Quasi la metà dei precari italiani ha a malapena la licenza di terza media e non è il giovane laureato in cerca di un lavoro. In effetti i lavoratori senza un contratto di lavoro stabile non ha proseguito gli studi dopo aver terminato la scuola dell’obbligo. Molti meno i neolaureati che lavorano in condizioni di precarietà.
I precari con basso titolo di studio sono in questa fase di crisi economica quelli più a rischio.
Con la frequenza della scuola si impara ad accogliere una visione più ampia della vita. Non dimentichiamo che la scuola rappresenta l’esperienza di essere valutati, che porta il giovane a misurarsi con la società, che decide quanto vale ogni persona a partire da quello che sa e che sa fare. Molte famiglie stimano i propri figli come i più bravi e i più intelligenti ma il mondo non finisce nei confini domestici, i figli dovranno superare i confini del privato e la scuola aiuta ad accedere in un mondo meno protettivo in cui dovranno mettersi in gioco, accettare il rischio di confronti impegnativi, e scoprire una dialettica fra diritti e doveri.
Se i giovani non vengono guidati dalla famiglia difficilmente saprai no scegliere un lavoro manuale, di cui l’Italia ha necessità. Mancano informazioni sull’esistenza di istituti tecnici professionale e la volontà di evitare che un figlio diventi un operaio. L’apprendistato, per il giovane, deve essere considerato un momento di crescita. Per questa mancanza di informazione vediamo tanti, troppi giovani a spasso che trascurano mestieri e professioni per i quali ci sono tante richieste ma “non offerte”.
E’ sempre in aumento la difficoltà di reperimento del personale, sei punti in più rispetto allo scorso anno.
Alle imprese italiane servono installatori di infissi e serramenti anche nelle aziende del settore erano pronte ad assumere 1.500 lavoratori, ma nella maggior parte dei casi non hanno trovato quello che cercavano.
Gli artigiani con i loro 68 mestieri non trovano riscontro alla richiesta dove conta il “saper lavorare”.
Il lavoro, qualsiasi lavoro è fatica anche fisica e fondamentale è la manualità, così i posti vuoti restano tali, pochi i giovani che si presentano o che non risultano adatti.
Ora abbiamo coniato il nome “bamboccione” che equivale a “scansafatiche” ma non si può liquidare un argomento così importante con dei sostantivi senza cercare le cause di un fenomeno della società odierna.
Per chi vuole lavorare ci sono anche lavori che ossono essere svolti senza avere una preparazione specifica.
Quello che manca alla maggior parte dei giovani è il contatto con il mondo del lavoro, durante il periodo degli studi, quindi il canale di avvio al lavoro, la via per conoscere chi e dove potrebbe essere assunto.
Al termine del percorso scolastico soltanto l’otto per cento dei ragazzi trova lavoro grazie alle agenzie o alle segnalazioni delle stesse scuole. Nei tempi passati ed in parte anche oggi il primo posto di lavoro avviene con l’aiuto di parenti, amici e conoscenti senza dimenticare l’importanza di una raccomandazione.
Intorno ai giovani di oggi regna il pessimismo e l’incapacità di scoprire nuovi ideali. I giovani non sanno descrivere il loro malessere, le loro delusioni, perché hanno un grado emotivo che non gli consente di cercare che cosa vogliono. Spesso non c’è comunicazione con la famiglia, la scuola non suscita interesse, le parole che invitano all’impegno per il futuro non dicono più niente e la solitudine è l’unica a regnare.
Eppure i giovani ci rivolgono delle domande alle quali dobbiamo rispondere con una corretta capacità educativa.
Dobbiamo ritornare ai giovani, progettare con loro, sognare con loro il futuro e sperare insieme a loro.
I giovani non hanno bisogno di pessimisti intorno a loro ma chi li spinga nel loro ricerca dell’infinito che equivale al loro futuro.
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