Nel suo libro il giornalista Riccardo Finelli
racconta gli incontri con decine di persone
lungo lo stesso tragitto dei Mille nel tentativo
di capire che cosa resta degli ideali
unitari nella testa degli italiani
Non è un libro di storia. “150 anni dopo. Ai quaranta all’ora sulle tracce di Garibaldi”, (Incontri Editrice - pagg. 189 - E 15), è un libro di... storie. Raccolte e raccontate dal giovane giornalista Riccardo Finelli, durante il suo viaggio in scooter da Marsala a Teano, sulle tracce di Garibaldi, o meglio, di quel che ne resta. Perché l’Unità d’Italia non è nata da una rivoluzione, ma da un viaggio “un coast to coast morale in cui idealismo e cinismo si sono mischiati fino a confondersi. Niente a che fare con la rappresentazione plastica di eroismo con cui ci è stato raccontato a scuola il Risorgimento”.
Come è nata l’idea di questo libro?
A 37 anni non ho ancora capito se l'Italia esiste veramente o no. I 150 anni della spedizione dei Mille mi sono sembrati una buona "scusa" per andare a scovare una risposta. Così ho fatto il pieno al mio scooter 125 cc, ho messo due magliette e un paio di ciabatte nell'ultraventennale jolly Invicta e… sono partito.
Il viaggio è al centro dei tuoi libri. Hai raccontato la vita nei Comuni più piccoli d’Italia e nelle isole più... isolate, per ripercorrere, da ultimo, il tragitto di Garibaldi e dei Mille. Cosa rappresenta per te il viaggio?
Una splendida scusa per isolarmi un paio di settimane dal mondo, dal mio ruolo di travet e buon padre di famiglia e mettermi sulla strada, in ascolto degli altri e di me stesso.
Perché rifare oggi, 150 anni dopo, il viaggio di Garibaldi da Marsala a Teano?
Viviamo in un Paese senza memoria, di stragi senza mandanti, in cui qualcuno vorrebbe pure cancellare il 25 aprile. Purtroppo a nessuno importa nulla di quel coast to coast garibaldino di 150 anni fa. E invece oggi più che mai servirebbe ricordarlo. Beninteso, ci fu ben poco di eroico. Garibaldi fu uno strumento nelle mani di poteri ben più forti, si fece largo anche a suon di mazzette e con l'appoggio di baroni locali. Però era un idealista vero e, comunque, diede una speranza di giustizia e uguaglianza, sebbene poi tradita dallo Stato unitario.
E tutto questo lo fece, se ci pensi, con un viaggio. Capisci? Viviamo in un Paese che in fondo nasce da un viaggio, quel coast to coast di 5 mesi da Marsala al Volturno che, comunque la si pensi, ci proiettarono nella modernità. Ti dirò che l'idea di nascere da un viaggio non mi dispiace affatto.
Con che idee dell’Unità d’Italia e di Garibaldi sei partito?
Da una sensazione ‘a pelle’: dell’Unità d’Italia non importa niente a nessuno. Ho pensato allora di capire cosa ne pensa la gente, incontrando decine di persone, parlando e confrontandomi con loro. Sono tornato a casa, purtroppo, con la conferma di quell’idea: l’interesse è veramente minimo.
Quindi, un secolo e mezzo dopo, ancora non si può parlare di memoria condivisa sull’Unità d’Italia...
Il vero problema, come dicevo, è che la memoria... proprio non c’è. La poca rimasta è polarizzata fra acritici passionari garibaldini e meridionalisti che vedono l'avvento dell'unità come il peggiore male possibile.
Il problema è che nessuno a scuola ci ha mai insegnato una storia "vera", capace di andare un centimetro più in là della retorica risorgimentale da sussidiario.
Come celebrare il Risorgimento senza rischiare di cadere in troppa retorica?
Studiandolo.
C’è qualcosa di inquietante nella considerazione che talune persone incontrate durante il tuo viaggio hanno della Lega Nord. Come si spiega il successo di questo partito nel profondo sud?
Votare Bossi in Calabria significa avere perso qualsiasi speranza che le comunità locali possano generare con il libero voto una classe politica autoctona capace e non compromessa con le mafie. Significa appellarsi a una forza politica "terza", estranea al territorio, quasi marziana, perché venga a commissariare, a ricostruire il tessuto sociale e poi a riconsegnare un lenzuolo pulito.
La Lega ha purtroppo costruito un packaging straordinario al proprio prodotto politico, trasmettendo idea di rigore, meritocrazia e competenza. Tutto questo, più che inquietante, mi sembra triste.
Non tutti, però, la pensano così. Molte persone del sud stanno lavorando per il riscatto morale della loro terra, ad esempio Pino Maniaci, instancabile animatore di TeleJato...
Il problema è che anche chi vota Lega in Calabria lo fa spesso nella speranza di garantire un riscatto morale alla propria terra. A Telejato ci sono capitato quasi per caso, durante la visita alla microscopica tv di due classi elementari. Maniaci riusciva a tenere in riga una quarantina di ragazzini a suon di parolacce e sfottò alla mafia, raccontando di come vada a spasso con l'operatore della tv a prendere per il culo i mafiosi in mezzo alle strade di Partinico.
E' un simbolo di legalità in una città martoriata, dove, per dirne una, esiste una distilleria, la Bertolino, legata alla mafia, che da anni soffoca la città con un odore dolciastro opprimente, in barba alla legge.
La cosa che più mi ha colpito di questo giornalista è stato il saluto fatto ai ragazzi: "quando vi dicono che i giovani sono il futuro, già vi stanno prendendo per il culo, perché voi invece siete il presente!".
Se Garibaldi ripercorresse oggi il tragitto di 150 anni fa, che cosa penserebbe?
Che devono ancora finire la Salerno-Reggio Calabria! A parte gli scherzi. Ha fatto in tempo a vedere che cosa è stata la “piemontesizzazione” del Meridione dopo l'unificazione, ha fatto in tempo a vedere il brigantaggio, ha fatto in tempo a vedere come sono state tradite le speranze egualitarie e di riscatto sociale che avevano accompagnato in alcuni (solo in alcuni) strati della popolazione la spedizione dei Mille.
Quindi credo che, da uomo di mondo, non sarebbe più di tanto sorpreso della poca memoria e del vasto sentimento anti-nazionale che ancora oggi si respira al Sud e che, purtroppo, va ben al di là del folklore.
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Riccardo Finelli (1973) è originario di Modena, dove tuttora risiede. Giornalista e scrittore, ha collaborato con la Gazzetta di Modena e TeleModena. Dal 2000 ad oggi ha lavorato presso l’ufficio relazioni esterne della Banca Popolare dell’Emilia Romagna. Attualmente scrive per “Uomini e trasporti”. Ha pubblicato, per Incontri Editrice: Storie d’Italia. Viaggio nei comuni più piccoli di ogni regione e C’è di mezzo il mare. Viaggio nelle micro-isole italiane. Sito dell’Autore: www.riccardofinelli.it
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