George Tiller, medico americano
famoso per praticare gli aborti in fasi
avanzate della gravidanza, è stato ucciso
all'interno di una chiesa a Wichita,
in Kansas. La violenza antiaborista negli Stati
Uniti e' aumentata. Secondo i dati raccolti
dalla National Abortion Federation, il bilancio
della “guerra all’aborto” dei gruppi statunitensi
pro-life conta finora 17 tentativi di omicidio,
383 minacce di morte, 3 rapimenti, 153 atti
di violenza e vandalismo ai danni
delle cliniche specializzate
Gary Hoepner, membro della Reformation Lutheran Church di Wichita, in Kansas, era a fianco del dottor Tiller vicino al tavolo dei rinfreschi. I due, in quella domenica 31 maggio, svolgevano volontariamente la mansione di usciere nel corso della funzione religiosa, accogliendo i visitatori e i parrocchiani ritardatari. Come in un thriller poliziesco, l’atmosfera serena del culto religioso domenicale si è trasformata in un incubo in pochi attimi. Scott Roeder, estremista antiabortista, è entrato in chiesa, ha estratto un’arma e ha sparato contro il dottor Tiller, uccidendolo freddamente.
A questo punto, Hoepner, superato il momento di smarrimento, si è diretto verso l’omicida che si era precipitato fuori dalla chiesa per fermarlo. Senza riuscirci, dato che Roeder gli ha urlato contro: “Ho una pistola. E ti sparerò”. La minaccia ha avuto il suo effetto e l’assalitore è riuscito a dileguarsi per poi essere catturato dalle Forze di polizia in una vicina autostrada a circa 170 miglia dal luogo dell’omicidio.
Il racconto di Hoepner, il più importante dei testimoni oculari del tragico evento, si sta rivelando fondamentale nel processo contro Roeder, per il quale, come riferisce il New York Times, è stata chiesta la condanna per omicidio di primo grado. Stando ad altri testimoni inoltre Roeder era stato visto frequentare le funzioni religiose già altre volte nel corso degli ultimi tempi. Fatto che avvalora la tesi di un omicidio premeditato. Ora la giustizia seguirà il suo corso.
Ma a dover essere nel banco degli imputati, non ci sarebbe solo Scott Roeder, malgrado abbia agito da solo. L’omicidio del dottor George Tiller ha sconvolto gli Stati Uniti. E ha riportato alla ribalta la pericolosità dell’estremismo cristiano antiabortista.
Il movente dell’omicidio infatti è di natura puramente ideologica. Niente inimicizie personali, gelosie, vendette, rancori, debiti non saldati o altro. Tiller è stato ucciso semplicemente per quello che era. Un medico che si occupava della salute riproduttiva delle donne e che praticava aborti.
La specialità medica del dottor Tiller, fino al 1973, anno in cui la Corte Suprema Usa ha legalizzato l’interruzione volontaria di gravidanza, non era ufficialmente riconosciuta. Esistevano dei medici che accettavano di trattare le donne che avevano deciso di abortire, ma erano obbligati a farlo in maniera clandestina. Un’attenzione ed un rispetto alla volontà della donna che il dottor Tiller aveva ereditato dal padre Jack, morto in un incidente aereo nel 1970. Solo dopo la sua morte il giovane George aveva scoperto che il padre praticava aborti e che era stato spinto a farlo dal ricordo della morte di una donna che lui stesso, intorno alla metà degli anni ’40, si era rifiutato di aiutare. Quella stessa donna era poi morta a seguito di complicazioni causate da un aborto mal eseguito e da allora Jack aveva deciso di dare aiuto alle donne che si rivolgevano a lui.
Al momento di continuare la pratica del padre il giovane George aveva deciso di continuare sulla stessa strada, con un’attività che, di lì a poco, sarebbe diventata legale. Legale ma non sicura. La vita di un medico che pratica aborti negli Stati Uniti è tutto fuorché sicura. E il Dottor Tiller ne è un esempio lampante. Se i primi anni dopo la legalizzazione della procedura medica le cliniche in cui venivano praticati gli aborti non hanno riscontrato particolari problemi se non gruppi di suore che si riunivano nelle vicinanze per pregare e protestare in maniera pacifica, dopo la metà degli anni ’70 la situazione ha cominciato a degenerare, come ha raccontato Susan Hill, assistente sociale e pioniera nei centri di interruzione volontaria di gravidanza, alla rivista femminista Ms: “La retorica dei manifestanti ha cominciato a mostrare un’escalation e lo stesso vale per il comportamento di chi protestava fuori dalle cliniche in modo sempre più aggressivo. Ci domandavamo dove fossero finite le suore”.
