Barack Obama in prima battuta, per informarsi sulla possibilità di un intervento europeo in qualche modo “pacificatore” in Libia, ha chiamato Parigi e Londra, non Roma. Eppure, ad essere meglio informato sui risvolti della situazione in quel Paese dovrebbe essere proprio il governo italiano, dati gli stretti – quasi intimi – rapporti intrattenuti con il colonnello di Tripoli.
Invece non è così. Oggi, nel momento dell’esplosione di ei drammatici avvenimenti che hanno causato migliaia di vittime, si scopre che della Libia i nostri governanti “conoscevano solo Gheddafi”. Lo ha ammesso candidamente il ministro degli Esteri in un’intervista. In compenso il colonnello lo conoscevano benissimo, tanto da permettergli di venire a Roma ad allestire delle sceneggiate francamente ignominiose. Fingendo di non vedere, e al massimo smarcandosi con qualche sorriso allusivo.
Quelli che i nostri governanti non conoscevano affatto erano i libici, e forse neppure sospettavano che esistessero. A onor del vero lo stesso discorso vale per gli imprenditori, i finanzieri, i grandi e piccoli manager che intrattenevano con il dittatore e la sua famelica cerchia di familiari e complici, affari sempre più proficui. Nessuno sapeva nulla, nessuno sospettava nulla, nessuno prevedeva nulla. Petrolio, gas, appalti miliardari, compartecipazioni finanziarie, e le sceneggiate dell’”amico Gheddafi”: questa era la loro Libia.
E adesso che sono entrati in scena quelli che finora erano stati sistematicamente ignorati, repressi, e anche silenziosamente liquidati da una dittatura tra le più infami, che cosa accade ? Si prevedono catastrofi, immigrazioni di migliaia e centinaia di migliaia, si invoca l’aiuto dell’Europa, si paventa una pesante presenza del fondamentalismo islamico, e addirittura di Al Qaeda. E il colonnello è diventato “quel pazzo”, che potrebbe persino spedirci qualche missile.
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