La pedofilia è argomento che suscita un particolare allarme sociale, desta interesse in ambito clinico, giuridico e politico e richiama all’esigenza di trovare risposte concrete e immediate per la tutela delle vittime e per il trattamento degli autori in termini di prevenzione della recidiva. Il fenomeno rappresenta un evento eterogeneo: diverse sono le cause che possono costruire tale comportamento, diversi sono i contesti in cui ha maggiori possibilità di emergere, diversi sono gli operatori e le istituzioni coinvolte, ma anche gli strumenti e le tecniche utilizzate per il contrasto, diversi sono gli esiti giudiziari ed istituzionali e differenti sono gli attori coinvolti ed i profili comportamentali ad essi riferibili.
Lo stereotipo del maniaco anziano e psicopatico, malgrado sia stato ormai smentito da numerose ricerche e dalle statistiche ufficiali, continua ad essere presente nell’immaginario sociale. Questo mito dipinge l’abusante come un “maniaco” incapace di gestire i propri impulsi, un uomo diverso dal normale, poiché impossibilitato ad avere una normale vita sessuale, che è insaziabilmente assetato di sesso ed ha un carattere fermo ad uno stadio di sviluppo infantile. L’avvento di nuovi supporti tecnologici, quali Internet, ha modificato strutturalmente la vita quotidiana, in tutte le sue espressioni e non solo quelle professionali, offrendo una nuova modalità di interazione correlata a nuove esigenze di security. Le chat, ad esempio (che garantiscono anonimato e facilità nell’acquisire quel tipo di contatti) ed il ricorso all’immagine del corpo nudo del bambino o dell’adolescente per veicolare messaggi pubblicitari, ci avverte sempre più che tali condotte non costituiscono un’eccezione, espressione soprattutto di situazioni sociali e culturali o patologie particolari, ma che invece coinvolgono largamente tutto il tessuto sociale.
Come emerge da una ricerca del 2004 a cura dell’International Crime Analysis Association: il 13% dei bambini tra gli 8 e i 13 anni ha avuto dei contatti in chat con un adulto che intraprende discorsi su tematiche sessuali; il 29,7% di adolescenti tra i 14 e i 17 anni ha incontrato contenuti indesiderati/offensivi; il 51,7% di loro ha incontrato finestre aperte di pubblicità di altri siti.
Tra tutti gli indirizzi di Internet le chat-line rappresentano il settore dove si manifestano i maggiori rischi per i minori. Tali strumenti di comunicazione implicano la mediazione di un computer tra i due interlocutori, consentono talvolta rapporti umani estremamente intimi, neutralizzando anche alcuni gap di età e culturali che normalmente limitano o selezionano le comunicazioni dirette tra minori e adulti. I rapporti via internet sono inoltre privi di elementi identificativi aggiuntivi (paralinguistici, visivi, ecc.) e l’identità dichiarata può essere verosimilmente falsa. La tecnologia della chat offre quindi una certa facilitazione ai pedofili nella fase di contatto con la possibile vittima e consente loro forme di molestia di tipo verbale (condurre il minore su argomenti di tipo sessuale) e tentativi di incontro fuori dalla Rete (adescamento).
Dunque, il pericolo di incontri virtuali a sfondo erotico-sessuale è presente e reale. Inoltre è complesso e articolato il quadro delle modalità di espressione della pedofilia che si arricchisce di ulteriori nuovi profili comportamentali e nuove forme quali: la prostituzione minorile, la tratta dei minori a scopo sessuale, il turismo pedofilo ed infine la pornografia infantile su materiale stampato, film o chat. Questa tipologia di reati è forse in assoluto quella meno frequentemente denunciata e scoperta dalle agenzie di controllo sociale. Una possibile spiegazione è da collegarsi al fatto che il rilevamento ufficiale del “reato sessuale” dipende in larga misura dalle modalità di relazione sociale e, quindi, dall’esito dell’interazione tra la vittima, l’abusante e i vari organismi e livelli di controllo formale e informale.
I limiti del rilevamento ufficiale dei reati di tipo sessuale si uniscono ad un’effettiva carenza non solo di dati precisi sui responsabili di questa tipologia di reati, ma anche e soprattutto delle ricerche e degli approfondimenti scientifici, da un punto di vista sia dell’analisi delle denunce, sia dei percorsi degli autori di questi reati nel circuito articolato e complesso della giustizia penale (segnalazioni all’Autorità giudiziaria; condanne; interventi; progetti di trattamento; ecc.). Per quanto concerne la definizione del fenomeno, vi è una correlazione con il contesto sociale in cui è collocata, assumendo significati differenti nelle varie epoche storiche.