Nessuno, nemmeno il dottor Tiller in persona, si aspettava che i manifestanti antiabortisti diventassero violenti. Violenza di cui è stato oggetto a più riprese. Nel 1986, quando la sua clinica a Whichita è stata fatta esplodere. Nell’estate del 1991, quando oltre un migliaio di estremisti cristiani antiabortisti sono stati arrestati per aver bloccato le attività della clinica. Nel 1993 quando Rachelle “Shelley” Shannon lo ha ferito ad entrambe le braccia sparandogli mentre usciva dalla clinica in un tentativo di omicidio. O ancora nel 2002, quando Operation Rescue, un noto gruppo antiabortista, aveva di nuovo tentato di chiudere la clinica.
Tiller, che in origine aveva studiato per diventare dermatologo progettando momenti sereni con la famiglia, ha dovuto trasformare la sua vita vivendo come un perseguitato a causa della costante minaccia della violenza. Ma non solo. Allo scopo di sfinirlo e di arrivare alla chiusura della clinica, era stato denunciato con varie accuse di tipo tecnico ed inerenti la storia medica delle pazienti da lui assistite. Accuse che, per quanto in apparenza banali, sarebbero costate a Tiller la condanna a 19 anni di carcere. Questo anche perché il terreno in cui opera Tiller è minato. Gli aborti da lui praticati sono aborti tardivi, effettuati nel corso del secondo e terzo trimestre di gravidanza. Questo ha reso la sua attività medica facilmente attaccabile anche a causa di una legislazione complessa e decisamente ostile agli aborti tardivi, peraltro effettuati a seguito di gravi problemi medici come feti senza cervello, gravi malformazioni o rischi per la salute della gestante.
La persecuzione giudiziaria non ha avuto gli esiti sperati dai gruppi antiabortisti. La lunga trafila nelle Corti, cominciata nel 2004, si è conclusa quattro anni dopo quando la giuria popolare in meno di mezz’ora ha decretato il dottor Tiller non colpevole chiedendo inoltre al giudice di trasmettere a Tiller il messaggio da parte dei giurati che si dichiaravano contenti che la Women’s Health Care Services offriva un posto sicuro dal punto di vista medico alle donne che avevano deciso di abortire. La lunga causa giudiziaria era stata estremamente dura per Tiller e pesante dal punto di vista finanziario. Ma la sua attività medica poteva continuare. A quel punto è ripresa la violenza in forma estrema. A marzo la clinica è stata vandalizzata. E il 31 maggio Scott Roeder ha posto fine all’attività del dottor Tiller, uccidendolo.
Nei giorni, e già nelle ore successive, la notizia aveva fatto il giro dei media americani e aveva scatenato discussioni e commenti nella blogosfera e nei vari editoriali. Il fronte pro-choice è stato unito non solo nel condannare l’omicidio ma nel ricordare con accoramento quanto sia pericolosa la retorica religiosa antiabortista. Manifestazioni spontanee, veglie notturne, raccolte di firme per esprimere il proprio sostegno al personale medico e paramedico che garantisce l’aborto sicuro alle donne che ne fanno richiesta si sono succedute ovunque negli Usa nel periodo successivo all’omicidio.
Il presidente Obama si è dichiarato profondamente scioccato dalla morte di Tiller. Molti commentatori progressisti hanno ricordato quanto poco sia da sottovalutare il terrorismo domestico, termine con cui negli Stati Uniti si indica solitamente tutto ciò che è correlato alla violenza, spesso estrema, dei gruppi radicali antiabortisti. L’omicidio del dottor Tiller ha inoltre ricordato che l’estremismo islamico, per quanto il più pericoloso e potente, non è certamente l’unico tipo di estremismo religioso pericoloso per la democrazia e la convivenza civile.
