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Ottobre/2010 - Contributi
Carceri: solo l’informazione e la verità rendono giustizia
di Eugenio Sarno - Segr. gen. Uil-Pa Penitenziari

All’indomani della divulgazione della circolare-bavaglio, a firma del Capo del Dap, nella quale sostanzialmente si impediva a qualunque appartenente all’Amministrazione Penitenziaria di rilasciare dichiarazioni, se non preventivamente autorizzate (fors’anche concordate), la Uil-Pa Penitenziari annunziò che avrebbe surrogato la stessa Amministrazione nella necessaria (doverosa) azione di informare la società, la stampa e la politica di che cosa accadesse all’interno delle fatidiche mura. Ciò era, ed è, una naturale e coerente prosecuzione di una linea che deriva da elementare convincimento: gli operatori penitenziari non hanno nulla da nascondere e nulla da cui nascondersi.
Non a caso già vent’anni fa coniammo lo slogan “per abbattere le mura dei misteri occorre abbattere i nisteri di quelle mura”. Chi ha vissuto, negli anni bui e difficili del sistema penitenziario, sulla propria pelle gli effetti della deviazione della verità (favorita dall’omertà degli amministratori) sa bene che cosa significa essere seppelliti dai sospetti e dai pregiudizi. Per troppo tempo abbiamo subito, da ultimi del sistema, questo ostracismo alla trasparenza ed alla verità, che faceva comodo ai capitani di turno. Troppo semplice, in quelle condizioni, scaricare le proprie colpe e nascondere le proprie inefficienze e incapacità. Anche per questo abbiamo deciso di fare da cassa di risonanza e di favorire la completa informazione di quanto avviene all’interno degli Istituti penitenziari. Perché la società sappia, la stampa sia informata, la politica ragguagliata.
Ci chiediamo, infatti, quante morti, quante aggressioni e sinanche quante evasioni o tentate evasioni sarebbero ancora “notizie riservate” sel a Uil-Pa Penitenziari non ne avesse dato tempestiva divulgazione, consegnando un quadro reale di quanto avviene in carcere. Un quadro che è fatto di violenze, soprusi, illegalità, inciviltà incompetenze. La nostra puntuale informazione ha potuto contribuire (speriamo) a sovvertire nella pubblica opinione la leggenda metropolitana che voleva i poliziotti penitenziari feroci picchiatori e crudeli torturatori di inermi e indifesi detenuti.
I 172 agenti penitenziari feriti a seguito di aggressioni subite da parte dei detenuti (e ci limitiamo a monitorare solo le prognosi superiori a 5 giorni) e i 90 suicidi sventati (quindi 90 vite salvate) dai colleghi solo in questo 2010 (nel 2009 circa 310 agenti feriti e 140 suicidi svelati) consegnano un’altra verità. Anzi: consegnano alla società, alla stampa ed alla politica l’unica verità. Ovvero che in carcere c’è violenza, ma a subirla sono gli operatori penitenziari, quindi lo Stato. Questa è la verità. Piaccia o meno.
Informare significa rendere un quadro veritiero della situazione, spesso offuscata dalle passerelle mediatiche. Padova ne è un esempio lampante. Si fa a gara a indicare la casa di reclusione Due Palazzi quale modello di carcere sostenibile. Si esaltano le esperienze delle cooperative con annesse pasticcerie. Ma si omette di dire quali sono le condizioni di detenzione e qual è il prezzo che paga il personale per garantire quel modello. Se solo quest’anno a Padova si sono tolti la vita tre detenuti, sono state sventate due evasioni e la Polizia Penitenziaria è in protesta permanente qualche domanda viene spontanea porsela. Ma il circo mediatico vuole Padova eletto a “eden penitenziario”, quando è molto più prossimo ad un infernale girone dantesco.