Nell’antichità il pedofilo è considerato l’amante dei fanciulli con valenze educative. Al tempo dei Greci e dei Romani, la pedofilia che riguarda i bambini prepuberi è largamente tollerata. Nel Medioevo ha ancora caratteristiche di tollerabilità, mentre nell’età moderna diventa un concetto e una modalità comportamentale inaccettabile da un punto di vista morale e penale. Attualmente, gli orientamenti sulla pedofilia si posizionano su diversi percorsi interpretativi:
- l’approccio di tipo socio-antropologico concepisce la pedofilia come “pervertimento sociale”, solo in riferimento a particolari periodi storici e ad alcune società, mentre per altre rientra all’interno di una modalità largamente accettata;
- l’approccio di tipo antropo-fenomenologico si concentra sull’osservazione nella pedofilia della presenza di stati emotivi caratterizzati da impellenza, che diventano ostacolo per la costruzione di un legame normale amoroso fra due soggetti adulti di sesso diverso;
- l’approccio di tipo clinico definisce la pedofilia come una perversione sociale e la tratta come un disturbo della sfera sessuale.
La pedofilia, secondo la classificazione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (Dsm-Iv-Tr), essendo un disturbo della sfera sessuale, rientra in quei disturbi che la terminologia psichiatrica indica come “parafilie”. Il termine “parafilie” sta ad indicare che la deviazione (para) dipende dall’oggetto fonte d’attrazione (filia). Le caratteristiche essenziali delle parafilie sono fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti o intensamente eccitanti, che possono riguardare oggetti inanimati, la sofferenza e l’umiliazione di se stessi o del partner, di bambini o di altre persone non consenzienti, essendo «caratterizzate da ricorrenti e intensi impulsi, fantasie, o comportamenti sessuali che implicano oggetti, attività o situazioni inusuali e causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa, o di altre aree di funzionamento…» (Dsm-Iv-Tr).
Questa definizione ci fa dunque capire che il pedofilo è “psicopatologicamente pedofilo”, perchè mosso in modo invasivo e incontrollabile dalle sue fantasie, impulsi e desideri a tal punto da compromettere una o più aree della sua vita a livello socio-relazionale o professionale. In alcuni casi, è indispensabile al soggetto, per l’eccitamento sessuale, la presenza di fantasie e stimoli parafilici mentre, in altri casi, questi si manifestano sporadicamente, per esempio nei periodi di forte stress. Ci sono, inoltre, soggetti con parafilia che riescono ad essere sessualmente attivi anche senza ricorrere a fantasie o stimoli di questo genere. Quando tali impulsi e fantasie sono presenti, in modo sopportabile e non disturbante, coercitivo o invadente a tal punto da compromettere la quotidianità di un soggetto, non è corretto parlare di disturbo di pedofilia. Ai fini di una corretta analisi differenziale, una parafilia «va distinta dall’uso non patologico di fantasie, comportamenti od oggetti sessuali che costituiscono stimolo per l’eccitazione sessuale. Tali fantasie e comportamenti, infatti sono da considerarsi parafilici solo quando portano ad un disagio clinicamente significativo o ad una menomazione». A tal riguardo, sono stati elaborati tre diversi criteri di gravità delle manifestazioni di una o più parafilie sulla base del continuum tra fantasia e azione:
a) lieve, quando vi è marcato disagio per gli impulsi parafiliaci mai comunque messi in atto;
b) moderato, quando l’impulso parafiliaco è messo in atto occasionalmente;
c) grave, allorché tale impulso è agito ripetutamente.
Nel Dsm-Iv-Tr, ai fini di una corretta valutazione clinica della pedofilia, si fa riferimento a tre criteri specifici: la presenza durante un periodo di almeno 6 mesi di fantasie, impulsi sessuali, o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente che comportano attività sessuale con uno o più bambini prepuberi; le fantasie, gli impulsi sessuali o i comportamenti causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre importanti aree del funzionamento; il soggetto ha almeno 16 anni ed è di almeno 5 anni maggiore del bambino-partner.
Non esiste un’età media cui ricondurre il soggetto pedofilo e non è possibile rintracciare neanche una classe sociale cui un soggetto affetto da tale disturbo appartiene. Il sesso del pedofilo è quasi esclusivamente rappresentato dal genere maschile, ma non è esclusa la presenza di quello femminile.