Sul fronte opposto la condanna dell’omicidio, malgrado sia arrivata in maniera pressoché univoca da tutta la galassia dei gruppi antiabortisti e, più in generale conservatori, è apparsa più di circostanza che animata da sincero cordoglio. Inoltre i vari leader antiabortisti si sono affrettati ad esprimere il loro dispiacere relativo al danno di immagine che, come contraccolpo, le loro iniziative avrebbero avuto. Anche a causa delle dichiarazioni di leader dei gruppi più estremisti. Come Randall Terry, noto attivista antiabortista, che, il giorno dopo l’omicidio del dottor Tiller, ha definito il medico “serial killer”.
La morte di Tiller ha messo sulla difensiva i gruppi antiabortisti o, almeno una parte degli stessi, che temono che l’emozione a seguito dell’evento possa distrarre l’opinione pubblica dalla battaglia da loro considerata sacra il cui obbiettivo finale è rendere l’aborto illegale. Sicuramente alcuni gruppi come Feminists for Life, Priests for Life o l’American Life Legue si sono distanziati dall’uso della violenza come metodo di lotta ideologica facendo proclami di condanna nei confronti di azioni estreme o offrendo soldi a chi desse informazioni su estremisti che si erano macchiati di crimini violenti. Malgrado ciò il discorso di base dei gruppi antiabortisti pone molto spesso le basi ideologiche dalle quali è possibile che degli individui facilmente influenzabili ed esaltati possano trarre motivazione e giustificazione per compiere atti estremi.
L’opposizione all’aborto ha matrici di natura religiosa. Tutti i rappresentanti delle varie organizzazioni antiabortiste hanno legami diretti o indiretti con la Chiesa Cattolica Romana o con le varie Chiese evangeliche, estremamente influenti negli Usa. Partendo dall’interpretazione conservatrice dei testi sacri al cristianesimo i vari gruppi si oppongono all’aborto legale in quanto difensori del diritto alla vita. Da qua la denominazione di pro-life con la quale sono designati. Galvanizzati dalle campagne e dalle incessanti dichiarazioni in senso antiabortista da parte del Vaticano, condotte sia da Woytila che da Benedetto XVI, la Chiesa Cattolica statunitense è, in massima parte, impegnata nelle battaglie antiabortiste. Ancor più radicali nel loro messaggio e nel loro operato sono gli evangelici che vedono, specie nei gruppi più oltranzisti, la battaglia contro l’aborto legale come una missione divina. Dio e le sue leggi prima di tutto quindi. Il campo d’azione degli estremisti cristiani appare comunque limitato rispetto alla controparte islamica. L’aborto legale, almeno nel mondo occidentale, sembra essere l’unico ambito legato alla libertà delle donne, ad essere oggetto di così tanti e ripetuti attacchi.
Credere di avere Dio dalla propria parte e essere assolutamente certi di compiere una missione divina per la salvezza di vite umane, quali quelle dei feti, è una costante degli estremisti antiabortisti. I quali, per essere certi di essere tra i buoni, considerano i loro avversari politici alla stregua dei nazisti. “Feminazi” è il nomignolo dispregiativo con cui sono chiamate le femministe che difendono il diritto alla scelta delle donne. E quando Bill Clinton da presidente aveva posto il veto alla legge che avrebbe reso illegali gli aborti tardivi, i manifestanti antiabortisti avevano manifestato mostrando foto dello stesso Clinton con i baffetti alla Hitler. I cristiani estremisti si sono impossessati della storia del genocidio degli ebrei e la usano a loro piacere, preferendo parlare di genocidio dei feti allo scopo di screditare chi vuole mantenere l’aborto legale.
Malgrado il sostegno ad Israele e a vari gruppi sionisti da parte della destra religiosa cristiana, emerge occasionalmente, da parte di alcuni leader cristiani conservatori, qualche commento antiebraico se non altro perché le donne ebree sono nella quasi totalità pro-choice. Sulla questione della salute riproduttiva la destra cristiana, almeno a livello delle varie conferenze mondiali su popolazione e sviluppo e sui diritti delle donne, ha lavorato di concerto con gli Stati islamici allo scopo di far adottare risoluzioni restrittive nel campo dei diritti riproduttivi.