Per quanto ci riguarda, quello che avevamo da dire lo abbiamo scritto nella nostra relazione a seguito della visita effettuata nel novembre del 2008. Questo per dire che la verità dei fatti spesso viene sostituita dal racconto mediatico. E questi racconti alimentano carriere. Ecco perché l’Amministrazione Penitenziaria vuole che si taccia sulla verità.
Se non lo avessimo denunciato noi, chi mai avrebbe saputo che a Lucca si sono spesi migliaia e migliaia di euro per costruire un tetto nuovo su un edificio abbandonato e dichiarato inagibile, nel mentre la caserma è sepolta da escrementi di piccioni ed una palestra costata centinaia di milioni di vecchie lire non è mai stata attivata? Per non dire delle centinaia di unità di Polizia Penitenziaria impiegate nei palazzi del potere di cui tutti sanno ma nessuno parla. Forse abbiamo esagerato nel definirle acchiappamosche, camerieri e portaborracce, ma quelle definizioni rendono bene l’idea della piaga di un sistema di raccomandazioni e privilegi che Ionta e Alfano non hanno la forza di smantellare, nonostante i dichiarati intenti. Chi mai avrebbe saputo, se la Uil non facesse informazione anche attraverso le visite negli Istituti, degli ottanta sacchi di immondizia raccolti (dopo la nostra denuncia) ai piedi delle celle del carcere di Frosinone? Con la nostra puntuale informazione la società, la stampa, la politica hanno un quadro più definito della verità. Ma informare, dire la verità, costa ed ha un prezzo. E noi lo abbiamo puntualmente pagato. Ma sono prezzi che paghiamo volentieri in nome della trasparenza e dell’informazione.
Ci dispiace solo che qualche solerte dirigente penitenziario (che ha dato prova di manifesta incapacità gestionale) non trovi di meglio che tentare di sminuire la verità con risibili smentite delle nostre affermazioni (chissà se con la preventiva autorizzazione del Capo del Dap); ci dispiace che molti di questi dirigenti penitenziari (i cui Istituti rischiano di affondare nel sudiciume) facciano a gara per intimorire i nostri quadri paventando provvedimenti disciplinari; ci dispiace che anche taluni comandanti (o psudo tali) avvertano analoga necessità. Semmai sono proprio quei direttori e comandanti che ad agosto, in piena bagarre, nonostante il divieto (ma chi esegue gli ordini del Dap?) di ferie congiunte, hanno lasciato la barca per mettere le chiappe in ammollo. Forse sono quei direttori o comandanti (o psudo tali) che prima di assicurarsi un mese di ferie hanno ordinato di ridurre le ferie al personale. Semmai sono gli stessi che raddoppiano o triplicano i turni agli agenti (senza nemmeno pagare lo straordinario).
Ma queste sono cose che si fanno, ma che non si debbono dire... invece noi le diciamo, le gridiamo e le denunciamo. Per questo invitiamo tutti i colleghi, iscritti o meno alla Uil, ad informare degli eventi critici, ma nel contempo a denunciare le angherie, i soprusi, le incapacità, le incompetenze e le marachelle di chi, invece di gestire e coordinare, vuole mettere il bavaglio alla verità...
C’è una questione morale nel sistema Penitenziario. Lo diciamo da anni. Ora però, nei nostri penitenziari ci sono questioni umanitarie, sanitarie e sociali che debbono essere risolte. Pidocchi, topi, pantegane, gatti e gabbiani sono abituali frequentatori delle discariche sociali che sono le nostre prigioni. Prigioni che reggono ancora solo ed esclusivamente grazie all’umanità, alla sensibilità, alla professionalità del personale come hanno unanimemente dichiarato tutti i politici che hanno visitato quegli zoo penitenziari in cui Aids, epatiti, micosi e malattie infettive e psicotiche regnano incontrastate.
Speriamo solo che dopo aver scaricato nelle telecamere e sui taccuini la loro indignazione per quanto verificato, si indignino anche in Parlamento per trovare ed imporre soluzioni concrete. Ma l’esperienza dello scorso anno non alimenta l’ottimismo...

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