Nelle sale “La solitudine
dei numeri primi” tratto dall’omonimo
libro di Paolo Giordano
per la regia di Saverio Giordano
Strano argomento apparso sui giornali in questa estate riguardo la sicurezza, è sicuramente l’eventuale coinvolgimento delle “ronde” e dell’Esercito sulle spiagge con compiti di pubblica sicurezza.
Da venerdì 10 settembre è uscito al cinema il terzo film di Saverio Costanzo, già autore di Private e In memoria di me, La solitudine dei numeri primi, tratto dall’omonimo romanzo di Paolo Giordano.
“Del romanzo di Paolo Giordano mi attraevano le due immagini iniziali: la caduta della bambina e l'abbandono della sorellina. Che danno forma, colore e luogo all'archetipo del dolore originario, che tutti abbiamo e da cui cerchiamo di emanciparci. Tutti possono identificarsi in quella inadeguatezza. Ma come regista la cosa che più mi ha interessato è lavorare sui corpi dei due protagonisti: questa non è la storia di Alice e Mattia, ma dei loro corpi, del loro stravolgimento nel corso di vent'anni”. Questo dice il regista per spiegare il perché della pellicola, anche se allo stesso tempo ammette che a convincerlo a cimentarsi nel film è stato anche "il successo commerciale del libro, che lo ha fatto diventare un sogno popolare".
Il film è stato presentato al festival di Venezia, è stato prodotto ed è distribuito dalla Medusa in ben 380 sale, indice di un forte segno d’investimento nel prodotto da parte del gruppo che già a prodotto il libro. Il film è diverso dalla costruzione del libro rispetto alla sequenza dell’accadimento. La solitudine infatti segue, senza un andamento cronologico, la storia di Alice (Alba Rohrwacher) e Mattia (Luca Marinelli), che si conoscono a scuola e da lì si innamorano senza però mai viversi la loro passione. I due personaggi hanno in comune il trauma subito durante l’infanzia: Alice è diventata zoppa per un incidente sugli sci e Mattia si taglia con dei coltelli e da adulto ingrassa… La pellicola, in particolar modo all’inizio, ha un cotè horror molto forte.
E’ infatti l’autore stesso ad ammetterlo “Nel romanzo c'è così tanto dolore da essere irrappresentabile. Allora ho preso a prestito l'horror, che contiene sempre un elemento ironico, una sdrammatizzazione. Altrimenti il dolore diventa ricattatorio: invece io volevo renderlo accettabile. Prima di girare ho riguardato Inferno di Dario Argento”. La scelta si estende anche alle musiche “Il pezzo iniziale è dei Goblin; nelle sequenze a scuola c'è il brano di Morricone per L'uccello dalle piume di cristallo: sonorità horror, ma anche straziatamente romantiche”. Il tutto in uno stile “volutamente non realistico: ho preferito affidarmi all'immaginario, rendere tutto volutamente artificiale”.
Il ruolo di Giordano, già autore del best seller, è stato importante anche per la pellicola. Io scrittore infatti è co-sceneggiatore insieme al regista. “Avendo scritto anch'io il film, ero cosciente di ciò che Saverio stava costruendo. Ma dalla scrittura alla pellicola c'è un passaggio sorprendente”. E rispetto alla non corrispondenza tra romanzo e film dice “ne ero consapevole già quando ho ceduto i diritti, so che questa è l'opera di qualcun altro, non ho affatto ansia di possesso. Se si ha un attaccamento morboso al romanzo, non bisogna lasciare che qualcun altro ci lavori su. Quando poi ho visto il film, da spettatore, per la prima volta ho 'letto' la mia storia. E mi ha commosso”.
Molto impressionante nel film è la trasformazione corporea dei personaggi, Rohrwacher e Marinelli hanno dovuto sottoporsi a delle rigide diete, una per dimagrire fino alla scarnificazione e l’altro per ingrassare, così commenta l’attrice: “Una grande opportunità è la prima volta che sono arrivata a un ruolo partendo da un lavoro così drastico sul corpo. Il che mi ha anche aiutato a creare subito un legame con Luca”.
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