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Agosto-Settembre/2010 - Articoli e Inchieste
Idee a confronto
Faccia a faccia tra governo e sindacato: quando Mantovano disse sono d’accordo, ma...
di

Intercettazioni sì, intercettazioni no.
Il sottosegretario all’Interno, protagonista
di un dibattito intenso nella tre giorni
del Congresso Silp. Claudio Giardullo: “Per
condurre uno scontro tra diritto formale e diritto
sostanziale, rischiate di gettare il bambino
con l’acqua sporca”. “Sì, ma non è tutto oro
quello che luce”. Platea attenta e partecipe,
lungo il filo di un dialogo leale e franco
_________________________________________
Il ministero dell’Economia ha chiesto
un taglio del 10% sul bilancio
del Viminale. “Lo abbiamo fatto
da soli”. E Sorrentino: “Ma, sullo scudo
fiscale, vi siete fermati al recupero
di un valore esiguo”. Applausi
_________________________________________

Le intercettazioni sono uno strumento importante. Ad affermarlo, nel cuore del dibattito, è il sottosegretario di Stato, Alfredo Mantovano. Una notizia reale, non virtuale: anche se c’è un ma.
Il III Congresso del Silp, al suo secondo giorno, offre il faccia a faccia tra governo e sindacato. In rappresentanza dell’esecutivo, Alfredo Mantovano, magistrato di Cassazione, deputato, senatore, attualmente sottosegretario al ministero dell’Interno. Oltre all’esponente del governo, sul quadrato il segretario generale Silp, Claudio Giardullo, il segretario confederale Cgil, Serena Sorrentino, il giornalista di Rai 3, Filippo Nanni.
L’accostamento al ring non è casuale e l’imperativo è d’obbligo: incrociare i guantoni, far valere la forza delle proprie ragioni, senza colpi bassi, senza demagogia, a viso aperto, con lealtà.
Lo riassume bene Giardullo, quando premette che il confronto con Mantovano è sempre stato franco, di merito, scevro da qualsivoglia slittamento su piani sdrucciolevoli, meramente di parte, e non solo politici. Mantovano, esponente di spicco dell’esecutivo, entra con spontaneità nella stessa lunghezza d’onda; conscio del ruolo istituzionale, non cela l’impostazione che rivela l’identità che gli è propria, quella del magistrato.
In questo scenario, irrompe il primo tema all’ordine del giorno: il nuovo profilo legislativo in cui il governo Berlusconi intende regolare lo strumento delle intercettazioni.
Superate le prime battute d’introduzione, il sottosegretario sforna il suo primo piatto forte. A ben vedere, le intercettazioni presentano limiti, perché apparentemente troppo ‘palesi’. Secondo Mantovano lo strumento offre, cioè, un profilo molto accattivante, e crea condizioni non sempre idonee a centrare l’obiettivo dell’indagine. Quest’ultima, così, rischia di non essere approfondita, perché incardinata quasi esclusivamente su quanto emerso dall’intercettazione. Il pericolo? Scoprire a posteriori che ci si è accontentati di elementi che magari, in sede processuale, non manterranno nemmeno la dignità di prova. Insomma, di questo metodo d’indagine – sostiene il sottosegretario – si finisce per innamorarsi a priori.
Nanni, da buon moderatore, incalza. Bene – dice – ma si può negare l’efficacia delle intercettazioni per scoprire reati importanti tramite la rilevazione di reati spia? Mantovano è telegrafico: un dato su cui si può concordare, ma non così tanto da giustificare intercettazioni a go-go. E, gettando le premesse di un rischio ‘esplicitazione’ di questioni private, chiosa: l’esigenza dell’informazione è veramente così forte in termini assoluti? O non è più importante il diritto alla privacy?
