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Gennaio - Febbraio/2011 - Interviste
L’Italia e il Vaticano
Democrazia? Senza laicità è solo una scatola vuota
di a cura di Michele Turazza

Nel suo ultimo libro Michele Martelli sottolinea
l’anomalia del nostro Paese dove la Chiesa
non è uno dei tanti organismi privati della società
ma si configura di fatto come uno Stato
nello Stato, limitandone di fatto la sovranità

Italy, Vatican State (Fazi Editore) è il titolo dell’ultimo libro di Michele Martelli, studioso e intellettuale impegnato, definito “un atto d’amore” dal giornalista Ferruccio Pinotti, che ne ha curato la prefazione. “Un atto d’amore per un’Italia repubblicana sempre più pesantemente privata dei suoi fondamenti democratici, cioè laici; asservita a lobby occulte e palesi, guidata da leader sempre più proni al volere delle gerarchie vaticane”. Dopo aver efficacemente fatto chiarezza su concetti spesso strumentalizzati per finalità di parte come “relativismo”, “laicità”, “dogmatismo”, Martelli prova a riscrivere provocatoriamente alcuni articoli della nostra Costituzione repubblicana seguendo i dogmi che le gerarchie ecclesiastiche vorrebbero imporre, dimostrando infine come le radici dell’Europa siano laiche, e non cristiane.
Per risollevare le sorti del nostro Paese e perché le varie “diversità” possano convivere pacificamente, nel rispetto reciproco, occorre più laicità. Perché, come sostiene Martelli, “senza laicità, la democrazia è una scatola vuota”.

Prof. Martelli, quali sono i caratteri qualificanti uno Stato laico?
Sono due, l’uno conseguente all’altro. Innanzitutto, la separazione tra Stato e Chiesa. Uno Stato è laico quando non eleva nessuna Chiesa a Chiesa di Stato, né privilegia o favorisce in qualche modo una particolare religione, fosse anche maggioritaria, svantaggiando ed emarginando tutte le altre. Per esempio, non è laico né uno Stato cristiano né uno Stato islamico.
In secondo luogo, il pluralismo e la libertà delle idee. Lo Stato laico può garantire la libera espressione di qualsiasi opinione o concezione del mondo, proprio perché in proprio non ne professa nessuna, né religiosa né irreligiosa, né cristiana né anticristiana, e nemmeno atea. Uno Stato ateo sarebbe infatti, paradossalmente, uno Stato confessionale che eleva a dogma unico e intoccabile per tutti i cittadini, credenti o non credenti, quella specie di “religione dell’anti-religione” che è l’ateismo, reprimendo la libertà delle idee difformi e quindi il dissenso (come è accaduto nell’ex Urss).

Perché sostiene che “senza laicità, la democrazia è una scatola vuota”?
Perché la democrazia è un sistema di regole procedurali che prevedono, in sintesi, la separazione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario), l’autonomia della cultura e dell’informazione (oggi dei mass-media, in particolare televisivi) e il rispetto delle minoranze. Bisogna essere molto vigili di fronte a quello che il pensiero classico liberale ha definito la “tirannia o dittatura della maggioranza”.
Come scrisse il filosofo inglese John Stuart Mill: “Se tutti gli uomini meno uno fossero della stessa opinione, e solamente questo uno fosse di opinione contraria, non avrebbero più diritto di far tacere quell’unica persona di quanto quest’ultima, se ne avesse il potere, avrebbe il diritto di far tacere tutti gli altri (mankind, l’umanità)” [Sulla libertà, 1859]. Se ne deduce che la democrazia è una scatola vuota se e quando è incapace di garantire la libertà di tutti, persino quella di un solo cittadino nell’ipotesi estrema che egli fosse in disaccordo con tutti gli altri, anzi, con l’umanità intera. Ma tale garanzia la democrazia può darla soltanto se è laica, se cioè non professa una propria religione o irreligione, escludendo dalla piena cittadinanza e dai diritti fondamentali chi la pensa diversamente.

