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Gennaio-Febbraio/2010 - Articoli e Inchieste
Maggio 2008
Conferenza d’organizzazione
di Claudio Giardullo - Segretario generale Silp-Cgil

Pubblichiamo alcuni stralci dell’intervento
del Segretario generale Claudio Giardullo
alla Prima Conferenza d’Organizzazione
svoltasi a Montesilvano (Pe)
il 20 e 21 maggio 2008


Il valore della legalità

La Conferenza d’Organizzazione è stata un’occasione importante per fare il punto sulle condizioni di vita e di lavoro degli operatori di Polizia e sullo stato di sicurezza del nostro Paese, in un momento in cui, nonostante la crescita costante del senso di insicurezza dei cittadini, il governo ha scelto di ridurre le risorse a disposizione delle Forze dell’ordine. Un’occasione in cui riflettere del perché, seppure gli evidenti segnali di rafforzamento del sistema mafioso nelle aree a rischio, si sia scelto di scartare la strada degli interventi strutturali di prevenzione e di contrasto e si sia fatto leva esclusivamente sulla capacità e sul senso del dovere degli operatori di Polizia che con le tante operazioni antimafia realizzate hanno in ogni caso dimostrato professionalità e senso delle Istituzioni.
In un inquietante clima di disattenzione delle classi dirigenti è dunque necessario discutere del rischio che la legalità perda la sua funzione di fattore primario di coesione sociale, di valore centrale per l’identità del Paese, di strumento di difesa di chi non ha potere. Un rischio concreto, anticipato da episodi come quello dei rifiuti in Campania, in cui sono evidenti non solo la forza delle organizzazioni criminali, ma anche l’incapacità delle classi dirigenti di valutare la gravità dei problemi e la conseguente sfiducia di molti cittadini circa l’inutilità dei comportamenti civici.
Una simile noncuranza può portare alla rottura del tessuto sociale e di un forte sentimento di antistatalismo da parte di chi si sente destinatario di un welfare di serie B. La difesa della legalità, allora, deve essere in cima nell’agenda politica, perché nulla allontana di più il cittadino dalle Istituzioni più della sensazione di vivere in un Paese in cui vige la legge del più forte.

La sicurezza – le risorse

Se la legalità rischia di perdere il suo valore di civiltà e di tutela della persona, la sicurezza rischia di ridursi a persuasivo tema di campagna elettorale più che a obiettivo prioritario di buon governo. Solo così, infatti, può spiegarsi la progressiva riduzione delle risorse destinate alle Forze dell’ordine attuata dai governi negli ultimi sette anni, frutto di un’idea della sicurezza come spesa e non come investimento.
Le stesse considerazioni valgono per l’aspetto strategico: pensare di incrementare le possibilità di prevenzione e di contrasto dei fenomeni criminali aumentando il numero dei poliziotti di quartiere non assieme, come sarebbe necessario, ma a scapito delle attività di investigazione e di controllo del territorio, è una mera utopia.
Il punto politico, allora, è sapere se si vuol raccogliere davvero la domanda che viene dal Paese ed affrontare il tema della sicurezza in termini di progetto e soluzioni strutturali, o si preferisce ancora la strada dei provvedimenti di emergenza e ad effetto. Nella prima ipotesi occorrerà affrontare il problema infrastrutturale che hanno le Forze di polizia e una questione centrale nelle strategie anticrimine, quello della drastica riduzione del personale delle Forze dell’ordine. Oggi, infatti, è difficile persino per i teorici delle riorganizzazioni a costo zero sostenere che è senza conseguenze negative il fatto che a Roma, venti anni fa, in una condizione sociale e delinquenziale diversa venivano assicurate 25 Volanti da tre operatori per turno, mentre oggi non sono più di 10 e da 2 operatori. Oggi è più difficile negare che la crescita del senso di insicurezza, il moltiplicarsi delle ronde e il senso di sfiducia verso lo Stato sia anche il frutto della mancanza di investimenti e quindi di una incomprensibile sottovalutazione del peso che la sicurezza ha nella vita quotidiana di ogni cittadino.
Invertire la tendenza alla riduzione degli organici è, dunque, la condizione di base per avviare una stagione di riappropriazione del controllo del territorio, e di rafforzamento dell’azione di contrasto verso la criminalità diffusa e le organizzazioni mafiose.