Serena Sorrentino è fulminea. Secondo il suo punto di vista, ferme restando alcune problematiche inerenti questioni di privacy e di efficacia delle intercettazioni, sembra che l’intervento del legislatore su questo strumento conduca, innanzitutto, ad un’altra esigenza prioritaria: tutelare interessi particolari, invece di tutelare interessi collettivi. Obiezione di metodo o di merito? Per l’intero dibattito, Sorrentino stringerà la propria analisi sulle questioni economiche e di struttura. Interventi densi, applauditi [in questo numero, un suo articolo, ndr].
Claudio Giardullo allarga il cono di luce, e parte da una prima preoccupazione. Sul tema intercettazioni, afferma di vedere un rischio: finire per gettare il bambino con l’acqua sporca.
A ben vedere – sostiene – la rete di contraddizioni, che è sorta intorno all’azione del legislatore, ha finito per traslare la possibilità di migliorare lo strumento verso un tentativo che appare, in media res, un’occasione persa.
Una situazione che appare sempre più evidente e che è stata stigmatizzata da molti, a partire dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Giardullo esplicita il proprio punto di vista. Chiede uno sforzo d’ottica, ed alza il braccio di una ripresa che domini un campo visivo maggiore. Entra in scena, così, il primo piano di un bivio, una biforcazione che potrebbe far presumere un’incompatibilità inevitabile tra diritto formale (tutela della privacy) e diritto sostanziale (potenzialità e utilizzo di uno strumento d’indagine).
Mantovano ascolta, paziente.
Sul diritto formale, il segretario generale Silp pronuncia, tra le soluzioni, quella che appare più funzionale, nitida. Tanto che – asserisce – risiede evidentemente nella testa di tanti osservatori e commentatori. Per tutelare la privacy, basterebbero pochi commi ad una legge che preveda sanzioni durissime contro chi renda pubbliche notizie non attinenti al mero oggetto d’indagine. Ergo: chi pubblica nomi e situazioni che nulla hanno a che vedere con un’inchiesta in corso, chi rivela identità e comportamenti attinenti alla sola sfera privata, sarebbe chiamato a pagare un prezzo penalmente altissimo per il proprio operato.
Al contrario, se si analizza l’intervento imposto al diritto sostanziale, quello che sottintende la necessità di utilizzare lo strumento ‘intercettazione’, salta all’occhio l’iniezione di una cultura soprattutto inibente per chi svolge l’inchiesta, sino al blocco della stessa prospettiva tecnicale d’indagine.
Giardullo, per un attimo, tace. Gli appare evidente ciò che è evidente all’uditorio intero. Forse è il momento di allargare l’inquadratura, togliere il tele, passare ad un grandangolo.
Ecco, allora, che il set si anima. Altri protagonismi irrompono, accadimenti che entrano in scena anche solo per testimoniare un nanismo in cui, involontariamente, appaiono costretti.
Il segretario Silp punta il riflettore su uno di questi: è l’iter di un nuovo progetto di legge sulla corruzione. La cronaca sembra rimandare echi d’inflazione del genere. Ebbene, chiede Giardullo, perché i lavori per una nuova normativa anticorruzione sono impaludati nei retrobottega parlamentari? E, altro quesito, perché il progetto di legge sulle intercettazioni dilaga, invece, nelle interiora dello Stato come fiume carsico, superando ogni ostacolo?
Il sottosegretario non batte ciglio mentre, all’enunciazione dei due quesiti, dalla sala parte l’applauso. Avrà modo di replicare Mantovano anche se, ai più, appare un’incognita la risposta adeguata al nocciolo della domanda posta da Giardullo: tra l’evidenza della corruzione dilagante e limitare l’uso delle intercettazioni, qual è la problematica più urgente?
Mantovano punta allora deciso la prua all’incrocio delle coordinate garanzie civili/organizzazione democratica. Diritto formale?, si chiede. Tutela della privacy?, domanda. No – risponde – molto di più: tutela della persona. E narra un caso accadutogli. Una storia che lo ha visto protagonista inconsapevole. Il caso di un millantatore che, anche a suo nome, tentava di ottenere favori in una goffa attività lobbistica.