Per quanto riguarda la meta d’attrazione, alcuni pedofili preferiscono minori dello stesso loro genere (pedofilia omosessuale), altri quelli di sesso opposto (pedofilia eterosessuale), altri ancora sono eccitati sia dagli uni sia dagli altri (pedofilia bisessuale). L’attrazione verso le femmine è descritta come la più frequente e riguardante per lo più bambine dagli otto ai dieci anni; quella per i maschi, invece, sembra coinvolgere minori con un’età leggermente più elevata. Tra i pedofili è possibile, inoltre, osservare soggetti attratti esclusivamente da bambini (tipo esclusivo) e soggetti attratti da bambini e adulti (tipo non esclusivo). I pedofili riferiscono un interesse sessuale rivolto a minori di una particolare fascia d’età; sono individui particolarmente attratti da soggetti che hanno un’età che precede, rientra o ha appena superato la pubertà. Da ciò consegue che non appena questi soggetti, crescendo, assumono sembianze più adulte viene meno la capacità di attrarre sessualmente il pedofilo: il desiderio del pedofilo si aggira appena secondariamente intorno al sesso del partner, importando in primo luogo a lui l’età e precisamente l’infanzia di un determinato partner sessuale.
La diagnosi di pedofilia si orienta dunque fin verso un limite di età entro il quale un bambino o fanciullo viene considerato sessualmente desiderabile (appetibile). L’età si estende dalla prima e primissima infanzia sino all’inizio o termine della pubertà. Questa tipologia di adulti che hanno come oggetto esclusivo o preferenziale “l’infanzia” e come obiettivo la spinta al soddisfacimento di una “inclinazione erotica” si differenzia da altre poiché solo secondariamente sono interessati al sesso del partner, essendo in primo luogo interessati all’età. Il pedofilo è una persona i cui desideri sessuali consci e le cui risposte sessuali sono diretti, almeno in parte, verso bambini e adolescenti dipendenti e immaturi, che non si rendono pienamente conto di queste azioni e che sono incapaci di dare un consenso informato. L’età d’insorgenza di questa parafilia, di solito, è da ascriversi all’infanzia, anche se alcuni soggetti riferiscono di essere stati eccitati dai bambini solo a partire dalla mezza età.
A tale riguardo, i pedofili possono essere distinti considerando la presenza di un blocco evolutivo, per cui il soggetto è attratto sessualmente da individui più giovani sin dall’adolescenza, o di una regressione: in tale caso l’attrazione sessuale nei confronti di persone più giovani compare non prima dell’età adulta. Il Dsm-Iv suggerisce però che non si possa fare una diagnosi di pedofilia se il soggetto è un tardo adolescente che intrattiene una relazione sessuale con un bambino di 12-13 anni, malgrado si debba constatare un numero sempre più elevato di responsabili di reati sessuali nella fascia adolescenziale. In base alle caratteristiche di personalità e ai livelli di gravità, si distingue tra: pedofili omosessuali, che desiderano avere rapporti con bambini/e dello stesso sesso, con modalità vicine a quelle fra madre e figlio; pedofili compulsivi, che agiscono in modo irrefrenabile i comportamenti sessuali sui bambini/e in associazione ad un restringimento dello stato di coscienza, al di fuori del quale soffrono per tale comportamento; pedofili perversi, che non considerano il bambino come soggetto, ma solo un mezzo per soddisfare un comportamento sessuale, intriso di ritualità violenta.
Un’altra differenziazione è quella rappresentata tra pedofili regressivi e pedofili fissati: i pedofili regressivi, sono coloro che rivolgono il loro interesse sui bambini, perché sono caratterizzati da una personalità immatura e fissata ad un livello infantile di sviluppo psicosessuale. Spesso l’attrazione verso soggetti pre-puberi è preceduta o accompagnata da forme più mature di attrazione sessuale. In questi casi si ha a che fare con soggetti che hanno relazioni con adulti e sono sposati, ma che tendono a rivolgersi sessualmente ad individui più giovani in conseguenza di frustrazioni e conflitti di relazione con soggetti della loro età. In questi casi la spinta non è esclusiva ma episodica e le motivazioni non strettamente sessuali; i pedofili fissati sono coloro nei quali vi è un arresto temporaneo o permanente dello sviluppo psico-sessuale e fin dall’adolescenza un atteggiamento di tipo pedofilo. L’interesse sessuale primario non è mai evoluto oltre lo stadio prepubere; raramente intrattengono relazioni sessuali adulte, sono spesso celibi e tengono a mettere in atto comportamenti sessuali pedofili verso sconosciuti o vicini di casa.