Che cos’è l’etica laica?
A mio avviso un’etica può dirsi laica in due sensi. In primo luogo, se è relativistica. Relativismo, in questo caso, significa apertura ad ogni scelta e concezione morale, purché non danneggi la libertà, l’integrità e la sicurezza altrui. Si è lontani quindi sia dall’assurdo egoismo antisociale del “faccio quel che mi pare”, a dispetto degli altri, come se gli altri non ci fossero, o fossero mera “quantité négligeable”, sia dal fanatismo di chi vorrebbe ad ogni costo imporre agli altri i propri dogmi (per esempio, se io ritengo il divorzio un peccato, nessuno deve avere il diritto di divorziare: se lo fa, commette un reato). Il relativismo non nega i valori, ma li concepisce come costruzioni storiche, umane, fallibili, perciò rivedibili, integrabili e migliorabili.
In secondo luogo, un’etica è laica se è utilitaristica. Utilitarismo qui non significa fare i propri interessi con ogni mezzo, calpestando la dignità altrui e la legalità, ma agire in modo tale da non separare o contrapporre il proprio utile e benessere a quello altrui. Utile è tutto ciò che serve alla vita e alla felicità (in senso fisico, emozionale, mentale e spirituale) mia e del mio prossimo, ragion per cui non posso vivere felicemente a spese dell’infelicità, della miseria e della sofferenza altrui. Insomma il concetto di utile ha una dimensione relazionale, sociale: riguarda me nel mio rapporto con gli altri.

Alcuni distinguono tra laicità e laicismo: ci aiuti a fare chiarezza.
Si dichiarano “antilaicisti” coloro che contrappongono la cosiddetta “sana laicità” alla “laicità” senza aggettivi. Ma che cos’è la “sana laicità”? Per dirla con le alte gerarchie ecclesiastiche, è l’“ingresso di Dio nella sfera pubblica”, e cioè nient’altro che l’occupazione delle Istituzioni statali (Parlamento, governo, sanità, scuole, ecc.) da parte di una singola religione (nel caso nostro, della religione e della Chiesa cattolica). Uno Stato “sanamente laico”, come è evidente, sarebbe in realtà uno Stato non laico, ma più o meno religioso e confessionale!

Opporsi a tale progetto è “laicismo”?
Se è così, ben venga il laicismo, perché laicista è chiunque difende la laicità senza aggettivi, e quindi uno Stato democratico che è in grado di garantire la libertà religiosa di tutti (cattolici compresi) proprio perché non è né religioso né antireligioso, ma religiosamente neutrale. Perciò propongo di intendere per laicismo, in positivo, nient’altro che la concettualizzazione filosofica della laicità, e cioè la piena valorizzazione della libertà, dignità e autodeterminazione individuale, in un contesto di dialogo interculturale e interreligioso, fuori da ogni dogmatismo e fanatismo.
Ne consegue che chi crede illusoriamente di possedere e custodire la “Verità di Dio”, assoluta, immutabile e indefettibile, non è laico. Né politicamente né filosoficamente. E perciò cerca di diffamare i laici come “laicisti”, forzando il termine con un senso antireligioso che il termine non ha.