Almeno negli Stati Uniti però tutti coloro che si sono macchiati di atti violenti legati alla lotta antiabortista sono estremisti cristiani. I gruppi musulmani, pur essendo anche loro contro l’aborto legale, non considerano tale tematica di importanza tale da mobilitare attivisti. Lo stessa vale per gli ebrei ortodossi che non partecipano, almeno non nelle forme estreme, all’attivismo antiabortista.
Uguale discorso per i cristiani delle Chiese protestanti storiche che, a volte, sono invece sul fronte contrapposto. Come i vari reverendi della Religious Coalition for Reproductive Choice, organizzazione multireligiosa, anche se a maggioranza protestante ed ebraica, i cui rappresentanti sostengono, pur con varie sfumature, che l’interruzione della gravidanza è una decisione che spetta alla donna e al suo Dio. Un contraltare di tipo religioso ma anche un aiuto pratico. Diverse donne, ma anche giovanotti solidali, svolgono l’attività di escort nelle cliniche. Accompagnando, proteggendo e rassicurando le donne che vanno ad abortire. Alle quali spesso fanno da scudi fisici contro minacce, maledizioni, insulti o anche botte e spintoni.
Se le donne che scelgono di abortire subiscono questo nel giorno in cui viene effettuata la procedura medica, per chi lavora nelle cliniche vivere sotto la minaccia di violenze ed attacchi diventa una sorta di incubo quotidiano. Le cliniche in massima parte sono delle fortezze. Protette da vetri antiproiettile, sistemi di allarme, guardie agli ingressi, macchine blindate per gli spostamenti dei medici a volte sotto scorta, telecamere, ecc. Una situazione di assedio costante. Reso ancor più minaccioso da vari proclami che, ciclicamente vengono lanciati da Internet. Come è il caso del sito Nuremberg Files, poi oscurato dalle autorità, che riportava indirizzi privati dei medici e delle loro famiglie con l’invito esplicito a farli fuori. O la lista della “mortale dozzina” di medici praticanti l’aborto con tanto di indirizzi privati e distribuita pubblicamente sotto forma di volantini dalla American Coalition of Life Activist nel 1995. Dagli incitamenti ai fatti il passo è breve.
La Army of God, un’organizzazione di estremisti cristiani che agisce in maniera semi-clandestina è stata responsabile nel 1982 del rapimento del dottor Hector Zevallos e della moglie. La stessa organizzazione condona e giustifica gli atti di violenza considerati una sorta di legittimo aiuto nella lotta per la salvaguardia delle vite innocenti dei feti. Secondo la National Abortion Federation dal 1977 in poi ci sono stati 17 tentativi di omicidio, 383 minacce di morte, 3 rapimenti e 153 atti di violenza estrema e vandalismo ai danni di cliniche. Almeno nove persone, tra medici e paramedici sono state uccise nel corso degli anni dagli estremisti cristiani antiabortisti. Tra questi il dottor Barnett Slepian, ucciso nella sua abitazione nel 1998 da James Kopp, catturato in Francia nel 2001. In altri casi le vittime non erano medici.
Robert Sanderson, un poliziotto fuori servizio che lavorava come guardia di sicurezza presso una clinica di Birmigham in Alabama, è morto a seguito dell’esplosione messa in atto da Eric Rudolf, reo anche di aver messo una bomba nel Centennial Olympic Park nel 1996 ad Atlanta. Nella stessa occasione Emily Lions, che lavorava nella struttura come infermiera, è rimasta gravemente ferita e trascina a distanza di anni i postumi delle ferite ricevute dall’esplosione.
Oltre alle esplosioni si sono verificati incendi dolosi, vandalismi anche estremi e danneggiamenti di varia natura. Ad essere oggetto di minacce anche i sostenitori della causa pro-choice. Come Kurt Cobain dei Nirvana che, nel 1992, ha ricevute minacce di morte per via del suo sostegno ai concerti Rock for Choice. Altri artisti, come la cantautrice Ani di Franco con il suo brano “Hello Birmingham” chiaro riferimento all’attentato commesso da Rudolf, hanno denunciato la violenza antiabortista. Violenza che si manifesta in massima parte quasi solo negli Stati Uniti, anche se occasionali episodi si sono riscontrati nel corso degli anni anche in Canada, in Australia ed in Nuova Zelanda.
