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Novembre/2010 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
La fame nel mondo
di Carlotta Torre


Tanti sono i numeri che ci vengono trasmessi, da anni ed anni, per aggiornarci sulla quantità stabile se non peggiore, dei bambini che muoiono di fame e di malattie. Ma questa è una eredità lasciataci da quanti ci hanno preceduti, che pensarono di aver provveduto, attraverso la Fao, attraverso l’Unicef e numerose organizzazioni, a risolvere questo problema.
Quello che ci lascia attoniti è il fatto che le malattie che causano morti di otto milioni di bambini ogni anno entro il quinto anno di età, dei quali quattro milioni soltanto in Africa, non sono virus per i quali non si conosce una cuta, né epidemie difficili da arginare. Sono invece poche malattie guaribili con farmaci noti da tempo, con 50 centesimi al giorno, dati resi noti da Save the Children.
Ma i governi dei Paesi interessati a fermare queste morti inutili come rispondono alla necessità di intervenire per risolvere il loro problema?
Quella di salvare i propri figli dovrebbe essere il primo dovere da assolvere e risolvere dei governi dei Paesi che hanno questo problema, diminuendo l’acquisto di armi dall’estero a favore di medicine e cibo.
Sembra che gli interventi di aiuto da tutte le nazioni del mondo non diano alcun risultato, anzi, non sappiamo perché, ma la situazione è peggiorata dal ’90 ad oggi, il tasso di mortalità infantile è aumentato.
I governi del Ciad, Congo, Zimbawe ed altri, come si organizzano per risolvere i loro problemi?
Seguendo il loro esempio l’uomo di ogni nazione del mondo, in stato di povertà potrebbe sedersi, chiedere ed aspettare gli aiuti da tutti. Il benessere del genere umano viene dal lavoro, qualsiasi lavoro, dall’inventiva, dalla volontà di fare, di organizzarsi una vita vivibile anche se prevede dei sacrifici.
Viene di pensare che delle nazioni sono come aerei senza pilota. La cabina di pilotaggio è vuota e nella scatola su cui è scritto “pilota automatico” non c’è modo di tirare fuori alcuna informazione su dove l’aereo stia volando, dove atterrerà, chi sceglierà l’aeroporto e se ci siano procedure che i passeggeri possano seguire per atterrare sani e salvi.
Le famiglie che vedono morire i propri figli di fame o di malattie cone intervengono per risolvere il problema almeno in parte?
I genitori dovrebbero essere l’esempio per cambiare un genere di vita sbagliato. Spiegare ai loro figli che dal seme nasce una spiga e la spiga ci darà la farina per darci il pane quotidiano.
I bambini si fidano dei grandi, amano i genitori come ci ricorda una piccola storia: “C’era una volta un bambino che vivendo per la strada giocava con i suoi compagni, tenendo sempre il pugno chiuso della mano sinistra. Un giorno un uomo che lo guardava da lontano, da alcuni giorni, si avvicinò e gli chiese il perché di questo suo atteggiamento. Il bambino non voleva rispondere, ma poi, dietro le insistenze dell’uomo, svelò il suo segreto: ‘mia madre mi da un bacio sul palmo della mano sinistra, poi chiudendomi la mano mi dice: bambino mio, tieni sempre ben chiuso nella tua mano il bacio di tua madre’”.
I figli devono avere l’assoluta certezza che i genitori siano sempre pronti a risolvere i problemi, anche i più pesanti. Con buona volontà, anche ora con la crisi economica che interessa tutti i Paesi del mondo, singoli individui, aziende, istituzioni, hanno sostenuto e avviato progetti per aiutare, piani per la salute e nutrizione, specialmente in Egitto, Malawi, Etiopia, Nepal, Mozambico.
Non passa molto tempo tra una vendita e l’altra di fiori, palloncini e oggetti vari per finanziare progetti di aiuti che sembra non riescano a risolvere definitivamente il problema.
Forse, ad essere cattivi, una situazione per risolvere questo grande problema ci sarebbe: essere più responsabili nel decidere di procreare tanti figli per evitare di vederseli morire tra le braccia in tenera età. Oppure fornire macchine agricole, pozzi e sementi per incrementare l’agricoltura che è capace di risolvere il problema, come fecero i nostri antichi avi molto più attivi delle popolazioni attuali.
Perché non ispirarci al racconto di Jean Giono “L’uomo che piantava gli alberi”?
E’ la parabola di un pastore che da solo partendo dal seme, riesce a far crescere una foresta e a rendere più bello il mondo in cui vive.

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