La morale? Non è tutto oro quello che luce. Il sottosegretario, cioè, vuole riequilibrare l’acritica, supposta efficacia dell’utilizzo delle intercettazioni. Uno strumento – ricorda, tra l’altro – che costa.
Sull’alto costo delle intercettazioni – interviene allora Giardullo – i dati non danno adito ad alcuna ambiguità. Innanzitutto, da parte del Viminale sono stati già abbattuti molti sprechi. Inoltre, basterebbe ricondurre in house le esternalizzazioni verso imprese private che, oggi, espletano il maggior numero di intercettazioni. Tutto questo ha senso, avverte però il segretario generale Silp, se si conviene pienamente sul giudizio seguente: per un quadro investigativo attendibile, le intercettazioni sono utili.
E’ qui che Mantovano, senza indugio, lascia briglia libera alla formazione del magistrato. Le intercettazioni sono uno strumento importante, afferma. “Ma dobbiamo spingere per favorire un impegno maggiore all’utilizzo di altri strumenti d’indagine, altrettanto efficaci”, aggiunge. Insomma: c’è sempre un ma.
Giardullo incassa con soddisfazione le parole del magistrato. Sa che, inevitabilmente, sono anche le parole di un membro del governo e, per questo, contano. Certo – concorda – esistono casi che dimostrano che l’utilizzo delle intercettazioni può essere meglio tarato. Al tempo stesso, sarebbe comunque necessario non far passare l’idea di un commercio in atto, da ‘tanto al chilo’, di registrazioni e tabulati telefonici. Il segretario generale Silp, infatti, ricorda che con la nuova proposta di legge ispirata dal governo, anche i tabulati telefonici finiscono per cadere sotto lo stesso inibente regime delle intercettazioni.
Infine, le intercettazioni ambientali. Che cosa significa – chiede Giardullo – dare l’ok all’utilizzo di questo strumento in un ambito privato, solo se già si sa che, in quel luogo, si sta svolgendo un reato?
Troppe domande, forse; o, meglio, la volontà pervicace di lasciare nelle mani del sottosegretario-magistrato i nodi palesemente inestricabili di questa travagliata gestazione della normativa, da parte del legislatore.
I problemi, in ogni caso, non si fermano qui. Il liquido amniotico in cui galleggia il feto fa i conti con la carenza di nutritiva: quella economica.
Così, quando Sorrentino sottende un ragionamento da cui si evince la deriva verso una destrutturazione economica, uno smantellamento che rischia di avvitarsi nel senso di una decomposizione istituzionale e culturale, Mantovano condivide la preoccupazione: ma – precisa – è una tesi di scuola: apprezzabile, ma di scuola.
La realtà, per lui, è differente. Ancora: c’è sempre un ma.
Per il sottosegretario, il Ministero dell’Economia ha chiesto di operare un taglio del 10% sul bilancio del Viminale. Il Ministro dell’Interno ha detto ok, ma facciamo da soli. Sono così iniziate operazioni di “recupero”; per dirne alcune sono state limitate le missioni all’estero, sono stati tagliati gli accessori, sono stati congelati scatti e progressioni di carriera. A ciò, ricorda Mantovano, si aggiunga tutta la questione del riordino.
Sorrentino sostiene che, mentre ci si disperde in mille rivoli taglia-spese, le mafie risultano essere il terzo fattore economico mondiale e che – il dato non può non impressionare – l’80% di tali introiti viene “ripulito” proprio in Italia.
Mantovano coglie l’argomento come un invito a nozze. Tra le risorse – sostiene – quella che oggi possiamo definire primaria è quella proveniente dal fondo contenente i beni confiscati alle mafie. Da questo fondo – chiosa – giunge molto ‘ossigeno’ per soddisfare le esigenze della sicurezza. Con grande senso dell’ironia, Mantovano mette anche le mani avanti, ed aggiunge: mi si chiederà, ‘dobbiamo fare affidamento sugli introiti mafiosi, per alimentare i fondi per la sicurezza?’. Non voglio dirla certo così – si risponde – ma questo recupero apre disponibilità che possono essere monetizzate e che altrimenti sarebbero introvabili. In tempi di crisi, insomma, ci si deve industriare.
