A Milano fino a fine
ottobre il lavoro della fotografa, erede
della tradizione artistica
dell’autoritratto
E’ oramai giunta quasi alla fine (chiusura il 26 ottobre) la grande retrospettiva a Milano, nel Palazzo della Ragione, su Francesca Woodman, uno dei più importanti e precoci talenti dell’arte contemporanea. La mostra presenta 116 fotografie tra cui 15 immagini esposte in esclusiva per Milano e cinque video che ripercorrono tutta la carriera dell’artista, interrottasi a soli 22 anni.
Figlia d’arte, la madre è ceramista e il padre pittore e fotografo, Francesca Woodman iniziò a produrre i suoi primi lavori a soli tredici anni di età, con la sua prima macchina fotografica e l’uso dell’autoscatto. Durante il resto della sua carriere ha continuato a usare se stessa come soggetto privilegiato delle sue foto, ritraendosi in particolar modo in contesti domestici, principalmente spazi desolati e abbandonati o in mezzo alla natura, da sola o con amiche, durante azioni e performance appositamente ideate.
All’amica Sloan Rankin, che le domandava perché utilizzasse spesso se stessa come modello, la Woodman rispondeva “è una questione di convenienza. Io sono sempre disponibile”. Questa frase, ironica e schietta, ci è fondamentale per capire da un lato l’aspetto dell’indagine sull’Io e sulla propria intimità che identificava la sua ricerca, dall’altro la condizione di giovane artista adolescente che finanziava da sola il proprio lavoro.
Francesca Woodman, erede della tradizione artistica occidentale dell’autoritratto, impressionò la comunità artistica per la maturità e la coerenza concettuale delle opere che creò in nove anni di intensa attività e fu, per molti versi, anticipatrice di tendenze e tematiche che connoteranno l’arte contemporanea negli anni successivi.
Il percorso delle opere segue le orme tracciate dalle sue serie fotografiche più significative, realizzate nei luoghi più significativi per i passaggi essenziali della sua biografia: una ha per scenario Boulder, nel Colorado, datata agli anni della scuola superiore; un’altra riguarda l’intenso periodo di formazione presso la Rhode Island School of Design di Providence; infine, quella che fra 1977 a 1978 venne eseguita a Roma.
New York, da una parte, e la natura incontaminata della MacDowell Colony nel New Hampshire rappresentano le fasi estreme della sua opera. All’interno del suggestivo Palazzo della Ragione è stata ricreata anche l’installazione Swan Song, composta da 5 fotografie di grande formato (circa 1 metro x 1 di grandezza) che rappresentano una rottura degli schemi convenzionali che prevedevano di appendere l’opera all’altezza degli occhi. L’ installazione era stata realizzata dall’artista a Providence nel 1978 ed è esposta per la prima volta in Italia in occasione di questa mostra.
La Woodman progettò l’installazione in modo da collocare le fotografie ad altezze variabili, alcune molto in alto e altre all’altezza del pavimento, in funzione del flusso narrativo delle immagini – la “canzone del cigno” come recita il titolo - e sfruttando le caratteristiche architettoniche del contesto in un dialogo tra artista e spazio che diventa parte dell’opera.
Completano l’esposizione cinque frammenti video, una parte dei pochissimi video realizzati dall’artista durante i corsi della Risd, recentemente restaurati e pubblicati dall’Estate.
I video sono un utile strumento che ci mostra l’artista modella e regista al tempo stesso, grande testimonianza del lavoro performativo dell’artista.
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