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Novembre/2010 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Una ricchezza ignorata
di Carlotta Torre

In Campania torna alta la tensione che sembrava superata, almeno in parte.
Di nuovo cumuli nelle strade di Napoli. Quando va bene, l’immondizia è chiusa in sacchi di ogni tipo, altrimenti è ammonticchiata alla meglio, dovunque c’è un buco libero.
Sono rifiuti organici, di ferro, stracci, umidi, plastica, vetro… Non siamo più attratti dalle bellezze naturali della città, al posto di fontane, monumenti, parami, mare, Vesuvio, mucchi maleodoranti di immondizia “abbelliscono” la città.
Sembra di essere in una particolare città, quella degli Zabbalin, i raccoglitori d’immondizie. Tutte le mattine all’alba, uomini, donne e bambini si spargono per il Cairo con ogni mezzo: carri tirati da muli, carretti spinti a mano, furgoni mal messi. Caricano quasi il 90% dei rifiuti del Cairo e li portano nel loro quartiere Mansheya e li lavorano. Vecchi, donne, bambini riciclano il riciclabile per rivenderlo.
Economia da sopravvivenza. Non è un bel vedere, ma è qualcosa che ci fa meditare.
L’emergenza rifiuti in Campania sembra non essere risolvibile, anche se i camion hanno ripreso a versare nella discarica di Cava Sari, a Tersigno un gruppo di irriducibili ha… cercato di impedirlo. Non è stato sufficiente l’apertura della seconda discarica e il progetto di scaricare soltanto la spazzatura dei paesi vesuviani.
Sono proseguiti i sit-in, le barricate, i falò, le minacce agli autisti e, soprattutto, dato alle fiamme un autocompattatore con una bottiglia molotov. Con interventi soft le Forze dell’ordine sono riuscite a contenere i danni ed evitare che i disordini generassero in guerriglia.
Vogliamo vivere tra le immondizie o trovare un metodo per risolvere veramente il problema? Anzi ricavare un utile per tutta la nazione?
Quando la società rurale produceva pochi rifiuti li smaltiva in loco. La società urbana, nei primi decenni del secolo scorso, essendo i rifiuti biodegradabili, li disperdeva sui terreni agricoli, e successivamente li ha sotterrati, quindi posti in discariche e bruciati.
Con l’avanzare della tecnologia abbiamo costruito i termoutilizzatori che, bruciando in maniera controllata i rifiuti non differenziati, producono “energia elettrica e calore”.
Dalla combustione sono risultate tonnellate di ceneri e polveri biologicamente inerti, inviate in impianti di recupero.
Le discariche sono realizzate in modo da evitare qualsiasi inquinamento delle falde idriche ed i gas che si producono vengono utilizzati per far funzionare i motori a ciclo Otto che producono elettricità. Quando le discariche sono riempite, vengono piantumate e si trasformano in boschi.
Qual è il problema che in realtà non esiste? Con un efficiente e moderno piano organico di gestione dei rifiuti urbani, che risultano dalla raccolta differenziata, potrebbe portare benefici ambientali anche al Parco del Vesuvio. I cittadini campani hanno il diritto di richiedere che vengano costruite discariche e termoutilizzatori, ma opporsi a trattare i propri rifiuti è sicuramente un errore.
Quale può essere il futuro di una collettività che non è capace di gestire i rifiuti che produce, oppure credere di risolvere il problema abbandonandoli per strada o incendiandoli?
Nella spazzatura dobbiamo riconoscere un tesoro da riciclare poiché abbiamo a disposizione, ogni anno, venti milioni di tonnellate di rifiuti riciclabili, per una ricchezza equivalente a 37 miliardi di euro, cioè il 3% del Pil, come stimato dalla Facoltà di Agraria di Bologna.
Oltre ai rifiuti riciclabili, abbiamo buttato via circa venti milioni di tonnellate di derrate alimentari; per avere un’idea, un convoglio di Tir lungo 16.000 chilometri. Come la distanza, andata e ritorno, Roma-Pechino e Pechino-Roma.
Gli alimenti che acquistiamo non sempre vengono consumati da una popolazione disattenta e sprecona, dimentica che si deve consumare per vivere e non vivere per consumare.
La soluzione è ridurre non soltanto l’acqua, ma pomodori, frutta di ogni genere, alimenti vari. L’ultimo raccolto di prodotti dei campi italiani sono rimasti nei campi per ragioni estetiche senza considerare che avrebbero potuto soddisfare le esigenze dell’intera Spagna.
Gli sprechi si materializzano in tutti i campi dell’alimentazione, ma è possibile recuperare ciò che verrebbe buttato e distribuirlo alle fasce più deboli della popolazione.

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