Nel suo libro Italy, Vatican State, scrive che “La cultura moderna, nella sua essenza, è dialogica, partecipativa: difende sì la validità delle sue verità e dei suoi valori condivisi, ma non li svende o commercia sul mercato delle pulci, né li assolutizza”: in sostanza, afferma il rifiuto di ogni dogma. L’opposto delle religioni rivelate. Come dovrebbero essere regolati i rapporti tra uno Stato democratico (e quindi laico) e realtà associative o statuali che si fondano su verità assolute e valori non negoziabili?
I rapporti tra gli Stati dovrebbero essere regolati in base al principio della difesa della pace mondiale e dei diritti umani, stabiliti dalla Carta dell’Onu del 1948, poi riproposti, per quanto ci riguarda, anche dalla Carta dei Diritti dell’Ue del 2000 (oltre che contenuti già nella Costituzione repubblicana italiana). Sono regole di convivenza democratica non sempre osservate dagli stessi Stati occidentali, figuriamoci da quelli autoritari, militari o dittatoriali di altre zone del mondo. E tuttavia restano la stella polare del cammino dei popoli.
Per quanto riguarda il piano interno dei Paesi di democrazia laica, bisogna secondo me tenere ben distinta la sfera statuale in senso stretto (Parlamento, governo, Tribunali, ecc.) dalla “società civile”, che è intessuta di organismi privati autonomi (Chiese, sindacati, associazioni culturali, sportive, ecc.), liberi da ogni ingerenza estranea, compresa quella statale. Se tali organismi si fondano però su fedi, culture, concezioni, verità e valori assoluti, “non negoziabili”, sono sicuramente un grave pericolo potenziale per la democrazia, che è essenzialmente relativista e pluralista. Lo Stato laico certo tollera e garantisce tali organismi, ma a patto che essi nei loro statuti non violino il dettato costituzionale e, forse ancor di più, che non pretendano di imporre agli altri per via legislativa e repressiva la loro particolare concezione valoriale (per esempio quella dei vertici ecclesiastici sulle cosiddette “questioni eticamente sensibili”).
Se lo Stato glielo permettesse, da laico si trasformerebbe in Stato confessionale. E tradirebbe se stesso. Lasciando che una parte della “società civile” calpestasse la libertà e i diritti degli altri.

Di qualche tempo fa è la polemica sul mancato richiamo alle radici cristiane nella Costituzione europea. Ma i principi di fondo su cui si basa l’ordinamento dell’Europa sono realmente di derivazione religiosa, e in particolare cristiana?
I principi della Costituzione europea sono laici. In questo senso, non sono né religiosi né antireligiosi. Né cristiani né anticristiani. La loro derivazione prossima? Dalla Riforma protestante e dall’Illuminismo.
La prima ha imposto, contro le gerarchie cattoliche, la centralità del rapporto diretto del credente con Dio, senza mediazioni; la libertà e l’autonomia dell’individuo, pur ancora ammantate di un velo religioso, venivano per la prima volta affermate con chiarezza. L’Illuminismo ha strappato quel velo, e ha finalmente secolarizzato l’Europa. In due modi.
Innanzitutto, emancipandola dalla soggezione, sul piano politico, all’alleanza, tipica dell’Ancien Régime, tra il trono e l’altare, i papi e i monarchi, il clero e i ceti aristocratici. E in secondo luogo, sul piano filosofico, emancipandola dal millenario e soffocante predominio della fede e della teologia sulla ragione e sulle scienze. Nell’Illuminismo quindi ha le sue radici sia l’Europa politica della separazione Stato/Chiese (la sovranità deriva dal popolo, non da Dio), sia l’Europa civile dei diritti di libertà, autonomia individuale, dignità, eguaglianza e solidarietà sociale (tuttora la base di ogni democrazia laica). Alla Riforma e all’Illuminismo la Chiesa romana ha risposto con la Controriforma, l’Inquisizione (vedi il processo a Galilei e la condanna al rogo di Giordano Bruno), e la scomunica della “peccaminosa e diabolica pretesa” degli Stati di essere indipendenti dalla religione.
Se ci riferiamo invece più in generale alla storia della nostra civiltà, è ovvio che le radici dell’Europa affondano nell’humus plurimillenario di molteplici e difformi culture e religioni, che nel corso del tempo si sono sviluppate, incontrate, scontrate, contaminate. Da quella pagana e politeista greco-romana a quella monoteista ebraico-cristiana, dall’arabo-islamica alle culture di ceppo germanico, nordico, slavo, orientale. Ognuna di esse può rivendicare a giusto titolo un pezzettino di radice dell’Europa, ma l’Europa ha rimodellato e reinventato questo passato in forme nuove e inedite. Nessuna chiesa può pretendere di marchiarla (o macchiarla) col suo imprimatur.