Sorrentino non si lascia sfuggire l’occasione. Bene – incalza – ma perché, sullo scudo fiscale, vi siete fermati al recupero di un valore esiguo del 5% per le casse dello Stato?
La sala esplode in un applauso fragoroso e Mantovano, sornione, ribatte : non mi sopravvalutate, non sono il Ministro dell’Economia.
Per Giardullo, il problema è proprio questo. Se l’interlocutore scansa la difesa “d’ufficio”, almeno per quel che riguarda temi che esulano dalla gestione sicurezza, non si può tacere che il Ministro dell’Economia conduca e imponga tagli senza conoscere in profondità gli organismi su cui va ad incidere. Il taglio lineare del 10%, indiscriminato, va a minare strutture diverse tra loro, strutture che, invece, andrebbero capite ognuna per le proprie peculiarità.
Il segretario generale Silp conclude. La grande assente di oggi è la cultura istituzionale, una cultura istituzionale che dovrebbe essere insita anche nell’opera di chi, dall’Economia, è chiamato a razionalizzare le spese.
Ancora qualche battuta, prima della chiusura. La questione ronde: per Mantovano la dimostrazione di come un regolamento abbia sventato istinti antidemocratici; per Giardullo, l’ironia di vedere un regolamento molto più avanzato della stessa normativa a cui fa riferimento. La questione taglio/non taglio delle tredicesime alle forze dell’ordine. Per Mantovano, un’indicazione non adducibile al Ministero. Per Giardullo, una sforbiciata indicata con modalità tutta unilaterale. Di più: un comportamento che ha segnato un balzo indietro di oltre 60 anni, rispetto al tema dei diritti. Qui sono in gioco questioni fondamentali, ammonisce il segretario generale Silp.
Il faccia a faccia tra governo e sindacato si chiude qui. Tra le interpretazioni possibili, alla fine, potrebbe spiccarne una. Nell’agone Silp, Alfredo Mantovano ha condotto con sé sia il sottosegretario che il magistrato. Per il primo, c’è sempre stato un ma. Per il secondo, tanta misura nelle parole e qualche silenzio. Giardullo sorride, stringendogli la mano. Nonostante la distanza di posizioni, sa di stringere la mano ad un interlocutore possibile: possibile, perché memore di una formazione istituzionale. In tempi in cui la legge, per opera del legislatore, rischia di non essere uguale per tutti, potrebbe essere già qualcosa.
_______________________________

Chi è Alfredo Mantovano
Con esclusione delle materie relative all’immigrazione e all’asilo, attualmente Alfredo Mantovano è sottosegretario al Ministero dell’Interno, nell’esecutivo di Silvio Berlusconi. Ha la delega per le materie di competenza del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, del Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, del Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse. A lui è delegata anche la Presidenza della Commissione Centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, prevista dall’art. 10 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, con legge 15 marzo 1991, n. 82. Nato a Lecce, il 14 gennaio 1958, Mantovano è stato magistrato di Cassazione. Dopo l’esperienza a capo dell’Ufficio legislativo del ministero delle Risorse agricole, alimentari e forestali nel 1995, viene eletto nel 1996 alla Camera dei Deputati. Diviene membro della Commissione Giustizia e della Commissione Antimafia e, sempre in un governo a guida Berlusconi, nel 2001 ricopre l’incarico di sottosegretario all’Interno sino al 17 maggio 2006, con delega alla pubblica sicurezza e, successivamente, al coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura. Con decreto dei ministri dell’Interno e della Giustizia, dal 5 ottobre 2001 viene nominato presidente della Commissione sui collaboratori e sui testimoni di giustizia. Eletto senatore dal 9 aprile 2006, fa parte della Commissione Affari costituzionali e del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi di informazione e di sicurezza. Dal 23 aprile 2008 è eletto nuovamente deputato.

FOTO: Serena Sorrentino e Alfredo Mantovano

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