Dal 28 al 30 maggio scorso, l’entrata al Macro (Museo di Arte contemporanea del Comune di Roma) dall’abituale entrata di via Reggio Emilia è stata sposta a quella di via Nizza, da dove si poteva accedere al nuovo ampliamento del museo: 16.000 metri quadri firmati dall’architetto francese di fama internazionale Odile Decq. Ora i battenti di via Nizza sono stati nuovamente chiusi in previsione della definitiva riapertura a fine ottobre. L’ingresso anticipato, infatti, rientrava in un progetto più vasto che prevedeva, in concomitanza dell’inaugurazione del Maxxi (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo), la presentazione al pubblico della nuova ala, che era possibile visitare su prenotazione o su invito.
I lavori di ampliamento del Macro, iniziati nel 2004, ora si avviano alla conclusione dopo aver attraversato non poche vicissitudini che ne hanno rallentato le tempistiche: il ritrovamento di muri medievali e mosaici, il fallimento della prima ditta che vinse la gara, nonché la misteriosa sparizione del proprietario della ditta che seguiva i lavori di rifinitura.
La nuova ala del museo, come la vecchia, faceva anch’essa parte dell’ex birreria Peroni. Un cortile costeggiato da vertiginosi Aliantus Altissima, conduce all’entrata del museo che si sviluppa in una serie di grandi e piccoli spazi dai colori netti e definiti del rosso, nero e bianco.
Questi ambienti sono attraversati e collegati da ballatoi e balconate che consentono al visitatore di muoversi dal basso verso l’alto, attraversando il museo trasversalmente. Il ballatoio più alto termina su una suggestiva terrazza, realizzata interamente in acciaio e vetro, inserita tra i palazzi del quartiere e connessa con la vecchia parte del museo. Il costo dell’intero intervento, inizialmente previsto per un ammontare di 12,5 milioni di euro, ha raggiunto la cifra di 17,5.
Il museo da poco più di un anno è sotto la direzione di Luca Massimo Barbero, già direttore della Fondazione Guggenheim di Venezia. La programmazione espositiva da lui proposta sembra diversificare il più possibile le offerte culturali, soddisfacendo così le differenti tipologie di pubblico. Questa tendenza sembra essersi confermata anche durante le quattro giornate di apertura anticipata, in cui il museo ha ospitato le più disparate opere contemporanee, tra cui, nella nuova ala, un’istallazione dell’artista indiano Subodh Gupta, consistente in un’accumulazione di utensili di acciaio, La Chimera di Mario Schifano, e Le Vele di Kounellis. Al piano superiore, invece, si trovava un breve percorso dedicato all’astrattismo e al concettualismo italiano, che dedicava particolare attenzione alla scena romana.
Le opere spaziavano da autori come Fontana, Spalletti, Consagra, Paolini e Tirelli. La sala che fa da anello di congiunzione tra la parte nuova e quella vecchia, ospitava un’istallazione dell’artista americano Jacob Hashimoto, “Silence still governs our consciuosness”, composta da migliaia di piccoli aquiloni di carta, alcuni decorati altri bianchi, che ondeggiavano dolcemente al movimento dell’aria.
Nella parte vecchia del museo, sempre aperta al pubblico, si trovano invece altre quattro istallazioni due delle quali curate dallo stesso Barbero: “My dark place”, del portoghese Joao Louro, “X Y Zorio” di Gilberto Zorio, “Micro, Aureo, Adela” di Jorge Peris e “Splippery when wet” di Aaron Young.
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