Italia: Stato laico o... Vatican State?
A differenza di altri Paesi europei (Inghilterra, Francia, Germania, Paesi nordici), l’Italia non è ancora uno Stato laico. O meglio. Lo è sulla carta, come ha dichiarato la Corte Costituzionale nel 1989. Non lo è completamente nei fatti. Due le ragioni: la presenza della Chiesa Cattolica, rappresentata dalla Cei, e quella dello Stato Vaticano, che è uno Stato straniero (per entrare nei Musei Vaticani, occorre un passaporto). Ma non si tratta di due presenze disgiunte.
Il papa infatti, oltre ad essere il monarca del Vaticano, è anche il capo della Chiesa italiana. I vescovi della Cei (nominati dal papa) e dunque i preti (che al papa rispondono in ultima istanza) sono cittadini italiani a pieno titolo, ma dipendono dal capo di uno Stato straniero. I due concordati Stato/Chiesa del 1929 e del 1984 sono stati firmati dal premier italiano e da quello vaticano; dunque la Chiesa era rappresentata dal Vaticano, non dalla Cei. In questo intreccio consiste l’anomalia Italia. Per mezzo della Cei, dei preti e dei gruppi e partiti politici cattolici, e utilizzando il voto cattolico come mezzo di pressione e merce di scambio, il Vaticano può ingerirsi a suo arbitrio negli affari interni dello Stato italiano.
Considerare l’Italia il suo cortile di casa. Farne il laboratorio privilegiato di una politica obbediente ai suoi diktat (come nel caso delle questioni bioetiche). E in cambio del suo appoggio, esigere dai governi del Paese vantaggiose e unilaterali contropartite in termini legislativi (esenzione dalle tasse, insegnamento della religione, finanziamento delle scuole cattoliche, ecc.). Dunque la Chiesa, oltre e più che un organismo privato della “società civile” italiana, essendo una diramazione del Vaticano, si configura di fatto come uno Stato nello Stato, o fuori e, all’occorrenza, contro lo Stato italiano, limitandone e minacciandone la sovranità.

L’Italia sembrerebbe perciò apparire come uno Stato a sovranità... dimezzata!
Esattamente, con due facce, come il mitico “Giano bifronte”: da un lato quella laica e democratica (vedi le leggi sul divorzio, sull’aborto, sul nuovo diritto di famiglia, ecc.), dall’altro quella pontificia e clericale (vedi il no ecclesiastico ai Dico, al testamento biologico, alla fecondazione eterologa, ecc.). Stato laico sì, ma nello stesso tempo, e contraddittoriamente, anche non laico, cioè vaticanizzato e clericalizzato.
Contraddizione ancora più stridente, se si considera che quello Vaticano è uno Stato teocratico, l’ultima monarchia assoluta dell’Europa. Dunque in tutto e per tutto antidemocratico.
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Michele Martelli, filosofo e saggista, è professore di Filosofia morale all’Università di Urbino, dove negli ultimi anni ha anche diretto il master interfacoltà “Management etico e governance delle organizzazioni”, e collabora con la rivista MicroMega. Tra le sue opere, ricordiamo Il secolo del Male. Riflessioni sul Novecento (manifestolibri, 2004), Teologia del Terrore. Filosofia, religione e politica dopo l’11 settembre (manifestolibri, 2005) e Senza dogmi. L’antifilosofia di papa Ratzinger (Editori Riuniti, 2007). Italy, Vatican State (Fazi Editore, 2010) è un ideale seguito del saggio Quando Dio entra in politica, pubblicato sempre per i tipi di Fazi nel 2008. Il suo blog è: www.michelemartelli.blogspot.com.

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