home | noi | pubblicita | abbonamenti | rubriche | mailing list | archivio | link utili | lavora con noi | contatti

Giovedí, 22/10/2020 - 15:08

 
Menu
home
noi
video
pubblicita
abbonamenti
rubriche
mailing list
archivio
link utili
lavora con noi
contatti
Accesso Utente
Login Password
LOGIN>>

REGISTRATI!

Visualizza tutti i commenti   Scrivi il tuo commento   Invia articolo ad un amico   Stampa questo articolo
<<precedente indice successivo>>
Novembre/2010 - Lettere
Le vostre lettere
di

Sulla detenzione

Gentile Direttore,
ho lettol’interessante articolo "Prigioni, detenuti e Polizia giudiziaria in Italia". Espone tesi ed elenca categorie e situazioni.
Dovrei rileggere tutto per trattare con completezza. Mi limito invece a considerare i tipi di reato: contro il patrimonio e contro la persona. Credo che solo una nuova valutazione del patrimonio e della persona permetterà di rivedere le pene previste.
Per quanto riguarda il terrorismo, ricordo che per combattere le Brigate Rosse lo Stato spese 200mila miliardi di lire. Se avesse usato quei soldi per scopi sociali avrebbe tolto di mezzo le ragioni che muovevano i brigatisti. Purtroppo furono spesi per azioni militari e per i processi. Le Brigate Rosse erano perdenti in partenza: per far fronte al contrasto avrebbero dovuto compiere rapine per 200mila miliardi di lire, il 20% del Pil di allora: impossibile. Ma quando il legislatore delibera per sperperare i soldi dei contribuenti non commette un reato contro il patrimonio?
Non verremo a capo del sovraffollamento finché non ci sarà giustizia sociale, quindi i luoghi di detenzione saranno sempre più grandi e, dal momento che non potremo fare un carcere del mondo intero, chi soffrirà di più saranno i cittadini che stanno in mezzo tra i trasgressori e lo Stato. Nel libro “Origine della famiglia della proprietà privata e dello Stato”, Engels ci chiarisce lo scopo delle prigioni. Il patrimonio al sorgere della società civile era una necessità per la sopravvivenza e il suo possesso, irrinunciabile. Il raccolto di un campo di grano doveva essere questione di vita o di morte.
Oggi il possesso non è fondamentale: una “società per azioni” si controlla con i patti di sindacato e, con una minima percentuale di capitale azionario, è possibile determinare la politica industriale e la distribuzione delle plusvalenze. Vale anche nella "res publica": i soldi distribuiti dallo Stato con le sue leggi sono raccolti con le tasse, ma la scelta della loro destinazione è decisa dai vertici, che non hanno riguardo delle regole della democrazia. I reati contro il patrimonio possono recare lesioni alla persona. Il fenomeno del terrorismo internazionale, non il precedente, non quello degli anni di piombo, al tempo della guerra fredda, comprende reati contro il patrimonio e contro la persona.
Per comprendere il terrorismo internazionale dobbiamo aver presente lo scenario strategico. Gli Stati Uniti sono rimasti gli unici a governare il pianeta; hanno il compito di gendarmi, e sono gli unici a poter portare sull'obiettivo le bombe nucleari. La Russia odierna non ha peso o poco, non controlla più i Paesi satelliti; la Cina ha problemi di fonti energetiche per crescere; l'India problemi legati alla sua religione primitiva. Gli altri Paesi non possono intromettersi. Gli Stati Uniti, pur avendo una capacità militare terribile, sono impastoiati, hanno nemici interni, ovvero parti politiche in competizione, e nemici storici, che avversano la loro organizzazione sociale e visione del mondo.
Il mondo è privo di leadership; gli Stati Uniti hanno un compito difficile. Per fortuna il presidente degli Stati Uniti è una persona saggia. Quindi il terrorismo internazionale solo come azione di disturbo, perché non ha nessuna speranza di sostituire il loro potere. I signori del terrorismo, che non hanno l'arma atomica o non possono portarla sul territorio americano, ne hanno però una altrettanto formidabile: i kamikaze, così tengono la popolazione occidentale sempre sotto minaccia. Americani e alleati non hanno uno strumento analogo e, del resto, non sapremo come utilizzarlo.
Non sono filo-occidentale; troppi errori, troppe ingiustizie e contraddizioni. Sono comunque favorevole alla leadership americana per evitare il caos.
Non mi sento in contraddizione. Mi spiego con un esempio: non sono credente, mi dichiaro ateo convinto, ma al tempo stesso mi sento cristiano. Cristo è stato il primo uomo sulla Terra che abbia predicato la pace. Cristo non era un terrorista come Barabba; avrebbe accettato la convivenza, la coesisenza pacifica con i Romani. Aveva compreso che ai Romani si sarebbe sostituito un altro invasore e che la guerra non sarebbe mai finita. Purtroppo le Chiese cristiane hanno tradito il loro fondatore e i fedeli non se ne sono accorti. I fedeli dovrebbero rifondare le chiese e richiamare i loro capi al compito storico di pacificatori. I cappellani militari sono un insulto.
Cordiali saluti
Franco Tadiotto
Genova
________________________
Noi della Municipale

