La grande mostra al Vittoriano, “Vincent van Gogh. Campagna senza tempo-Città moderna" è iniziata l’8 ottobre e si concluderà il 6 febbraio, sotto la cura di Cornelia Homburg. Non è cosa facile parlare dell'artista olandese, dal mito così importante e dal talento smisurato, perché le sue più celebri opere sono tanto istituzionalizzate da essere prestate difficilmente. Bisogna accontentarsi di lavori meno celebrati, non presenti in tutti i manuali di storia dell’arte, ma attraverso i quali comunque si capisce la grandezza dell’artista. I temi che tengono insieme la mostra sono due, la natura e la città. Il percorso è costituito da circa settanta opere del celebre pittore, tra cui un cinquantina sono oli. Si va dagli inizia, nel 1881, quando l’artista a 28 anni matura l’idea di dedicarsi definitivamente all’arte e intraprende un percorso di formazione presso in membri più importanti della Scuola de l’Aja. Da qui si passa alla stagione parigina, dal 1886, in cui fu importante la presenza degli impressionisti, fino alla fase del rientro nel sud della Francia nell’88, dopo aver convissuto con Gaugin, aver vissuto l’esperienza del taglio del proprio orecchio, che si amputò per la rottura con l’amico e aver passato un periodo di internamento in un manicomio. Fino ad arrivare al suicido, nel 90, a soli trentasette anni.
Il percorso espositivo segue un doppio percorso d’immagini: dal un lato una vita di campagna affrontata con molta sensibilità nei confronti delle dure condizioni di vita dei suoi abitanti. Si ha come l’impressione che Van Gogh sia alla ricerca dell’immagini del contadino ideale, basandosi su studi sociologici e sulle teorie della fenologia, nelle quali l’aspetto brutto e semplice sono le cause di una vita dura e difficile. Dall’altro la grandeur che trascina l’aura della modernità, emanata dalla grande città. Si viene così a creare un alternarsi tra un mondo bucolico, popolato da seminatori e contadini, tessitori e raccoglitori di patate, cipressi e boschi selvatici, in contrapposizione alle strade di Parigi, ai ponti, agli interni dei ristoranti, alle passeggiate nei parchi e a ritratti. Nessun’ altro pittore, tanto quanto Van Gogh ha influenzato il genere del paesaggio e del ritratto con la sa preponderante energia, che allo stesso tempo lo ha portato ad una tormentata e sofferta esistenza. In questi dipinti, a evocare la campagna olandese, spicca il quadro “La semina delle patate” del 1884, dal Von der Heydt-Museum di Wuppertal e la serie di gessetti con contadine spiegate al lavoro della terra dal Kröller-Müller Museum di Otterlo, in cui si sente fortemente l’influenza di Millet che Van Gogh era solito chiamare “Pére”. Per quel che riguarda il tema urbano invece troviamo dipinti come "Strada con sottopassaggio (Il viadotto)" 1887, dal Solomon Guggenheim di New York), i ritratti, dalla "Madame Roulin con la figlia" (1888, dal Philadelphia Museum of Art) al mercante d'arte "Alexander Reod" (1887, dal Culture and Sport Glasgow) all'Autoritratto (1887, dal Rijksmuseum di Amsterdam).
Dall'aura del Midi, escono opere suggestive come "Il seminatore" (1888, dall'Hammer Museum di Los Angeles) e i "Cipressi con due figure femminili" (1889, dal Kröller-Müller Museum di Otterlo), "Montagne a Saint-Rémy" (1889, dal Solomon Guggenheim di New York). Fino alla "Sponda dell'Oise a Auvers" (1890 dal Detroit Institute os Arts).
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