A distanza di quindici anni e dopo tre gradi di giudizio, nessuno è colpevole per la morte dell’ispettore elicotterista della Polizia di Stato, Antonio Raimondo e dell’infermiera del presidio sanitario dell’isola di Procida, Gaetanina Scotto di Perrotolo.
In un momento come questo, in cui il sistema giustizia del nostro Paese sembra essere fortemente messo in discussione, rispetto il giudizio espresso dalla magistratura su una vicenda tanto dolorosa per la mia famiglia e per quella della giovane infermiera. Tuttavia, ritengo che quel giudizio non risponda alla verità dei fatti accaduti il 18 novembre del 1995.
Sin da quel 18 novembre di 15 anni fa ho sempre gridato la necessità di fare piena luce su quella vicenda, la cui responsabilità era da ricercare in molti comportamenti omissivi e sulla totale inosservanza di quelle poche regole all’epoca vigenti e nella totale disorganizzazione di un settore così delicato come quello del volo della Polizia di Stato. La morte di Antonio e Nina è stata, a mio avviso, il frutto di una serie interminabile di errori (probabilmente non tutti penalmente rilevanti), tutti compiuti da persone che non si è voluto individuare ed adeguatamente punire e che vanno dal medico di Procida che invocò l’imminente pericolo di vita, alla prefettura di Napoli che non valutò le reali condizioni dell’ammalato, dal dirigente pro tempore del reparto volo che autorizzò un volo vietato al pilota che si assunse il rischio di volare in condizioni di forti turbolenze, dalla completa disorganizzazione di un settore tanto delicato come quello del volo con gli elicotteri della Polizia, alle negligenze, imprudenze e imperizie del pilota al moneto dell’incidente.
Quel giorno, infatti, un giovane di Procida venne dichiarato in imminente pericolo di vita per essersi procurato delle lievi ustioni all’addome ed a causa delle avverse condizioni atmosferiche (raffiche di vento di intensità fino a 100 Km orari) venne invocata l’urgenza di un trasporto in elicottero sulla terra ferma. Tanto era grave che il giovane scappò con le sue gambe dall’elicottero rovesciato sul campo sportivo di Procida.
La Prefettura di Napoli, senza attenersi alle disposizioni imposte dal regolamento sul trasporto dei traumatizzati gravi, indirizzava direttamente la richiesta al Reparto volo della Polizia di Stato, dove, nonostante le fortissime raffiche di vento, qualcuno autorizzò un volo che non doveva mai iniziare. Uno dei piloti si rifiutò di mettersi in volo, perché lo considerava troppo rischioso. Accettò di mettersi in volo un altro pilota, Baia Leonardo. Egli, infatti, assumendosi imprudentemente la responsabilità di intraprendere un volo ad altissimo rischio, per le forti raffiche di vento che imperversavano sul golfo e sulle isole napoletane in quel momento e che spazzavano via gli alberi della città, contravveniva ad una precisa “avvertenza” nel manuale di impiego in volo dell’elicottero, che impone al pilota di “non volare intenzionalmente in condizioni di forti turbolenze altrimenti può causare la morte delle persone e la distruzione dell’aeromobile”.
Una cosa è certa. Mio marito è stato costretto a partecipare a quella missione. Egli sapeva di andare a morire e lo aveva confidato ai suoi colleghi prima di imbarcarsi.
Tra breve il Tribunale civile di Napoli dovrà decidere sui risarcimenti e mi auguro che almeno in quella sede, nell’autonomia di giudizio di ogni singolo Magistrato, non venga riconfermata la linea che ha seguito il giudice penale.
Infine, vorrei ricordare che nel 1995, al momento dell’incidente, il Ministero dell’Interno non aveva ancora adempiuto all’obbligo, derivante dal D.P.R. n. 147 del 1990, di stipulare polizze assicurative per coprire i rischi degli equipaggi di volo della Polizia di Stato. Una gravissima carenza del Ministero dell’Interno che ha esposto per anni gli uomini e le donne degli equipaggi ai pericoli derivanti da una attività tanto rischiosa come quella del volo. Carenza che ha privato la mia famiglia di un equo risarcimento del danno morale e materiale subito. Solo nel gennaio del 1997, in seguito ad un’intensa mia attività di sensibilizzazione, sostenuta da colleghi di mio marito e dall’allora parlamentare On. Sergio Tanzarella presso il Capo della Polizia, l’Amministrazione della Pubblica Sicurezza stipulava una polizza assicurativa per gli equipaggi di volo.
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Caro papà...
Mi piace immaginarti così.. con quel sorriso smagliante, con quei baffi accattivanti, con la tua allegria.
Il mio pensiero costante in ogni attimo, in ogni momento è per te papà...
Mi manchi, mi manca la tua voce, mi mancano le tue mani, mi manca di dire papà, mi manca la sensazione che provavo quando eri con me, mi manca tutto di te, mi davi sicurezza, mi sentivo protetta con te al mio fianco...
Te ne sei andato quando avevo 5 anni, pochi per capire, pochi per avere dei ricordi per te, pochi per strappare un padre ai propri figli! E ora, che son “grande”, mi sento sola, debole, fragile perché ho bisogno di te, ora più che mai, non ero pronta a staccarmi da te, forse non lo sarei stata mai ma era troppo presto per perderti, ti avrei voluto ancora nella mia vita... avrei voluto poterti abbracciare ancora... poterti stringere per mano... poterti anche solo guardare, sorridere... avrei voluto tutto quello che non ho mai avuto in 15 anni!
A volte ho paura... paura di dimenticarti... di non ricordarmi più come sei fatto... e chiedo a mamma com'è la tua voce... quanto sei alto... come hai passato la tua infanzia... guardo le tue foto... indosso i tuoi vestiti... per sentire il tuo odore... Ti faccio domande, che so non avranno mai una risposta... ma è proprio in quei momenti che mi dai la forza per reagire... e riuscire a confortare anche Mamma e Pasquale!
Con te se ne è andata la parte più grande di me... la mia vita è “appena iniziata” ma allo stesso tempo “già finita”... perché tu non ci sei... non sei qui con me o almeno fisicamente!
Grazie per avermi donato delle persone speciali... che so mi staranno sempre accanto... grazie per tutto quello che fai per me, grazie perché so che non mi abbandonerai mai... ed anche ora che ti scrivo questa lettera, ti immagino affianco a me...
Mi dispiace per non essere mai riuscita a dirti quanto ti amavo... ma so che l'hai sempre saputo!
Aiutami papà, stammi vicino come hai sempre fatto, e farò l'impossibile per fare in modo che tu sia fiero di me!
Mi manchi più di quanto gli altri credono... mi manchi da morire papà!
Roberta
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