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Aprile-Maggio/2010 - Contributi
Le problematiche della donna in Polizia
di Segreteria prov.Siulp - Bologna

Anche quest’anno, come sempre, l’8 marzo non è sfluggito alle consuete polemiche sul significato della ricorrenza, così come non è sfluggito al rischio di essere ridotto alla dimensione retorica della “festa”. Sappiamo bene che non c’è molto da festeggiare, per questo il Siulp ha deciso di dedicare la giornata, con un’assemblea straordinaria per la quale è stata chiesta l’autorizzazione ai dirigenti di tutti gli Uffici della Polizia di Stato, al confronto e alla discussione sulle problematiche legate alla difficile convinvenza “lavoro/famiglia”, che per individuare tutti insieme utili proposte da sottoporre al confronto contrattuale che tra poco si aprirà anche sul tema delle pari opportunità e del benessere sociale del personale.
La presenza della donna in Polizia è stata poco più di un esperimento, considerato che l’ultimo concorso pubblico, che consentiva l’ingresso alle donne, risale al 1996 e che la riforma dell’Esercito ha stravolto il meccanismo dell’arruolamento sbilanciandolo significativamente a scapito delle donne.
Mentre i nuclei familiari dei lavoratori di Polizia sono ad oggi discriminati, essendo loro impossibile avvalersi dell’art. 42/bis del d.lgs 151 (Misure a sostegno della maternità e della paternità) applicato invece a tutto il pubblico impiego, la mobilità è ingessata dal drastico taglio di risorse che ha di fatto azzerato il turn-over e a pagarne il prezzo sono soprattutto i minori, figli di lavoratrici e lavoratori di Polizia, e le resistenze degli apparati costringono singoli colleghi e intere organizzazioni sindacali a tortuosi percorsi giudiziari per ottenere, attraverso sentenze amministrative, uno strumento per gestire meglio la maternità e la paternità.
In un Paese in cui molti promettono misure di sostegno alla famiglia, il congedo parentale, tanto per sostenere la famiglia concretamente, sottrae risorse finanziarie rendendolo uno strumento cui si può ricorrere solo in casi estremi e a costi altissimi (a reddito zero dopo il terzo anno di vita del bambino, o dopo i primi tre mesi fruiti retribuzione comunque al 30%), mentre in altri Paesi europei è retribuito anche sino al 90% dello stipendio.
Per quella giornata però abbiamo voluto anche scegliere un partner ideale nell’autorevole e prestigiosa associazione Amnesty International. Per questi motivi abbiamo affisso nelle bacheche degli uffici un manifesto dedicato all’impegno contro la violenza sulle donne, per ricordare a chi vorrebbe abolire l’8 marzo che invece ce ne vorrebbero 365 all’anno, sino a quando la donna potrà sentirsi sicura non solo nella strada e nel lavoro, ma anche all’interno della propria abitazione e dei propri rapporti familiari.

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