Gentile Direttore,
ho avuto il piacere di abbonarmi alla vostra rivista e ho ricevuto la rivista. Spero di ricevere presto i prossimi numeri. Mi chiamo Anna Maria D’Andrea, sono un agente della Polizia Municipale. Voglio complimentarmi con lei e i suoi collaboratori per la bontà del mensile.
Spero che in futuro ci saranno anche servizi sulla Polizia Municipale, soprattutto sulla riforma della legge della Pm che, nonostante la maggioranza dei colleghi ha votato in massa il centro-destra, non è ancora in porto.
Anche il sindacato al quale appartengo, la Cgil, ha a cuore gli interessi della categoria, ma purtroppo siamo sempre considerati poliziotti di serie C, e purtroppo anche dai nostri stessi colleghi delle Forze dello Stato.
Sono sicura che anche la sua rivista contribuirà a sanare il divario che sussiste tra la Polizia locale e quelle nazionali nel sentire comune e nel sentire della legge.
Grazie e buon lavoro
Anna Maria D’Andrea
Tarsia (Cs)
___________________
Lettera dal carcere

Gentile signor Direttore,
sono un ragazzo di quasi ventiquattro anni, moldavo, da oltre tre anni detenuto in Italia, dove sto espiando una pena di tredici anni.
Stare in un carcere italiano per me vuol dire essere lontano dalla mia famiglia, per i miei familiari venire in Italia significa chiedere un visto turistico, che non sempre è possibile ottenere, e l’unica strada è quella del mercato nero che si crea sempre quando i visti si convedono con il contagocce.
Mio padre sta male, una sola volta è riuscito ad affrontare il viaggio in occasione del processo, pagando un sacco di euro per un visto di dieci giorni. Ora sta talmente male che temo di non rivederlo più, e poi non avrebbe soldi per venire. Per questa ragione - io, come tanti altri ragazzi stranieri detenuti - vorrei scontare la pena in Moldavia, così almeno potremmo vederci ogni tanto e potrei essere presente in questo periodo difficile della sua vita. Perché l’idea che i miei familiari non abbiano la possibilità di vedermi mi fa più male che stare in una cella sovraffollata.
Insomma, soffro per loro, perché penso che i miei genitori non hanno nessuna colpa per ciò che ho fatto io, e quella di non potermi vedere per anni è una condanna che non meritano.
Igor M.

<<precedente indice successivo>>
 
<< indietro

Ricerca articoli
search..>>
VAI>>
 
COLLABORATORI
 
 
SIULP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
SILP
 
 
Cittadino Lex
 
Scrivi il tuo libro: Noi ti pubblichiamo!
 
 
 
 
 

 

 

 

Sito ottimizzato per browser Internet Explorer 4.0 o superiore

chi siamo | contatti | copyright | credits | privacy policy

PoliziaeDemocrazia.it é una pubblicazione di DDE Editrice P.IVA 01989701006 - dati societari