiche e umane, le strutture della stessa Polizia, la preparazione professionale, anche dei dirigenti e la disponibilità di strumenti tecnici, sono ormai insufficienti ed inadeguati. Si sopperisce a tale inefficienza trasformando in poliziotti i soldati, i rondisti e i vigili urbani.
L’attenzione e la propensione della classe governativa verso una forma di autonomia locale e di federalismo hanno comportato un’evidente non curanza delle Forze di Polizia statali, svilendo di fatto le prerogative dell’attuale autorità tecnica provinciale di P.S., in controtendenza alla necessità di un reale coordinamento.
Speriamo di non riguadagnare con altro sangue quella solidarietà che la società finora ci ha dimostrato ma che qualcuno, forse, ci vuole togliere, mettendo a serio rischio la tenuta democratica del paese.
Ma noi ci saremo!!!
Ci saremo a difesa delle istituzioni, a difesa dell’Unità d’Italia, e della carta Costituzionale.
Celebrando il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e il Trentennale della Riforma della Polizia, non possiamo non ricordare che, proprio nel 1981 ben 19 Poliziotti sono caduti nell’adempimento del proprio dovere e, proprio nel trentennale della loro scomparsa, a loro e a tutti i caduti della Polizia di Stato ed alle loro famiglie va la nostra più viva riconoscenza e gratitudine.
Tutto ciò, poiché siamo convinti che senza la memoria del passato e senza il ricordo della storia saremo tutti inesorabilmente più deboli.

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