Nonostante le reiterate promesse fatte dal governo di dare sostanza economica alla tanto osannata specificità (da ultimo ribadita dall’art. 19 della legge 183/2010) o solo di risolvere i dubbi di costituzionalità e le oggettive difficoltà di applicazione dell’art. 9 del D. l. 78/2010, ad oggi, nessun provvedimento correttivo è stato emanato.
Più volte l’attuale esecutivo, ora per bocca del Ministro dell’Interno e del Ministro della Difesa, ha manifestato l’intenzione di corrispondere a militari e poliziotti un riconoscimento economico e/o previdenziale a compensazione del deficit sofferto rispetto al resto dei pubblici impiegati in termini di diritti e condizioni di lavoro. Tuttavia, le buone intenzioni non si sono tramutate in atti sostanziali, ma si sono fermate ad atti propagandistici privi di qualsiasi efficacia, come i famosi o.d.g., gli emandamenti più volte presentati e contestualmente ritirati, o gli impegni assunti a margine dell’ultima tornata contrattuale.
Ma in concreto nulla; anzi, è stato precisato che le nuove penalizzanti norme sul trattamento previdenziale previste dal D. l. 78 sono applicabili anche al Comparto Sicurezza e Difesa, mentre l’art. 63 del D. lgs 150/2009 (cosiddetto decreto Brunetta) ha allungato a tre anni la durata del contratto di lavoro del Comparto Sicurezza e Difesa, analogamente a quanto previsto per gli altri Comparti pubblici.
Viceversa, le limitazioni in termini di diritti e condizioni di lavoro del personale militare sono state ribadite ed, in qualche caso, ampliate dal Nuovo Codice dell’ordinamento militare (D.lgs 66/2010) e le proposte di riforma della Rappresentanza militare e della Giustizia militare avanzate dalla maggioranza nulla concedono alle richieste di maggiore democratizzazione del settore avanzate dal personale.
Dalla parte dei diritti, dunque, la politica della specificità ha prodotto e rischia ancora di produrre effetti molto sensibili nei confronti dei militari, con il conseguente tangibile rafforzamento di quell’atteggiamento autoritaristico che le Amministrazioni militari avevano iniziato ad abbandonare (a seguito di molte decisioni della Giustizia amministrativa) e che oggi si sentono in qualche modo “autorizzate” a ripristinare.
E’ evidente che la politica della specificità sta provocando una riduzione dei già limitati diritti dei militari a fronte di penalizzazioni economiche e previdenziali uguali, se non superiori, rispetto al resto degli impiegati pubblici. Una situazione a dir poco contraddittoria e paradossale che l’attuale esecutivo sta oltretutto tentando di tenere sotto traccia, da un lato con nuove promesse (l’ultima riguarda il Ddl Sicurezza) e dall’altro con l’adozione di provvedimenti palesemente ingiustificati e tesi esclusivamente ad “ingraziarsi” gli attuali delegati della rappresentanza (come l’ulteriore proroga del mandato) al fine di “ammorbidire” lo strisciante e progressivo malcontento dei militari.
Un disagio, quello dei lavoratori con le stellette, che non può essere semplicisticamente bollato come una mera richiesta corporativa per essere esclusi dai costi della crisi, ma è viceversa figlio del contraddittorio atteggiamento di un governo che promette (e non mantiene) vantaggi economici e previdenziale, che non apre (anzi...) alla richiesta di maggiori diritti, mentre accorda deroghe al rigore dei conti pubblici per finanziare la mini naja o le missioni internazionali, concede riconoscimenti economici e previdenziali ad altre categorie di personale pubblico (scuola, magistrati, controllori di volo, personale alle dirette dipendenze del Parlamento, ecc.) e proroga d’autorità il mandato degli attuali Consigli di rappresentanza, spogliando il personale anche del diritto di scegliere i propri rappresentanti.
Una situazione di malessere avvertita in misura ancora maggiore dai poliziotti militari, la cui militarità rappresenta ormai un’anomalia nel panorama delle democrazie occidentali ed è formalmente giustificata e legittimata solo da marginali e residuali compiti di difesa. Finanzieri e carabinieri faticano sempre di più a comprendere, a parità di trattamento economico e di funznioni espletate, la diversità di diritti e condizioni di lavoro tra loro e i poliziotti civili.
I militari sono stanchi di essere presi per i fondelli, solo perché privi di un adeguato potere corporativo o perché si pensa che abbiano un orientamento politico preconcetto ed immutabile. I militari meritano rispetto sempre e non solo in certe tragiche occasioni.
E’ ora che la politica adotti nei loro confronti un atteggiamento coerente: o la specificità (intesa come limitazione di diritti) si paga concretamente ed adeguatamente, o si riconoscano ai militari maggiori diritti.
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