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Marzo/2010 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
Teflon sì... teflon no...
di Lorenzo Baldarelli


I media nostrani non mancano mai di mettere in risalto le notizie legate alla sicurezza alimentare, soprattutto quando i nostri prodotti tipici vengono contraffatti o imitati. Peccato che la stessa attenzione non venga applicata a tutta la materia. La sicurezza alimentare, infatti, non passa solamente per i cibi che ingeriamo ma anche per i prodotti che utilizziamo per prepararli. Quanti di voi sanno che il Teflon, che ricopre la maggior parte delle padelle, si produce utilizzando una sostanza chimica tossica chiamata perfluoroctanico (PFOA)? E quanti sanno che l’Environmental Protection Agency (EPA), ha messa al bando questa sostanza dai processi industriali?
Ma andiamo con ordine, Teflon è in realtà un marchio per un materiale duro e non poroso denominato politetrafluoroetilene (PTFE) che consente di cucinare senza l'uso dei grassi. E’ stato scoperto per caso nel 1938 da Roy J. Plunkett, mentre stava eseguendo ricerche sui gas refrigeranti. Il Teflon venne utilizzato durante la II Guerra Mondiale nei sistemi radar, ma divenne ben conosciuto e di largo consumo solo nei tardi anni cinquanta. Solo nel 1960 la FDA (Food and Drug Administration) ne approvò l’utilizzo a contatto con i cibi. Il Teflon è tutt’oggi citato nel Guinness dei primati come una delle sostanze più scivolose. All'origine il Teflon è una polvere bianca e leggera che galleggia sull'acqua. Non può essere sciolta da nessun solvente, è resistentissima a quasi tutte le sostanze chimiche ed è inodore. Non conduce l'elettricità, non è infiammabile e resiste a un calore di 300 gradi centigradi. Per queste sue caratteristiche viene utilizzato, oltre che per rivestire le pentole, per fare filtri, guarnizioni, valvole e protezioni anticorrosive e antiadesive, ma è anche applicato sui tessuti per abbigliamento, campeggio e arredamento. Le fibre impregnate di particelle di Teflon diventano infatti completamente impermeabili e resistono all'usura e alle macchie.
Questo materiale, però, non ha solo vantaggi. Ha anche il grosso svantaggio di essere prodotto utilizzando un composto chimico cancerogeno derivato dal fluoro, cioè l'acido perfluoroctanico (PFOA).
Studi su animali hanno dimostrato che il PFOA può essere tossico per alcuni organi come ad esempio il cervello, prostata, fegato, timo e reni. Può portare alla morte cuccioli di ratti esposti al PFOA. Cambiamenti alla ghiandola pituitaria nelle femmine di ratti, a qualsiasi dose. Tale ghiandola controlla la crescita, la riproduzione e molte funzioni metaboliche. Infine, il PFOA è stato associato con tumori in almeno quattro differenti organi.
Un'investigazione dell'EPA (l’Environmental Protection Agency), infatti, ha portato ad accusare la DU-PONT, società americana principale produttrice della molecola, di aver nascosto per circa 20 anni le informazioni riguardanti gli effetti cancerogeni sulla salute e sull'ambiente del suddetto C-8 o acido perfluoroctanico (PFOA).
Oltre ad aver accettato di pagare una multa di 16 milioni di dollari per aver nascosto dati sulla tossicità del PFOA, la DU-PONT ha dovuto pagare anche un rimborso di 85 milioni di dollari agli abitanti dell’Ohio e della West Virginia che le avevano fatto causa.
Residui del PFOA, infatti, erano stati trovati nell’approvvigionamento idrico di un impianto della West Virginia. L'EPA ha inoltre chiesto alle aziende produttrici della sostanza incriminata di ridurre le emissioni del 95% entro il 2010 e di arrivare alla completa eliminazione entro il 2015, non solo negli Usa ma ovunque operino.
Oltre alla DU-PONT le società che producono Teflon sono la 3M e altre sei grosse imprese tra cui la CIBA, la SOLVAY SOLEXIS, mentre i produttori italiani di pentole antiaderenti sono la BIALETTI, BALLARINI, ALLUFLON, ILLA e TVS.
É pur vero che i produttori italiani hanno più volte sottolineato che sotto accusa non è il Teflon ma il PFOA. Quindi, per quanto riguarda le pentole antiaderente, il PFOA non è parte del prodotto finito, ma è usato nel processo di fabbricazione. Nel corso della produzione del pentolame antiaderente, le tracce del PFOA vengono eliminate nel processo di sinterizzazione che segue l'applicazione del teflon.
A questo punto noi consumatori cosa dobbiamo fare? In questa, come in altre circostanze, vale il detto: “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”. Detto in modo più formale è meglio attenersi al principio di precauzione. Come?
Sostituendo in ogni caso le padelle graffiate o il cui rivestimento sia stato danneggiato per evitare di ingerire particelle di teflon, ricordarsi che per il lavaggio è sufficiente l’acqua corrente o l’immersione in acqua saponata, senza dover effettuare sfregamenti. Per pulirli non si dovrebbero utilizzare né detergenti abrasivi o in polvere né pagliette metalliche.
Bisogna ricordarsi, poi, che le padelle antiaderenti hanno vita breve anche se sono tenute bene. Un tegame di questo tipo utilizzato con regolarità dura 1-2 anni al massimo e le sue qualità si esauriscono anche prima, qualora per cuocere si impieghino utensili metallici che possono graffiare il fondo e quindi vanificare l'effetto antiaderente.
Ora che avete letto una sintesi dei fatti e delle opinioni potete fare la vostra scelta.

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