I pedofili possono essere ancora suddivisi in due tipologie: pedofili situazionali e pedofili preferenziali. I primi non presentano una originaria e unica preferenza verso i bambini e sono portati a rivolgersi al mondo infantile nel momento in cui eventi particolarmente stressanti intervengono nella loro vita. Questa tipologia di soggetti abuserebbe non solo di minori, ma di qualunque soggetto che presenta delle vulnerabilità. I pedofili preferenziali, al contrario della precedente tipologia, sarebbero soggetti che provano un’attrazione esclusiva per i bambini e difficilmente compiono azioni violente e lesive a danno delle vittime. I soggetti “portatori” di pedofilia (secondo la cornice diagnostica del Dsm) «possono limitarsi a spogliare il bambino e a guardarlo, a mostrarsi, a masturbarsi in presenza del bambino, a toccarlo con delicatezza e a carezzarlo. Queste attività sono di solito giustificate o razionalizzate dai soggetti a comportamento pedofilo sostenendo che esse hanno valore educativo per il bambino, oppure che il bambino stesso ne ricava piacere sessuale; argomentazioni queste che si trovano anche nella pornografia pedofila, nonché nelle razionalizzazioni giustificative adottate sia da singoli che da associazioni di pedofili».
Trasversale a tutte le tipologie evidenziate, come anche per gli autori di reati sessuali in genere, è infatti la presenza di alcune caratteristiche distorsioni cognitive che possono essere così riassunte: negazione o minimizzazione del danno; spostamento della responsabilità ad altri o a fattori esterni situazionali; credenze e convinzioni secondo cui i bambini amano fare sesso con gli adulti, cercando attivamente di impegnarsi in tali attività con loro e non vengono danneggiati da ciò.
Come per le parafilie in genere, occorre a questo punto una considerazione a parte per tutti i moltissimi casi in cui delle persone sentono fantasie e desideri simili a quelle dei pedofili, cioè della stessa natura e contenuti, senza però una compromissione delle normali attività di vita e ancor di più senza sentire il bisogno incoercibile di passare all’atto. In questa condizione si trovano, anche e non solo, la maggior parte di coloro che sono affetti dal disturbo di pedopornodipendenza e i fruitori non malati di pornografia. Ambedue differiscono dal pedofilo riguardo al fatto che non agiscono mai la condotta sessuale. Tuttavia, il soggetto affetto da pedoporno-dipendenza ha in comune con il malato di pedofilia il fatto di compromettere spesso in modo rilevante le proprie attività quotidiane a causa della sua malattia di dipendenza, mentre il fruitore non malato di pornografia, pedopornografia inclusa, a differenza di entrambi, oltre a non agire nessun comportamento sessuale con il bambino, non compromette in alcun modo le proprie attività quotidiane. D’altro canto, la definizione e i criteri diagnostici della pedofilia descritti precedentemente prevedono l’esclusione anche di quanti hanno effettivamente abusato di bambini senza però essere tormentati da fantasie o impulsi devianti.
Non appare possibile attribuire l’origine della pedofilia a un’unica classe di eventi: la pedofilia sembrerebbe derivare dunque da una molteplice varietà di dimensioni e classi di eventi, sia intrapsichici sia esterni. Occorre pertanto prendere in considerazione una molteplicità di fattori: anche in funzione del fatto che non esiste un’unica tipologia di fenomeni, va utilizzato «un approccio multifattoriale e chiaramente ancorato ad un criterio casistico tale da non trascurare la specificità di ogni situazione».
Alla luce di quanto precedentemente detto, è evidente che avere fantasie sessuali pedofile o provare attrazione per i bambini non significa necessariamente che azioni pedofile verranno messe in atto. È anzi provato che fantasie pedofile e, ad esempio, eccitazione per materiale pedofilo sono presenti anche in parte della popolazione cosiddetta “normale”.
Le difficoltà inerenti a questo argomento sono già palesi nella stessa mancanza di un’opinione comune circa la definizione del termine “pornografia”. Nella pornografia lo scopo dell’agente è di stimolare risposte sessuali nella persona cui la comunicazione è rivolta. E, allo stato attuale, sappiamo che la pornografia rappresenta un importante veicolo di comunicazione anche da un punto di vista commerciale. Il successo di questo mercato oggi è in evidenza per mezzo di Internet, ma vi è sempre stata molta offerta e molta richiesta, anche prima che esistesse Internet. I fruitori di questo mercato sono ovviamente persone attratte da ciò che viene loro offerto e non è corretto asserire che tale attrazione sia determinata dall’offerta, mentre è logicamente desumibile il contrario, cioè che il successo dell’offerta sia determinato dal fatto che esiste in tante persone questa attrazione. Eppure, fortunatamente, fra questi moltissimi fruitori di pedopornografia, solo la minor parte è composta da pedofili e nemmeno è possibile stabilire una proporzionalità significativa fra l’enorme numero dei fruitori di pedopornografia e il numero di coloro che hanno un disturbo di dipendenza.
