Magistratura, Polizia di Stato, stampa e politica
a confronto. Se ne è discusso in un Convegno
organizzato dal Silp per la Cgil.
Claudio Giardullo: “Una legge inaccettabile”.
Marcello Tocco, (Cgil): “Dietro l’alibi della privacy
si nascondono mire di tutt’altro genere”.
Anna Finocchiaro (Pd): “Così i cittadini
non potranno più controllare che il potere
sia gestito in modo imparziale”
Mentre stiamo per andare in stampa, intorno al decreto legge sulle intercettazioni, si consuma l’ennesimo muro contro muro. Il leader della Lega Nord, Umberto Bossi, tenta di sbloccare la situazione. Il timore è che il presidente della Repubblica non firmi il Ddl Alfano e che tutto finisca a carte quarantotto. Senza girarci intorno, il Senatur avrebbe detto: “Se il Presidente della Repubblica non firma, siamo fregati”. Parole indigeste al Pd che chiede a Bossi di non tirare Napolitano “per la giacca”. Un botta e risposta serrato nell’arco degli ultimi mesi, mentre nelle piazze e sul web si susseguono le proteste contro la disciplina che modifica di fatto l’utilizzo delle intercettazioni. A interrogarsi sull’efficacia del Ddl in questione, gli operatori di Polizia che raccolti sotto la sigla del Silp Cgil, hanno organizzato il 12 maggio scorso il convegno: Intercettazioni. Legalità e diritti. Ad animarlo, voci del mondo della magistratura, del giornalismo, della politica e di Ps, riunite intorno a un tavolo di confronto. A guidare i lavori, Marcello Tocco, responsabile dell’ufficio Legalità eSicurezza della Cgil che ha posto l’accento sul “clima nel nostro Paese volto a mettere in discussione diritti e libertà. Per non parlare del tema sicurezza, da un lato sbandierato e dall’altro carente di investimenti sulle Forze dell’ordine”. Netto l’affondo al decreto legge sulle intercettazioni, che a suo avviso “nasconde dietro l’alibi della privacy” mire di tutt’altro genere. Concorde la capogruppo Pd al Senato, Anna Finocchiaro, che al convegno ha detto: “Questo Ddl è un pretesto, un’occasione. Dietro c’è la necessità di riformare l’utilizzo delle intercettazioni. Il Ddl Alfano, infatti, non incide sulla violazione del segreto istruttorio, sulla lesione del diritto alla privacy ma al contrario va a ledere la possibilità di usare uno strumento d’indagine prezioso come l’intercettazione”. Non è tutto. Secondo Finocchiaro “l’operazione è più sofisticata. Non limita solo la libera informazione ma arriva a un punto nodale, ossia che il potere non deve essere controllato dai cittadini”. In sostanza, “col ddl intercettazioni, i cittadini non potranno più controllare che il potere sia gestito in modo imparziale, coerente alla legge, alle regole”. Altrettanto duro Franco Siddi, segretario generale Fnsi che ha fatto notare come l’Italia, “con leggi illiberali come questa, se non fosse già in Europa, avrebbe grosse difficoltà a entrarci”. Quella sulle intercettazioni è per Siddi una modifica “che mette in galera la notizia”.
E di emergenza per la perdita complessiva di legalità è Claudio Giardullo a parlare, segretario generale Silp Cgil, che sottolinea come “la fatica di rispettare le regole sembri avere sempre meno cittadinanza, tanto più che i fenomeni di corruzione non sono certo diminuiti e che anzi stanno assumendo una dimensione sistemica”. In tutto ciò, come si inserisce la nuova disciplina sulle intercettazioni? Per Giardullo, con una serie di rischi. “La drastica riduzione delle indagini nelle quali è possibile l’utilizzo delle intercettazioni produrrebbe forti ricadute sulle investigazioni”. Sul versante delle autorizzazioni a intercettare, aggiunge Giardullo, “l’impossibilità di utilizzare i contenuti delle intercettazioni dello stesso procedimento per chiedere altre intercettazioni nei confronti di terzi costituisce una limitazione incomprensibile, specie di fronte a reati strutturati sul modello della filiera”. Reati tanto più diffusi in un Paese come il nostro che ha il più alto tasso di potere mafioso nel mondo occidentale e la cui ’ndrangheta è al vertice della criminalità internazionale. Così, commenta il segretario Silp, “presentato come uno strumento di bilanciamento di diritti della persona e interessi dello Stato, questo disegno di legge sembra essere la via per uno scientifico smantellamento di un pezzo importante dell’armamentario investigativo previsto nel nostro ordinamento, ma anche di una compressione ingiustificata del diritto di cronaca”.
Perplessità sulla norma che modifica la disciplina delle intercettazioni anche da parte dei magistrati presenti al convegno: da Antonio Ingroia, Procuratore aggiunto a Palermo ad Armando Spataro, collega della Procura di Milano, passando per Nello Rossi che ricopre lo stesso incarico nella Procura capitolina. Per lui, “divieti di questo genere - come quelli contenuti nella norma - non reggeranno né alla prova dei fatti nè a quella del diritto”. Mentre risulta evidente il rischio che con questa disciplina corre la libertà di informazione, per Rossi “un diritto fondamentale che può incidere sulla vita degli individui, non come un lusso, un diritto accessorio. Il Parlamento - dice Rossi - sta gettando su uno dei piatti della bilancia un peso sproporzionato”. A Vera Lamonica il compito di tirare le fila di un incontro durato per oltre due ore e concluso con la consapevolezza che “sono in atto, su più versanti, tentativi di smantellare diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta Costituzionale. Ragion per cui è necessario un ulteriore sforzo di solidarietà su una materia solo apparentemente per addetti ai lavori ma che incide sul nostro agire quotidiano. Una battaglia, quella contro il Ddl in questione, che va portata avanti fino in fondo”.
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