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Gennaio-Febbraio/2010 - Articoli e Inchieste
Novembre 2000
Un forum per l'inaugurazione di via Goito
di Eleonora Fedeli

Riordino delle carriere, nuove forme
contrattuali, strategie di sicurezza innovative
per la sicurezza dei cittadini: questi alcuni dei temi dibattuti durante “La società futura”, un incontro tra esponenti della Polizia,
giornalisti e rappresentanti della Cgil
per inaugurare la prima sede nazionale del Silp


Nel novembre del 2000, a un anno dalla dolorosa scissione politica del Sindacato Unitario dei Lavoratori di Polizia, il Silp, divenuto con i suoi 7.000 iscritti una delle formazioni sindacali più rappresentative della Polizia di Stato, inaugura la sua prima sede nazionale a Roma, in via Goito 39.
Non con una cerimonia, come spesso accade in queste occasioni, ma con un forum intitolato “La società sicura”, al quale hanno partecipato non solo esponenti della Polizia, ma anche numerosi giornalisti, tra i quali Francesco Grignetti della Stampa e Maurizio Piccirilli del Tempo, nonché rappresentati della Cgil come Carlo Ghezzi, segretario confederale, e Beppe Casadio. Un forum e non una cerimonia perché, come spiega Claudio Giardullo all’apertura del dibattito, questa sembrava la scelta più conforme al modello di sindacato che si intendeva realizzare, «un sindacato di cultura confederale che ha nel suo Dna l’esigenza di guardare ai bisogni della società mentre svolge quotidianamente la sua funzione di tutela dei diritti dei lavoratori».
Al dibattito, moderato da Dino Martirano del Corriere della Sera, sono intervenuti, oltre al segretario generale del Silp, l’allora capo della Polizia Giovanni De Gennaro e l’ex segretario generale della Cgil Sergio Cofferati. In sala, inoltre, tra i rappresentanti della Polizia di Stato erano presenti il prefetto Andreassi, direttore centrale della Polizia di prevenzione; il dottor Pippo Micalizio, direttore centrale dei servizi antidroga; il dottor Esposito, dell’Ispettorato alla Presidenza del Consiglio; il dottor Pasquale Piscitelli, direttore dell’ufficio relazioni sindacali; il prefetto Alessandro Panza e il prefetto Mario Ciclosi, direttore centrale del personale. Un’ampia e variegata partecipazione, insomma, per discutere di nuove strategie di sicurezza pubblica e di innovazioni nei Corpi di Polizia, in un anno molto importante per la PS, l’anno della legge 78 e del riordino delle carriere. Un impegno su due fronti, quindi, quello del Silp: nell’ambito della tutela dei diritti dei lavoratori attraverso un’azione ispirata ai principi e alla cultura di tipo confederale e in quello delle politiche di sicurezza pubblica, nell’intento di trovare strategie all’altezza dei problemi sul tappeto. «Un progetto», dice Claudio Giardullo nel suo intervento iniziale, «che guardi ai veloci cambiamenti che si stanno determinando nella nostra società e che a volte determinano una maggiore insicurezza, a volte strutturale, perché una società come la nostra che tende a invecchiare è più insicura strutturalmente». Sul tavolo delle proposte, dunque, nuove idee e iniziative che siano in grado di rispondere al nuovo bisogno di sicurezza del cittadino, in un Paese che si è incamminato lungo la strada della multietnicità e che ha la funzione di “cerniera” tra nord e sud e tra est e ovest, più esposto quindi alle infiltrazioni delle mafie straniere e alle pericolose sinergie che queste possono creare con i gruppi italiani. E’ chiaro che una maggiore domanda di sicurezza comporta l’incremento della produttività e dell’efficienza dei Corpi di Polizia, obiettivo per il quale sono necessarie un’ottimizzazione delle risorse a disposizione e un miglioramento economico delle Forze di polizia.
Un problema estremamente ampio e complesso quello della sicurezza, che va affrontato coinvolgendo non solo coloro che hanno le maggiori responsabilità sul piano politico e operativo, ma anche gli stessi soggetti sociali; per questo, spiega il segretario generale del Silp, «abbiamo deciso di riempire questo forum con i rappresentanti della stampa, perché all’interno di una articolata strategia di sicurezza un’informazione completa e qualificata è uno strumento determinante per aiutare i cittadini a superare quell’insicurezza percepita che, tra l’altro, spesso nei Paesi occidentali non coincide con l’insicurezza oggettiva».
Nel suo intervento, l’ex capo della Polizia Giovanni De Gennaro si è detto felice di poter partecipare ad una simile iniziativa, poiché il dibattito e l’approfondimento di temi “caldi” come l’ottimizzazione delle risorse e il riordino delle carriere sono necessari per sgomberare il campo da qualsiasi dubbio e fraintendimento. Secondo De Gennaro, ad esempio, quello di destinare risorse al territorio è un problema sul quale occorre far luce per evitare che qualcuno pensi che il lavoro d’ufficio sia un’attività di serie b: «guai a ricorrere a questo tipo di idee, perché sarebbe assolutamente scorretto. Un operatore sul territorio, infatti, non potrebbe lavorare se non avesse chi svolge un’altra parte di lavoro altrettanto importante, quella che si fa in ufficio. L’attività di Polizia, infatti, è estremamente complessa e comporta, oltre all’intervento sulla strada, ulteriori attività complementari e necessarie che