Allora, esclusi i pedofili e i pornodipendenti, rimane una grossa fetta composta da soggetti che mostrano interesse verso la nudità e la pornografia minorile, senza peraltro presentare alcunché di psicopatologico. In merito all’utilizzo della pornografia da parte di pedofili, da alcuni studi condotti sulla fantasia degli stessi appare chiaro che la pornografia commerciale è solo di limitato interesse per i trasgressori. Dalla maggior parte dei pedofili è stato espresso un interesse molto scarso per la pornografia infantile. Alcuni soggetti hanno espresso una forte avversione per questo tipo di realtà, anche se pochi l’hanno effettivamente vista.
Sembra che una considerevole percentuale di pedofili usi la pornografia eterosessuale più come intrattenimento che come mezzo per stimolare fantasie pedofile. La letteratura analizzata indica nell’utilizzo della pornografia uno strumento ai fini della “preparazione” dell’azione pedofilia. Per preparazione si intende la fase di “aggancio” della vittima designata: i soggetti mostrerebbero ai bambini dei materiali a contenuto pornografico al fine di preparare il bambino alla condotta stessa, forse tentando di connotare il comportamento sessuale adulto-bambino di un carattere di normalità.
La pornografia minorile consiste nella riproduzione, per immagini, suoni o scritti, di atti sessuali coinvolgenti bambini e può essere commerciale (cioè destinata ad essere venduta) o homemade, dunque prodotta, almeno all’origine, non per la vendita, ma per essere collezionata o scambiata. Per child erotica si intendono i materiali utilizzati a scopo di eccitazione sessuale aventi come oggetto bambini, ma non raffiguranti atti sessuali. I pedofili spesso collezionano pornografia infantile e child erotica.
Sono stati identificati quattro tipologie di pedofili in base al tipo di collezione effettuata:
- closet: coloro che si limitano a fare uso di materiale pedofilo in segreto e senza mettere in atto molestie sessuali;
- isolated: coloro che fanno uso di materiale pedofilo condiviso solo con le loro vittime;
- cottage: coloro che scambiano e condividono il proprio materiale con altri pedofili e abusanti;
- commercial: coloro che fanno del denaro lo scopo primario della loro collezione.
Altri Autori elencano le motivazioni che spingerebbero questi soggetti a collezionare pornografia infantile, che per loro rappresenterebbe: un sostituto, un modo per non commettere azioni sessualmente devianti; un feticcio, soprattutto quando il materiale pornografico appartiene o è collegato in qualche modo alle proprie vittime; uno strumento di persuasione ovvero uno strumento per la preparazione del bambino all’atto sessuale; un mezzo di ricatto verso le proprie vittime nei confronti della famiglia per costringerne gli appartenenti a mantenere il segreto; uno strumento per ottenere, attraverso lo scambio di materiale pornografico con gli altri collezionisti, il nome di un bambino già vittimizzato o di un’organizzazione che si occupi di procurarlo; un mezzo di guadagno.
Se un individuo è solito collezionare, scambiare e usufruire della pornografia minorile come un proprio strumento erotico, se ne deduce che possiede fantasie e desideri correlabili ai contenuti della pedopornografia. La legislazione attuale (legge n. 269/1998 e legge n. 38/2006) punisce questi comportamenti, che costituiscono delle specifiche fattispecie di reato. Tuttavia, se un soggetto è totalmente estraneo a comportamenti sessuali con minori, non si può affermare che sia malato di pedofilia e ancora di più non lo è se non si riscontra alcuna compromissione a livello psico-sociale.
Molti soggetti, infatti, pur riferendo di apprezzare la tipologia della propria immaginazione erotica, riferiscono anche di non sentire desiderabile fare del sesso con i bambini, per cui il tutto rimane circoscritto ad un livello fantasmatico e per alcuni ad un livello di uso privato e riservato di pedopornografia, non compromettendo le normali attività quotidiane e la vita di relazione e sentimentale, incluso l’accudire, spesso adeguatamente, anche la famiglia e i figli.
In pratica, è proprio questa tipologia di individui, esteriormente del tutto insospettabile, efficace a livello socio-relazionale e impeccabile nei propri comportamenti familiari, sociali e lavorativi, che rappresenta sostanzialmente la sfida dei prossimi approfondimenti, sia sul piano clinico che giuridico e sociale.
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