Nel continente africano, nei Paesi cattolici dell’America centrale e meridionale e nei Paesi islamici l’aborto è quasi ovunque illegale o comunque fortemente limitato. In Europa, malgrado la forte opposizione a livello di lobby della Chiesa Cattolica, il movimento antiabortista non assume quei connotati di violenza estrema della controparte statunitense, pur essendo fortemente focalizzato nel lavoro di opposizione all’aborto legale sul piano legislativo, culturale e sociale.
Altra caratteristica peculiare degli Usa è costituita dalle legislazioni tese a proteggere le cliniche, il personale medico e le donne che scelgono di abortire dall’intimidazione e dalla violenza. Diverse contee e municipalità hanno promulgato le “buffer zones”, sorta di perimetri di sicurezza che circondano le cliniche oltre le quali i militanti antiabortisti non si possono spingere. A difendere le cliniche a livello federale c’è anche il Freedom of Access to Clinic Entrances Act che ha reso illegale l’uso della forza e dell’intimidazione ai danni del personale delle cliniche e delle pazienti.
La particolarità e la pericolosità degli estremisti antiabortisti ha reso quindi necessaria la convalida di leggi specifiche inesistenti in altri Paesi. Le leggi non impediscono comunque l’attività dei cristiani integralisti contro le cliniche o i medici. L’ultimo a finire nel mirino è il dottor Leroy Carhart, collega di Tiller e anche lui spcializzato negli aborti tardivi. A fine agosto la sua clinica Abortion and Contraception Clinic in Omaha nel Nebraska è stata posta sotto assedio dal gruppo Operation Rescue che non fa mistero dell’obbiettivo finale. Arrivare con ogni mezzo alla chiusura della clinica. A difendere Carhart molti volontari delle organizzazioni femministe e pro-choice. La clinica continua ad operare ma Carhart rischia ormai di essere il prossimo della lista dopo Tiller.
L’elezione alla presidenza di Barak Obama, decisamente pro-choice, ha fatto reagire con rabbia i gruppi antiabortisti che hanno perso un alleato prezioso alla Casa Bianca. La delusione per la sconfitta di McCain che si era candidato con una piattaforma elettorale chiaramente antiabortista, ha risvegliato l’attivismo degli integralisti cristiani. Secondo la Feminist Majority, in una quindicina di Stati le cliniche continuano a vivere in stato di assedio e le minacce ai danni dei medici sono ultimamente aumentate.
Usando una retorica manicheistica che nulla ha a che vedere con la medicina, gli attivisti antiabortisti usano nomignoli dispregiativi come “abortionist” per indicare i medici, e arrivano a parlare di “omicidio giustificabile” nei confronti dei medici che praticano l’aborto.
“Sono un terrorista. Non mi importa se sei un’infermiera, un centralinista, un addetto alle pulizie o una segretaria. Se lavori per un omicida abortista ho intenzione di ucciderti”.
La frase riportata, presa da un post del sito armyofgod.com, parla chiaro. Come è evidente l’ispirazione di natura religiosa alla base dell’integralismo cristiano, visti i vari versetti della Bibbia riportati nel sito.
La somiglianza, pur nella diversità di numeri e di intensità, con l’integralismo islamico è evidente e aggiunge lavoro ai rappresentanti delle Forze di polizia che si devono adoperare per far rispettare la legge e far in modo che le cliniche possano operare senza minacce.
Alle organizzazioni per i diritti delle donne e per la libertà di scelta rimane un lavoro paziente, lungo e anche pericoloso da fare per preservare il diritto della donna alla scelta, minacciato da chi tanto si interessa alla vita dei feti ma poco o nulla ai bambini che vivono in povertà, in ambienti fortemente inquinati o in zone insalubri.
L’importante è che la gravidanza venga portata a termine ad ogni costo, la qualità della vita dei bambini e delle bambine, ai difensori della vita anche a costo della morte altrui, importa poco.
FOTO: Il dr George Tiller
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