spesso e volentieri richiedono la presenza di un’operatore di Polizia». Non sempre, però: «esistono attività», continua l’ex capo della Polizia, «che possono essere svolte da altri: questo, quindi, è un momento di discrimine». Alla base dell’idea di De Gennaro c’è la consapevolezza che le risorse non sono molte e che bisogna sfruttarle al meglio: «Occorre trovare soluzioni e strade tali per cui il recupero delle risorse si trasformi in un impiego ottimale di queste. In tal modo sarà possibile impiegare negli obiettivi principali il personale di Polizia che ha una sua specializzazione e una sua professionalità». Una strada “alternativa” è quella relativa alla “sicurezza secondaria”, intesa non come meno importante, ma come attuabile da personale che non richiede particolari requisiti di professionalità. Un esempio, in tal senso, sarebbe la sicurezza in aeroporto: «lì c’è un’attività di sicurezza che non richiede determinate specializzazioni: controllare il contenuto di un bagaglio non è un’attività poco importante, ma può essere svolta da altri operatori di sicurezza». Il poliziotto, in un contesto simile, deve intervenire in uno stadio successivo, cioè quando l’operatore privato segnala che c’è qualcosa di sospetto: in tal caso, nella facoltà dei suo poteri, egli può verificarne e identificarne il contenuto. Altro caso, dice De Gennaro, in cui l’utilizzo di un operatore di Polizia si rivela assolutamente superfluo è relativo ad aziende come le Poste che dispongono di un proprio sistema organizzativo: «far consegnare una contravvenzione da un loro operatore consente di sfruttare un servizio che già esiste e di recuperare agenti di Polizia che, con le loro specializzazioni, possono essere utili in altri settori della sicurezza».
Della stessa idea l’allora capo della Cgil Sergio Cofferati, secondo il quale «non sarebbe credibile una rivendicazione di risorse aggiuntive se non fosse accompagnata da un’idea compiuta e attuata di riorganizzazione dell’Amministrazione, che dimostri che insieme alle risorse aggiuntive ci sono i processi mirati a qualificare e a risparmiare». E’ importante, infatti, non dare adito alle polemiche di chi sostiene che quando c’è un problema si spinge ancora una volta sulla strada dell’aumento della spesa pubblica: «I vari settori devono dimostrare la capacità di cambiare modelli e di riorganizzarsi in modo tale da garantire l’efficacia del servizio che offrono». Sergio Cofferati ha fatto notare, poi, come il cambiamento dei modelli comporti un altro elemento di corollario, ovvero il coinvolgimento e la ricerca di un consenso dei soggetti interessati: «bisogna costruire con pazienza un meccanismo di relazioni continue, di interscambio e di valutazioni: il coinvolgimento delle persone interessate, non soltanto degli agenti, ma di tutto il mondo vasto e articolato che agisce nell’ambito della sicurezza è di estrema importanza». I propositi di cambiamento, inoltre, non devono inficiare la qualità del servizio offerto: l’obiettivo, infatti, è che il funzionamento risulti più snello e che aumentino le risorse sia umane che finanziarie da destinare ad altre attività. Dal punto di vista del sindacato, afferma Cofferati nel suo intervento, «bisogna fare i conti con gli effetti di questi mutamenti e costruire un rapporto con soggetti di appartenenza contrattuale diversa da quella precedente». Per l’ex segretario della Cgil il problema non è accettare lavori diversi da quello a tempo indeterminato, ma assicurarsi che le nuove tipologie di rapporti di lavoro siano garantite nei loro diritti fondamentali: «La differenza può apparire sottile, ma è quella tra una tipologia di lavoro “atipico” e un lavoro precario, che è un’altra cosa».
L’attenzione alle varie forme di contratto e la gestione delle dinamiche retributive sono fondamentali non solo per garantire l’efficacia delle prestazioni, ma anche il coinvolgimento degli operatori di sicurezza, più difficile da ottenere in una situazione frammentata come quella dei sindacati di Polizia: «Qualche volta esistono elementi oggettivi di difficoltà», ha aggiunto Cofferati nel suo intervento, «perché dove la rappresentanza è molto articolata è più difficile trovare un punto di sintesi di quanto non capiti laddove la rappresentanza è meno vasta. Per questo è necessario avere delle regole: non basta l’associazione, occorre anche misurarne il consenso per avere un riconoscimento nella funzione del potere negoziale, esattamente come avviene in tutto il resto del mondo del lavoro». Cofferati, infine, ha concluso le sue riflessioni ricordando l’importanza della formazione, alla quale devono essere destinate gran parte delle risorse che si liberano dai processi riorganizzativi: «La formazione è importantissima perché consente di aggiornare gli elementi professionali che già ci sono e che sono continuamente messi alla prova dal fatto che anche nel lavoro di prevenzione in una proiezione verso il territorio, baricentro preciso del nuovo modello di sicurezza, occorre avere conoscenze che tradizionalmente non sono date». In effetti, un forte investimento in formazione sembra necessario qui più che altrove, considerando che i Corpi di Polizia agiscono sulle condizioni di sicurezza e di salute dei cittadini.

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