Lo scorso autunno, dal 18 al 20 novembre, presso il Teatro dei Satiri, in via di Grotta Pinta a Roma, è stato messo in scena un interessante spettacolo, con discreto richiamo di pubblico, prodotto dalla compagnia “Eternal Lines”: l’opera teatrale Closer. La rappresentazione, a cura del regista emergente Douglas Dean, è stata interpretata in lingua originale Inglese e con un cast di attori madre-lingua.
Questo rappresenta un fenomeno oramai consolidato nel panorama culturale romano. Da anni infatti, una nutrita schiera di artisti dalla provenienza eterogenea, fieri esponenti delle reciproche differenti identità nazionali, è residente nell’Urbe e si prodiga in attività culturali e ricreative di tutto rispetto e di discreto spessore artistico: laboratori teatrali, concerti, rassegne culturali, dibattiti tematici. Decine gli spettacoli in inglese, presentati quindi ogni anno. Queste rappresentazioni non sono però da intendersi ad esclusiva fruizione di una platea di statunitensi e/o britannici.
La volontà di poter raggiungere e coinvolgere sempre un pubblico più vasto, si è razionalmente ed efficacemente esplicitata nella realizzazione di “sottotitoli in italiano” o sarebbe più corretto parlare di “sopratitoli”.
Nel fondo del piccolo palcoscenico, posizionato sufficientemente in alto, spiccava un semplice pannello bianco, sul quale scorrevano le traduzioni degli interi dialoghi, proiettate da un riflettore collocato in balconata.
La genuinità dell’idea (certamente non del tutto innovativa: già altre volte, soprattutto a vantaggio di persone audiolese, si è ricorso a quest’espediente in teatro) appare evidente. La speranza è certamente di aumentare l’audience, ma questo non influisce unicamente sul fattore economico e pubblicitario, rappresenta altresì una sostanziale esclusione di gap comunicativi: prima ancora di veicolare emozioni e sensazioni con la finzione scenica, il regista, con la scelta privilegiata, ci trasmette il messaggio della disponibilità, della condivisione.
“L’idea ha funzionato per l’opera Closer”, chiosa il regista Dean, “ma stiamo valutando di riutilizzare i sottotitoli anche in futuro”.
Closer, scritto da Patrick Marber e presentato a Londra nel 1997, analizza le storie di due giovani coppie Londinesi, esplorando complessità e contraddizioni dell’amore quali infedeltà, abbandono e riconciliazione, e lo fa realisticamente, cinicamente, utilizzando peculiarmente dialoghi mordaci. La scenografia essenziale e costumi semplici, contribuiscono a canalizzare l’ attenzione dello spettatore sulle conversazioni dei protagonisti .
È il dialogo quindi —brusco, spiritoso, spesso volgare— che dà vita a questo spettacolo: un ulteriore elemento che avvalora l’iniziativa dei sottotitoli. Si pone certamente la questione della misura in cui questi debbano essere utilizzati e quando invece possano creare problemi di confusione piuttosto che di straniamento dalla finzione scenica, ma non è il caso del Closer di Dean.
FOTO: il regista Douglas Dean
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