Il rapporto fra territorio e Forze di polizia non è il risultato di formule magiche o di politiche portentose. E’ frutto del grado di cultura della legalità che un territorio è in grado di esprimere. Diversa è la percezione di insicurezza, tra una città e l’altra, diversa persino tra zone del medesimo agglomerato urbano.
Se un quartiere appare degradato e poco vivibile, i cittadini hanno paura e tendono ad abbandonarlo o a comportarsi passivamente, accettando la presenza della criminalità e facendone terreno fertile per l’illegalità diffusa.
Ormai in tutte le maggiori città italiane il rapporto fra territorio e Forze di polizia deve, giocoforza, confidare su un mix equilibrato fra politiche di riqualificazione urbana, partecipazione dei cittadini, controllo, repressione e, naturalmente, adozione intelligente di tecnologie innovative.
In questo senso, c’è ormai una consolidata esperienza di cooperazione tra Comuni e Forze di polizia. Le cose possono essere migliorate, magari ripensando il ruolo della Polizia municipale: alcuni compiti di controllo capillare del territorio potrebbero essere svolti più efficacemente dalle Polizie locali, visto che le Forze di polizia nazionale devono già occuparsi di repressione e prevenzione dei grandi crimini, settori nei quali – tra l’altro – stanno ottenendo ottimi risultati.
Un sindacato, in un sistema pluralista come il nostro, al di là della propria vocazione naturale a promuovere l’emancipazione della categoria, deve favorire l’affermazione di una cultura amministrativa più democratica ed avanzata dell’istituzione, all’interno dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, i cui vertici appaiono spesso in posizione di retroguardia, soprattutto nei rapporti con la cosiddetta “utenza interna”.
Spetta al sindacato il compito di valorizzare i momenti di approfondimento sul tema sicurezza, con l’obiettivo di uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni. Il sindacato deve saper cogliere il nodo delle problematiche, e favorire un confronto tra i diversi soggetti coinvolti; deve saper individuare le politiche più efficaci da mettere in atto per approntare progetti di promozione della legalità, prevenzione del crimine e gestione del rischio, una progettualità da realizzare con le Amministrazioni pubbliche e – perché no – anche in partnership con attori privati.
E’ proprio la cooperazione tra i diversi attori il filo conduttore per assicurare condizioni di maggiore sicurezza. La cooperazione è una scelta strategica per analizzare la complessità dei fattori che influenzano il senso di insicurezza dei cittadini: bisogna individuare le strategie e le tecnologie di controllo del territorio, cogliere il rapporto tra le politiche di repressione del crimine e le politiche per la sicurezza partecipata.
Le criticità dipendono soprattutto dal rapporto tra le esigenze reali ed un sistema ottocentesco, caratterizzato da duplicazioni che producono costi che la collettività non è più in grado di sostenere. La recente manovra, in nome dell’esigenza ormai degradata a slogan di “non mettere le mani nelle tasche dei cittadini”, ha colpito i dipendenti pubblici riducendo il loro reddito che, secondo un’ottica ragionieristica, rappresenta una spesa. Così, anche un governo che dispone di una maggioranza che non è mai stata così ampia in Parlamento e nella società, non ha il coraggio di combattere i veri sprechi che sono costituiti non solo dalle auto blu, ma anche dalle duplicazioni inutili di Corpi ed Uffici sullo stesso territorio.
In queste condizioni, le riduzioni di spesa incidono proporzionalmente sulle risorse e gli investimenti in termini di sicurezza. Da dieci anni, il blocco del turnover ha dimezzato gli organici dei nostri uffici, senza che alle riduzioni di personale abbia corrisposto la messa a punto di strategie di gestione del personale e l’utilizzazione di tecnologie capaci di garantire livelli di sicurezza adeguati. Molti nostri uffici, soprattutto delle specialità, sono ai minimi, così come vi sono stazioni di Carabinieri, soprattutto nella provincia, che non riescono a soddisfare la domanda di sicurezza dei cittadini.
L’impegno in chiave sociale del nostro sindacato sul territorio si esplica soprattutto attraverso la confederazione. E’ la confederalità che ci permette di partecipare in un’ottica propositiva alle iniziative che si proiettano nel sociale. E’ proprio questa proiezione nel sociale che caratterizza un sindacato di categoria che aderisce ad una confederazione, e lo distingue da un sindacato autonomo o da una associazione corporativa.
Il ruolo dei Comuni è andato via via crescendo da quando è stata introdotta l’elezione diretta del sindaco. Da quel momento, il primo cittadino è destinatario naturale della domanda di sicurezza, soprattutto nei centri maggiori dove il problema è più sentito e più complesso.
C’è stata, quindi, tutta la stagione dei Patti per la Sicurezza, in cui il Comune è diventato una sorta di rappresentante dei cittadini verso le Amministrazioni statali. Questa funzione, poi, si è evoluta attraverso un’attività di cooperazione tra Comuni, con il loro ruolo di governo del territorio, e Forze di polizia statali, con il loro ruolo di controllo e contrasto della criminalità. Fino a giungere all’ultima stagione, quella delle ordinanze, che sono state un’innovazione dal punto di vista dei poteri del sindaco in materia di sicurezza.
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