Le strategie

Il più importante salto di qualità occorrerà farlo sul versante delle strategie. Garantire la Sicurezza pubblica resta uno dei compiti primari di uno Stato, soprattutto in una forma di stato a cosiddetto legame debole, come quella federale. Per questo sarebbe un errore, in un’Italia che ha aspirazioni di federalismo e una crescente domanda di sicurezza, accettare uno strisciante indebolimento della Sicurezza pubblica e alimentare l’illusione di una sicurezza fai da te. Un errore culturale e istituzionale, perché un maggiore ricorso alle armi e l’istituzionalizzazione delle ronde sarebbero due aspetti dello stesso fallimento, quello dello Stato che si dichiarerebbe incapace di assolvere al primo dei suoi doveri, garantire sicurezza ai suoi cittadini; ma soprattutto sarebbe un errore tecnico e politico, perché nessuna delle due risposte è esente da problemi forse maggiori di quelli che vorrebbe risolvere. Nel caso della difesa privata, infatti, è opinione comune degli esperti che una maggiore circolazione delle armi, inevitabilmente anche da parte di giovani, porta a più alti livelli di violenza e non a maggiore sicurezza nella società, come il modello statunitense dovrebbe insegnare.
Affermare che garantire accettabili livelli di Sicurezza pubblica è un dovere non delegabile dello Stato non esclude ma, anzi, impone l’esigenza di dare risposte di merito alla domanda di ruolo che su questo versante viene avanzata dai sindaci del nord del Paese. Una domanda che è la diretta conseguenza dell’insufficienza delle politiche nazionali di questi anni, ed è il tentativo di compensare questo deficit con soluzioni di carattere locale, che risentono, ovviamente, della diversa cultura politica e istituzionale dei singoli sindaci.
Noi pensiamo che tale questione debba essere affrontata senza pregiudizi e ottuse difese dell’esistente. Ma allo stesso tempo pensiamo che sia rischioso per il Paese non governare questo processo sia da un punto di vista normativo che degli atti concreti dei singoli Comuni, e che sia un errore continuare a procedere a vista e chiudere gli occhi di fronte al veloce cambiamento che in molti Comuni si è determinato nell’impiego della Polizia locale. Governare questi processi vuol dire oggi realizzare la riforma della Polizia locale, per aggiornare i profili professionali e garantire maggiore formazione e strumenti tecnici adeguati agli operatori. Vuol dire, inoltre, definire con maggiore precisione le sfere di competenza dei due livelli di Polizia, statale e locale, perché l’ambiguità legislativa determina il pasticcio nell’ordinamento e, quindi, mancanza di coordinamento e duplicazioni da una parte, e deresponsabilizzazione dall’altra.
Nell’ambito delle strategie, preoccupanti risultano le misure annunciate sul versante immigrazione. Pensiamo, infatti, che l’introduzione del reato di ingresso clandestino, anche nella versione meno dirompente limitata a chi è considerato “pericoloso” renderebbe ingestibili, per sovraccarico, i circuiti giudiziari e di Polizia, con uno scarsissimo effetto deterrente verso l’immigrato clandestino. L’allungamento poi a 18 mesi della permanenza nei centri determinerebbe soltanto un aumento enorme delle spese per la custodia delle persone, senza apprezzabili miglioramenti in termini di prevenzione. Occorre allora, da una parte avere la forza di ampliare l’area delle presenze regolari, rendendo più flessibili i decreti sui flussi e, dall’altra, estendere e rafforzare gli accordi bilaterali con i Paesi di provenienza e agire sulla semplificazione delle procedure giudiziarie per l’autorizzazione all’espulsione.
Ancora sul versante delle strategie pensiamo certamente che l’insicurezza urbana sia una questione che non può essere assolutamente sottovalutata, ma che terrorismo, mafia e corruzione restino minacce gravissime alla sicurezza ed alla legalità del Paese, e richiedano un impegno finanziario e organizzativo che sia all’altezza della pericolosità di questi fenomeni.
Più in generale pensiamo che il Paese debba avere una più tempestiva capacità di intervento rispetto a tutte le nuove forze di violenza, come quella legata al mondo del calcio o come i fenomeni di criminalità giovanile.
Per questo ci battiamo per un sistema di sicurezza che metta in campo azione di contrasto e non solo rassicurazione; che possa contare su un piano strutturale e non soltanto un’ottica emergenziale; che abbia più Europa nel suo Dna; che sia fatto di più controllo del territorio, da una parte, e più capacità di leggere e socializzare il dato a livello comunitario, dall’altra; che consideri i fondi comunitari un vero ausilio di carattere straordinario e non un modo surrettizio di recuperare risorse al posto di quelle nazionali; che renda complementari e coordinate le azioni delle Forze di polizia statali e locali; e che consideri il lavoro degli operatori di Polizia la risorsa più importante che ha a disposizione.

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