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Novembre/2009 - Contributi
Sindacato e Polizia: per altri lidi, per altri porti?
di Antonio Barbiero - Segr. Gen. Uilps - Messina

La riforma di Polizia è nata nel segno del cambiamento di un Paese che approdava nell’era delle riforme. Un progetto, quello per la riforma di Polizia, rivendicato e ottenuto dopo lunghi anni di battaglia, dalla sinistra socialista, dal Pci, dai radicali e dalle Confederazioni sindacali.
Il partito della Democrazia cristiana, per quanto conservatore, se pur inizialmente avverso alla riforma di Polizia, seppe tuttavia cogliere il mutamento culturale che imponeva il cambio dei rapporti fra Forze dell’ordine, cittadini e movimento operaio, atteso che negli anni Sessanta lo scontro di piazza aveva mietuto vittime in entrambi gli schieramenti. In quel contesto storico, i leader sindacali di Cgil, Cisl e Uil fecero da tramite; insomma il punto d’incontro fra il Movimento per la riforma di Polizia ed i partiti politici dell’area di governo e dell’opposizione.
La riforma, se per un verso rappresentava il raggiungimento di un obbiettivo - nel senso che con la legge 121/81 si era ottenuto un importante strumento che, innanzitutto statuiva la smilitarizzazione del Corpo delle Guardie di Ps e la sindacalizzazione - dall’altra parte costituì il movimento storico di riavvicinamento fra la classe operaia e i tutori dell’ordine. Nelle aree del nord, in particolare, le Confederazioni sindacali avevano stabilito un rapporto di stretta collaborazione con il Movimento per la smilitarizzazione della Polizia, sino al punto che a Genova i metalmeccanici scesero in piazza per manifestare contro il trasferimento del maggiore Francesco Forleo, dalla questura di Genova a quella di Ancona.
Al primo Congresso del Siulp, svoltosi all’Ergife di Roma nel 1982, erano presenti, oltre ai tanti tutori dell’ordine, i Segretari dei più importanti partiti politici, sia dell’area di governo che dell’opposizione, nonché Ministri e Sottosegretari; tali citazioni per mettere in evidenza l’importanza che la riforma di Polizia e la nascita ufficiale del sindacato assumevano nel Paese: tangibile prova di una svolta epocale, dello spessore culturale che contraddistingueva gli uomini e i leader sindacali, per la maturità, la coscienza democratica della classe politica che andava crescendo,
In presenza dei mutamenti dei rapporti avvenuti nel Paese, la crisi industriale, la nuova classe politica dopo tangentopoli, non consentirebbero oggi di poter ripetere quelle esperienze, di riproporre una nuova riforma come la legge 121/81, anche se la sicurezza, oggi più che mai, è una delle priorità della gente, di coloro che non possono permettersi il ricorso alla Polizia privata, che prolifera in ogni angolo del territorio.
Anche se le Guardie particolari Giurate sono un istituto giuridico, remoto, antecedente alla legge 121/81, finalizzato a tutela dei beni patrimoniali, le Forze di polizia, in particolar modo, in un momento di triste e di grande confusione, rimangono sempre e comunque la Polizia del popolo. Peccato che il sindacato di Polizia, dal passaggio di Movimento ad organizzazione, ovvero a soggetto politico, si è frantumato in tantissimi rivoli. Tale frazionamento non può genericamente essere giustificato come sinonimo di pluralismo a garanzia delle fasce deboli e delle minoranze dall’altra. Bisogna essere schietti e leali nel riconoscere che esso ha precluso quella crescita culturale che, in concreto, doveva guidare i quadri sindacali a muoversi nell’ambito del settore ‘sicurezza’.
Il panorama sindacale, a prescindere dalla vicinanza alle Confederazioni o meno, sembra connotarsi più per le rivendicazioni salariali e per richieste di riordino delle carriere che il ministero dell’Interno è chiamato a compiere. I tempi sono cambiati, la classe politica dopo tangentopoli non sembra avere molta attenzione verso le Forze di polizia, tanto è vero che le assunzioni sono state quasi bloccate, gli automezzi e gli strumenti a disposizione stentano ad arrivare.
A distanza di quasi 30 anni dall’approvazione della legge 121/81, ci sembra di notare una Polizia di Stato in difficoltà, solo a pensare all’alta percentuale di appartenenti con una età anagrafica elevata mentre la prevenzione e la repressione dei reati necessiterebbe di soggetti giovani.
Molti fra i veterani rimpiangono ancora il disciolto Corpo delle Guardie di Ps, abolito dalla legge 121/81 che, se pur status militare, rappresentava un elevato livello di efficienza: arruolava 5.000 agenti ogni anno rispetto ai 300 o 400 attuali; il personale entrava in Polizia a 18 anni, a differenza di ora che arriva a 27 o 28 anni; gli ufficiali prima dell’immissione seguivano un percorso di formazione contrassegnato da molte esperienze, in quanto il corso quadriennale presso l’Accademia li forgiava a occuparsi della vita e del benessere del personale, a convivere, eseguire ordini e direttive; un gruppo dirigente che dimostrava senso di responsabilità sia per il servizio che verso il governo del personale.
Il Movimento prima e il sindacato dopo, nelle loro file hanno annoverato diversi ex ufficiali del disciolto Corpo delle Guardie di Ps, i quali si sono distinti per il particolare impegno e per l’amore verso il sindacato che sognava una Polizia più efficiente e più vicina alle esigenze dei cittadini. Giova ricordare ancora alcuni di essi: Francesco Forleo, Riccardo Ambrosini, il generale Felsani, Salvatore Margherito, Angelo Giacobelli, e molti altri.
Al di là dei rapporti con la politica e di quello operativo con le altre Forze dell’ordine, oggi la Polizia di Stato sembra segnare il passo, considerato che importantissimi settori, quali l’antisofisticazione alimentare, la scientifica, la repressione dei reati ambientali e del lavoro, ecc., se pur egregiamente, sono gestiti da un Corpo di Polizia a status militare.
Alla luce di tutto ciò mi interrogo, ma dove sono finite le rivendicazioni per un reale ed efficiente coordinamento delle Forze di polizia? Di una maggiore professionalità del tutore dell’ordine, considerato che, secondo la burocrazia ministeriale, la laurea deve cedere il passo all’anzianità di servizio in quanto esso costituirebbe requisito per l’accesso al ruolo direttivo e non per l’accesso al ruolo degli ispettori.
Si ha la mera sensazione che con la controriforma del decreto legislativo 197/9 sia iniziata una nuova era del sindacato e delle Forze di polizia.
Vorrei concludere questo mio articolo ricordando che il prefetto Parisi, rimasto noto nella storia della Polizia italiana per la elevata ed indiscutibile professionalità, per la capacità di gestire il passaggio della smilitarizzazione e sindacalizzazione, per aver egli militato nel Movimento per la riforma della Polizia nel 1989, in base ad un mio articolo pubblicato su Nuova Polizia e Riforma dello Stato, mi fece pervenire una lettera con la quale esprimeva parole di lode ed affettuosità per avere io sollevato alcune critiche nei confronti di un sistema che iniziava a mostrare molte crepe. Tale circostanza è significativa in quanto con essa si evidenzia la statura umana, politica, culturale e professionale di un uomo che rimane nella storia dell’Italia come un grandissimo Capo della Polizia.

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